MELZI, Ludovico
– Nacque a Milano nel 1558 da Ludovico, esponente di una famiglia del patriziato milanese presente nel Consiglio cittadino dal 1409, e da Caterina Litta.
Entrò giovane nell’Ordine dei cavalieri di Malta, di cui vestì l’abito l’11 maggio 1579, ed ebbe subito il comando di una galera. Dopo sei anni passò nelle Fiandre a combattere tra le fila spagnole contro i ribelli calvinisti delle province settentrionali riuniti nella Lega di Utrecht. Partì da Milano il 9 ag. 1585 sotto le insegne di Alessandro Farnese, generale dell’esercito spagnolo e futuro duca di Parma. L’anno seguente partecipò all’assedio di Venlo, dove fu ferito al collo da un’archibugiata.
Risanato, si pose al servizio del papa Gregorio XIV, che nel 1591 aveva inviato una spedizione in Francia a difesa della Lega cattolica contro gli ugonotti. In quell’occasione fu nominato capitano di cavalleria dal generale di Santa Chiesa Ercole Sfondrati, nipote del papa. Su licenza del governatore di Milano, Carlo d’Aragona Tagliavia duca di Terranova, levò quindi a sue spese una compagnia di cavalleria nello Stato di Milano, con cui si portò in Francia il 17 luglio 1591. Qui l’esercito pontificio si disfece, ma il M. riuscì a mantenere coese le sue truppe, che impiegò in soccorso di Enrico di Rohan. Tornato a Milano l’anno successivo, fu inviato dal governatore, Juan Fernández de Velasco, in appoggio a Carlo Emanuele I duca di Savoia che aveva aperto le ostilità contro il re di Francia Enrico IV; contribuì alla presa di Cahors e proseguì la guerra in Borgogna.
Nel febbraio 1595 il M. si recò nuovamente in Fiandra al comando di due compagnie di cavalleria sotto le insegne dell’arciduca Alberto d’Asburgo, marito dell’infanta di Spagna Isabella e governatore dei Paesi Bassi. Qui si distinse negli scontri presso le piazzeforti di Nimega, Berchem e Breda. A Maastricht nel 1600 sbaragliò un grosso corpo di cavalleria dei ribelli, facendo molti prigionieri. L’anno seguente, mentre scortava l’ambasciatore inviato a Düsseldorf per le nozze di una sorella del duca di Clèves, subì un’imboscata, ma riuscì a portare in salvo il diplomatico. A gratificazione di questi suoi meriti Alberto d’Asburgo gli concesse un accrescimento di stipendio di 70 scudi al mese. Nel 1603 ottenne il grado di mastro di campo della fanteria italiana, poi partecipò all’assedio di Ostenda, si impadronì di una mezzaluna, fu ferito a una gamba e, dopo la guarigione, contribuì alla presa della città il 21 sett. 1604.
La monarchia spagnola, impegnata nella guerra su più fronti, attraversava una grave crisi finanziaria, che si ripercuoteva sull’efficienza e sulla disciplina dell’esercito. A questo proposito il M. ottenne riconoscimenti da parte del sovrano, non solo per l’abilità dimostrata nella guerra aperta, ma anche per la dura repressione con cui colpì a Herentals gli ammutinamenti delle truppe, esasperate dai ritardi nel pagamento del soldo. Per questo fu ricompensato da Filippo III con una pensione vitalizia di 300 scudi a carico delle entrate dello Stato di Milano il 2 ott. 1604 e l’anno seguente la sua abilità militare ebbe un’ulteriore sanzione ufficiale, poiché fu ammesso nel Consiglio di guerra delle Fiandre. Partecipò alla difesa di Venlo, realizzando con le sue sortite un cospicuo bottino; passò poi in Frisia a difendere la fortezza di Aldingen. Dopo la morte di Teodoro Trivulzio il M. gli subentrò nella carica di luogotenente generale della cavalleria leggera di Fiandra e Brabante e affrontò gli Olandesi a Lochem e Remmerden. Dopo la tregua dei dodici anni, siglata da Filippo III con i ribelli olandesi nel 1609, fece ritorno a Milano, dove le sue capacità militari gli valsero l’ammissione nel Consiglio segreto del governatore nel 1611.
