MATTEI, Ludovico.
– Nacque a Roma da Giacomo di Matteo, conte palatino, e da Giacoma Tomarozzi, probabilmente al volgere della prima metà del secolo XV. Fratello di Alessandro, Battista e Caterina, sposò, pare in seconde nozze, Giovanna di Marcello Capodiferro, con la quale ebbe almeno sei figli: Saba (o Savo), Domenico, Bernardino, Pietro Antonio, Brigida e Gregoria (Vergoria), ricordati nel testamento dettato il 20 marzo 1498 (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 176, cc. 915-917).
Esponente di un casato in netta ascesa e impegnato nella gestione del patrimonio terriero, il M. seppe accrescere le attività economiche della famiglia aprendole all’esercizio del credito. Trasferitosi negli anni Settanta da Trastevere al rione S. Angelo, in una domus con fondaco che avrebbe costituito il nucleo originario della futura «isola Mattei», per decenni fu artefice di un’accorta politica immobiliare e fondiaria tesa a marcare la presenza dei suoi eredi in città, presso i resti dell’antico teatro di Balbo, nonché oltre il limite urbano, ossia extra portam Portuensem, dove, tra le diverse tenute controllate, risultava la «casetta Mattei». I protocolli notarili, in particolare quelli di Giovanni Paolo Setonici, restituiscono il profilo del «merchatante-bancario», attestato dalle numerose concessioni di prestito e dalle continue transazioni su pascoli, allevamenti e casali, ma lasciano anche trasparire l’autorevolezza del nobilis vir, chiamato a dirimere contenziosi o, negli anni 1473, 1492 e 1506, a ricoprire la carica di conservatore.
Il prestigio goduto permise al M. di concordare parentadi con importanti nomi dell’aristocrazia capitolina – i Mellini, i Della Valle e i Capodiferro – o con personalità quali il cardinale Guillaume d’Estouteville, arcivescovo di Rouen, la cui figlia, Caterina di Girolama Tosti, divenne moglie di Saba, figlio del Mattei. Nominato dallo stesso cardinale procuratore di Girolamo (1483), altro figlio di Estouteville, il M. agì in più occasioni come fiduciario delle famiglie Margani e Porcari, adottando, nel quadro dell’inesauribile confronto tra Orsini e Colonna, una linea di sostanziale adesione alle ragioni dei secondi. Segnato dalle violenze che a Roma accompagnarono gli ultimi decenni del secolo XV e dalla prematura scomparsa dell’amato Saba, il M. riuscì ugualmente a difendere il patrimonio e la dignità dei Mattei di S. Angelo, mantenendo la guida del clan ancora nei primi anni del Cinquecento.
Le cronache dell’epoca lo ricordano vittima di furti di bestiame (maggio 1482), umiliato dai saccheggi – per «haver favorito ad casa Colonna» (1484: Infessura, p. 119) – e dalla reclusione nel palazzo di S. Marco (palazzo Venezia; dicembre 1485). Trattando della guerra mossa da Ferdinando I d’Aragona re di Napoli a Sisto IV, le fonti riferiscono dell’ambasceria ad Alfonso d’Aragona duca di Calabria, con la quale Ludovico Margani, Liello de Ubitonio de Alessio e lo stesso M. tentarono invano di ottenere dal comandante delle milizie napoletane il consenso alla mietitura del grano «de cittadini» (giugno 1482). Il Liber notarum di J. Burckard (Burcardo) rammenta il M. solo per la partecipazione ai giochi di carnevale del febbraio 1487, quando una sua cavalla conquistò il «pallio de velluto pavonaceo»; tuttavia, il mese successivo avrebbe contribuito alla stesura delle Constitutiones sulle doti e l’ornato volute da Innocenzo VIII, figurando «in consilio» tra i tredici cives Romani eletti in rappresentanza dei rioni. Infessura registra anche l’omicidio dell’«aromatarius Andreas Mattucii», indicando nel M. il mandante e in Saba l’esecutore (1489), ma aggiunge che nel 1492, in prossimità della morte di papa Cibo, il vicecamerario Bartolomeo Moreno, temendo disordini, «ad habitandum cum Ludovico Mattheio, qui tunc temporis erat conservator, se contulit; putans ibi securum se posse permanere» (p. 275). Riassumendo la biografia del M., G. Antici Mattei scriveva: «fu tra gli ambasciatori spediti da Alessandro VI a Carlo VIII re di Francia, quando nel 1495 discese in Italia. Nel 1527 militò per il pontefice Clemente VII, contro le milizie del re cattolico Carlo V, saccheggiatore della città eterna» (p. 234). In realtà, l’esistenza del M. si concluse diversi anni prima del 1527, comunque non così presto come vorrebbe il Liber anniversariorum della Societas dei Raccomandati del Ss. Salvatore, che nelle carte relative al 1460 allude a un già defunto Ludovicus Iacobi de Matthaeis (Arch. di Stato di Roma, Ospedale del Ss. Salvatore…, reg. 1006/II, c. 99v).
