MERCHENTI, Ludovico
MERCHENTI, Ludovico. – Figlio di Francesco, nacque a Verona nel 1400. La famiglia del M. risulta ascritta alla cittadinanza veneta dalla fine del 1300 e agli inizi del secolo XV doveva avere raggiunto una condizione agiata (con proprietà sul lago di Garda) e un adeguato prestigio sociale.
Anticamente i Merchenti erano ricordati come Barulli o Baruggi, forse dal nome proprio del capostipite. Il padre del M. – ricordato infatti come figlio di Baruggio (cfr. Cartolari, p. 63) – ricoprì sotto gli ultimi signori scaligeri, Guglielmo Della Scala e suo figlio Brunoro, l’importante incarico di fattore della città nel 1404 e fu confermato dal 1405 al 1407, quando Verona passò sotto il dominio veneziano. La casata entrò infine col cognome Merchenti nel patrio Nobile Consiglio cittadino nel 1409.
Il M. abitò a Verona, dapprima nella contrada di S. Sebastiano e in seguito in quella di S. Benedetto, fino al 1473. Sposò Maddalena Verità, da cui ebbe tre figli. Rimasto vedovo, sicuramente non prima del 1433, sposò in seconde nozze Inida Cipolla. Nell’estimo del 1482 il suo nome non è registrato, e dunque questa data può ritenersi un termine ante quem per fissare la sua morte.
Il M. trascorse quasi tutta la sua vita a Verona, dove esercitò la professione di notaio ed ebbe anche parte attiva nell’amministrazione cittadina, nella quale ricoprì diversi incarichi: nel 1431 fu consigliere, nel 1445 vicario del distretto di Tregnago e nel 1450 vicario del distretto delle Montagne. Nel 1452 fu podestà di Peschiera e sovrintendente al Registro nel 1456. Negli anni 1460-63 fu registrato nella curia del podestà e fra gli elettori della casa di pietà, mentre nel 1462 fu console dei militi e dei procuratori.
Ebbe una formazione culturale di prim’ordine: il suo nome ricorre nella corrispondenza di Guarino Guarini, il più importante esponente dell’umanesimo veronese al quale il M. fu particolarmente legato. Quattro sono, in particolare, le lettere indirizzate da Guarini al M. tra il 1419 e il 1423 in cui è ricordato come scolaro affezionato e assai promettente negli studi classici (cfr. Epistolario di Guarino Veronese, nn. 151, 154, 156, 235).
A causa della peste che nel 1419 si manifestò a Verona, le lezioni di Guarini, che aveva da poco aperto la sua scuola, furono interrotte e il M. dovette rifugiarsi nella residenza di campagna in Valpolicella, nelle vicinanze di una proprietà del padre.
Il M. fu il destinatario del grazioso carme di Guarini Proseuche ad Benacum (preceduto da un componimento di dedica) in cui l’autore rievocava un’indimenticabile escursione sul lago di Garda (pp. 254-256; per questo componimento, che non sfuggì a G. Carducci, cfr. Zambughin).
Negli anni della sua maturità il M. entrò inoltre in contatto con Giovanni Mario Filelfo, chiamato dal Consiglio comunale nel 1467 a insegnare, non senza l’ostilità della curia vescovile, studia humanitatis. Di Filelfo il M. si dimostrò entusiastico ammiratore e gli dedicò l’opera a cui il suo nome resta legato: Benacus.
Si tratta di un poemetto in lingua latina di argomento storico-mitologico, con precise descrizioni geografiche, in cui viene celebrata in versi esametri la vittoria navale che Stefano Contarini, comandante della flotta veneziana, ottenne contro i Milanesi di Filippo Maria Visconti nel 1440 sul lago di Garda o, secondo la toponomastica classica, Benaco.
L’opera, che procurò al M. consensi unanimi presso i contemporanei e sulla quale le notizie provengono soprattutto dalle ricerche erudite di S. Maffei, di A. Zeno e dagli studi più recenti di C. Perpolli e R. Avesani, è inedita e conservata presso la Biblioteca naz. Marciana di Venezia (Mss. lat., cl. XII, 160 [=4651]).
Il poemetto, di circa 750 esametri, oltre alla dedica a Filelfo contiene una lettera di encomio al figlio di S. Contarini, Girolamo, che occupa le prime due carte delle venti complessive del manoscritto. La guerra combattuta tra il 1438 e il 1441 e infine vinta da Venezia contro Milano fu un evento traumatico che sconvolse la relativa tranquillità raggiunta da Verona nel nuovo corso politico. Tra gli episodi più significativi, che colpirono profondamente l’immaginazione popolare, va ricordato il favoloso trasporto delle navi veneziane dall’Adige al lago di Garda attraverso il monte Baldo ed è proprio intorno a questo episodio epico (anche se, come è stato notato, l’impegno fu forse superiore al risultato) che si sviluppa il nucleo narrativo del poemetto. Il codice si chiude con alcuni versi di raccomandazione a Ermolao Barbaro, vescovo di Verona che morì nel 1471, seguiti da un componimento dedicato alla Vergine. In base alla morte del vescovo Barbaro si può convenire con Perpolli che il Benacus fu redatto nella sua veste definitiva tra il 1467 e il 1471.
Il nome del M. fu avvicinato a quello di Lucano in un carme composto da Virgilio Zavarise in cui si celebrano quaranta illustri veronesi contemporanei che si distinsero nelle lettere e degni di fama presso i posteri: «Et qui Lucanum proprior Mercentus adivit / Baldum et Benacum et navalia proelia pingens» (vv. 220 s., cfr. Avesani, p. 236). Nel carme scritto nel 1484 in occasione dell’Actio Panthea, una singolare festa letteraria in onore dell’umanista Giovanni Antonio Panteo, il nome del M. è citato al passato a conferma di quanto ipotizzato circa la sua morte, precedente il 1482.
Fonti e Bibl.: Epistolario di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, III, Venezia 1915, pp. 249, 253-258, 322, 370; S. Maffei, Verona illustrata, III, Verona 1732, pp. 103 s.; A. Zeno, Dissertazioni vossiane, I, Venezia 1750, pp. 127-129; G.B.C. Giuliari, La Biblioteca capitolare di Verona, Verona 1888, pp. 227, 278 s.; A. Belloni, Il poema epico e mitologico, Milano 1905, pp. 109 s.; C. Perpolli, L’Actio Panthea e l’umanesimo veronese, in Atti e memorie dell’Accademia di agronomia, scienze e letteratura di Verona, XCI (1915), pp. 4-162; V. Zambughin, L’epistolario di Guarino Veronese, in Giornale storico della letteratura italiana, LXXIII (1918), pp. 153 s.; L. Capra - C. Colombo, Giunte all’Epistolario di Guarino Veronese, in Italia medioevale e umanistica, X (1967), p. 167; A. Cartolari, Famiglie già ascritte al Nobile Consiglio di Verona, Bologna 1969, pp. 63 s.; R. Avesani, Verona nel Quattrocento. La civiltà delle lettere, in Verona e il suo territorio, IV, 2, Verona 1984, pp. 37 s., 110, 236 s.; P. Viti, L’umanesimo a Verona, in L’umanesimo nell’Italia settentrionale e mediana, in Storia della letteratura italiana, III, Il Quattrocento, Roma 1996, pp. 541 s.; P.O. Kristeller, Iter Italicum. A cumulative index…, s.v. Merchentus, Ludovicus.
G. Milan