Oltre che come valoroso e capace comandante della cavalleria, il M. fu noto in tutta Europa per le Regole militari sopra il governo e servitio particolare della cavalleria, opera pubblicata ad Anversa nel 1611 e subito tradotta in spagnolo, francese e fiammingo.
Il libro è dedicato, con data 20 giugno 1611, all’arciduca Alberto d’Austria, governatore dei Paesi Bassi, sotto le cui insegne il M. aveva a lungo combattuto. La stesura si colloca nel periodo di tregua della guerra delle Fiandre; come scrive l’autore stesso, «dal primo giorno adunque che cessò l’occasione d’adoprar l’armi, giudicai di non dover impiegar infruttuosamente quel tempo ch’io fossi per spender nel raccogliere insieme quelle regole che con l’esercitio di molt’anni io haveva osservate sopra il governo e servitio particolare della cavalleria» (Dedica, cc. n.n.). Nell’opera si asteneva da disquisizioni generali e dal confronto con i modelli del passato, per dedicarsi a una trattazione eminentemente pratica, con lo scopo di offrire ad altri che, come lui, dovevano guidare gli eserciti in battaglia, alcuni insegnamenti appresi dalla sua lunga attività di comando: «Io mi ho proposto di ristringermi con ogni brevità possibile a trattar solo di quello ch’appartiene all’atto pratico del governo e servitio particolare della cavalleria» (ibid.). Perciò, fin dalle dichiarazioni programmatiche, affermava di voler tralasciare di trattare della cavalleria pesante degli uomini d’arme, «l’uso de’ quali si può dir ch’a tempo nostro sia quasi del tutto dimesso» (Proemio, cc. n.n.), anche se formazioni di tal fatta continuarono a mantenersi nel corso del XVII secolo, soprattutto per collocare in posti d’onore i discendenti dell’alta nobiltà, più che per una loro reale efficacia in guerra. Se quindi l’attività di comando sui campi di battaglia fornisce la materia prima del lavoro, il dato esperito risulta ampiamente rielaborato alla luce delle conoscenze tecniche dell’epoca. Inoltre l’autore aveva servito pure come mastro di campo della fanteria e questa esperienza emerge a più riprese nel suo lavoro, in cui cerca di affrontare anche il tema complesso del coordinamento tra le diverse armi.
L’opera si compone di cinque libri, ciascuno dedicato a un problema tecnico relativo all’organizzazione della cavalleria. I temi trattati riguardano la composizione del corpo della cavalleria, i gradi di comando e gli effettivi che lo devono formare, il rapporto numerico fra cavalleria e fanteria, i problemi relativi a dotazioni, vestiario, compiti, ordini di marcia e il rapporto fra cavalieri diversamente armati, un tema ricorrente nella trattatistica militare dell’epoca. Importanza non secondaria riveste l’organizzazione degli accampamenti e delle pattuglie. Il M. si diffonde infine nella descrizione delle fasi dei combattimenti e delle disposizioni in campo, anche se «l’occasioni che la cavalleria suol’haver di combattere sono per il più improvvise» (c. 143), quindi poco si prestano a una lunga dissertazione che comprenda la maggior parte dei casi, ma l’iniziativa è spesso affidata alle capacità del comandante e all’abilità e propensione all’azione dei suoi uomini. Oltre a quello della battaglia, figurano i temi non meno importanti dell’organizzazione della guarnigione, con le sortite contro il nemico, la tenuta di spie, le paghe dei soldati.