Nel 1504 il M. denunciò Vannozza Catanei, madre di Cesare Borgia, accusandola di aver razziato dalla sua masseria in Campo Salino, lungo la via Portuense, il gregge affidatogli da Maria d’Aragona, moglie di Giovanni Giordano Orsini, nella speranza di sottrarlo alle rapine di Borgia. Nel settembre 1510 si occupava ancora delle attività finanziarie di famiglia.
Il M. dettò l’ultimo testamento il 13 dicembre, del 1512 o del 1513, nominando eredi universali degli immobili posseduti in platea della Pescina (piazza Mattei) Pietro Antonio e il nipote Ciriaco, figlio di Saba. Al secondo lasciava la «domus magna nova», destinando al figlio la «domus veter» (Arch. di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Uff. 4, vol. 14, cc. 626-629, 640r-644r). Il M. morì entro l’anno seguente. Lo provano gli atti di divisione dei beni appartenuti al «quondam Ludovicus», risalenti tutti al successivo 3 novembre (1513 o 1514). L’ospedale di S. Maria in Portico avrebbe celebrato l’anniversario del confratello «Ludovicho de Iacovo Matheo» nella chiesa di S. Francesco in Trastevere.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Ospedale del Ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum, reg. 1006/II, cc. 99v, 113v; Famiglie romane, vol. I, t. 1, cc. 32r, 341v, 344r, 347r, 348r, 349, 352r-353r, 355v-356r, 371v, 373r, 382v; Collegio dei notai capitolini, 126 (Ph. Antonatii de Carduinis), cc. 309, 393r-394r, 420-421; 129 (Id.), cc. 111r, 131r, 151r, 158, 168v-169r, 233v, 236v, 248r-251r, 252r, 279v, 287v, 288v-289r, 301v, 308r, 315r, 318v, 343r, 494v, 523r; 175 (C. Benimbene), cc. 86, 170, 214r-215r, 315-316, 347-348, 351r-352r, 477r, 508r-509r; 176 (Id.), cc. 549, 624v-627r, 643v-645v, 915-917; 710 (L. de Festis), c. 4; 1081 (A. de Martinis), cc. 259v, 727, 741; 1174 (M. Antonii de Oleariis alias de Thebaldis), c. 180v; 1629 (Ioh. Matthei de Salvectis), c. 175; 1667 (Ioh. P. Gregorii de Sethonicis), cc. 64r-65r, 82v-83v, 92r, 95r-96r, 107v-108r, 116r, 126v, 150r, 156r, 249v-250r, 258v-259r, 264v-265r, 276r, 293r, 296v-297r, 309r, 317v-318v, 321r, 342, 384r, 426v-427r, 589v; 1668 (Id.), cc. 12r, 36, 41v, 47v, 80v-81r, 85, 94v-95r; 1670/I (Id.), cc. 6-7; 1670/III (Id.), cc. 23v-24r, 39; 1673 (Id.), cc. 71v, 74r-80r, 81, 85r, 97v-98r, 122v-124v, 126, 142r, 174v, 175v, 177v-179v, 347r, 392, 393v-394r, 396r, 398v, 411v, 413r-414r, 415r, 421, 429-432, 435v, 441v-442r, 446v-447r, 453v, 460v-461r, 462v, 464v, 469v, 471r, 474r, 476v, 479r, 480r-481r, 493r, 497r e ad rubricam; 1740 (Ioh. F. de Taschis), cc. 107-108, 128r; Trenta notai capitolini, Uff. 4, vol. 14 (S.A. de Pirotis), cc. 611-622, 626-629, 640r-644r, 645r-650r, 652r-653r, 654r-657r; Roma, Arch. stor. capitolino, Arch. Urbano, Sez. I, reg. 57 (Georgius Albinus), c. 57v; Camera capitolina, Cred. IV, t. 88, n. 332, cc. 194v-202v: 195r; Biblioteca apost. Vaticana, Ottob. lat., 2551/II: D. 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