Ogni libro è corredato da figure esplicative che riproducono scene realistiche. Ricorrono inoltre con frequenza esempi tratti dalle vicende di cui il M. era stato protagonista durante la guerra di Fiandra. Scritta in uno stile sobrio ed elegante con una lingua semplice e curata, l’opera è di piacevole lettura, segno che l’autore, pur impegnato costantemente nelle campagne militari, coltivava anche gli studi letterari. Grazie alla sua abilità e cultura il M. seppe guadagnarsi una fama internazionale, per cui si può affermare che nel suo caso le opportunità di carriera, pur partendo dal presupposto dell’origine cetuale, si coniugarono con un vero talento e una preparazione culturale che gli permisero di ascendere agli alti gradi delle gerarchie militari, così come alla celebrità letteraria.
Nel 1614, dopo l’avvio della prima guerra di successione per il Monferrato contro il duca di Savoia, il M. fu mastro di campo al comando di don Pedro de Toledo inviato sul Ticino da Juan Hurtado de Mendoza, marchese de la Hinojosa, governatore di Milano, a contrastare l’invasione piemontese del Monferrato.
Il M. morì il 12 luglio 1617 a Magenta, dove era stato trasportato perché colpito da febbre alta durante l’assedio di Vercelli.
Le sue spoglie furono traslate a Milano nella chiesa di S. Maria delle Grazie, dove fu sepolto nella tomba di famiglia. Il fratello Luigi, senatore del Ducato di Milano, fece apporre sul sepolcro un’iscrizione in memoria dei suoi meriti di servizio. Un ritratto del M., conservato in collezione privata, è pubblicato nella Storia di Milano (X, Milano 1957, p. 276).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Araldica, parte antica, 96, cc. n.n., 22 sett. 1616; Famiglie, 117, cc. n.n., 20 dic. 1608, 17 ott. 1609 (vitalizio di 300 scudi); Notarile, 24272, cc. n.n., 11 ott. 1605 (testamento del M.); G.P. Crescenzi, Anfiteatro romano nel quale con le memorie de’ grandi si riappilogano in parte l’origine e le grandezze de’ primi potentati di Europa, Milano s.d., pp. 243-245; P. Giustinian, Delle guerre di Fiandra libri sei, Anversa 1609, pp. 43, 133, 209, 264; P. Morigi, La nobiltà di Milano, Milano 1615, pp. 433-435; G. Ghilini, Teatro d’huomini letterati…, Venezia 1647, II, pp. 177-179; B. Del Pozzo, Ruolo generale de’ cavalieri gerosolimitani della veneranda Lingua d’Italia, Torino 1714, I, p. 634; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, seu Acta et elogia virorum omnigena eruditione illustrium …, Mediolani 1745, p. 920; C.A. Villarosa, Notizie di alcuni cavalieri del Sacro Ordine gerosolimitano illustri per lettere e per belle arti, Napoli 1841, pp. 217 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, Milano 1890, III, p. 404; R. Magdaleno, Papeles de Estado. Milán y Saboya (siglo XVI y XVII). Catalogo XXIII del Archivo de Simancas, Valladolid 1961, pp. 254, 277 s., 281, 283 s.; F. Arese, Le supreme cariche del Ducato di Milano da Francesco II Sforza a FilippoV, in Archivio storico lombardo, XCVII (1970), p. 83; U. Barlozzetti, Campagne di guerra e intellettuali: fra’ L. M. e il contributo italiano alla storia militare, in Guerra e cultura militare nell’età moderna. Immagini dalla Collezione militare antica della Biblioteca statale di Lucca (catal.), a cura di C. Sodini, Lucca 2002, pp. 35-42; Teatro genealogico delle famiglie nobili milanesi, a cura di C. Cremonini, Mantova 2003, II, p. 89; C. Sodini, L’iconografia nelle opere di carattere militare durante l’età moderna, www.storiamilitare.net/Iconografia.pdf, pp. 22 s. (settembre 2008); Enciclopedia biografica e bibliografica «Italiana», C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, II, pp. 250 s.
A. Dattero