MARRACCI, Ludovico
– Nacque a Torcigliano di Camaiore il 6 ott. del 1612, secondogenito di Antonio e Margherita di Michele Marracci. Nel 1627, a Lucca, entrò a far parte della Congregazione dei chierici regolari della Madre di Dio, scelta condivisa anche da altri suoi familiari, tra i quali il fratello maggiore Ippolito, di cui scrisse una biografia, rimasta manoscritta e della quale si sono perse le tracce. Nella Congregazione ricoprì numerosi incarichi sia di tipo didattico, sia di governo comunitario (maestro dei novizi, prefetto dei giovani, rettore e procuratore generale) e scrisse una biografia del fondatore (Vita del venerabile padre Giovanni Leonardi lucchese, Roma 1673).
Nel 1629 dopo i primi anni della formazione, il M. si recò a Roma, presso il collegio di S. Maria, dove ebbe la possibilità di approfondire la conoscenza del greco e delle lingue semitiche (siriaco, ebraico, caldaico). In quello stesso periodo imparò da autodidatta la lingua araba.
Rientrò a Lucca nel 1638 per insegnare grammatica e retorica. Da questa esperienza nacque l’idea di scrivere il Primo corso della grammatica della lingua latina (Lucca 1646), opera pionieristica espressamente dedicata alla didattica del latino ai bambini. Si cimentò anche in componimenti poetici di vario tipo, di solito a carattere devozionale. I suoi epigrammi furono pubblicati con quelli del fratello Francesco (Epigrammatum libri quinque, Lucca 1652). Il M. tradusse quindi in latino numerosi testi di autori cristiani dedicati a Maria – molti utilizzati dal fratello Ippolito nella sua opera di sistematizzazione della letteratura mariana –, tra i quali la Paracletica in Santissimam deiparam Virginem Mariam di Giovanni Damasceno, stampata a Roma nel 1685 e tradotta poi anche in italiano (ibid. 1687).
Nel 1645 fece ritorno a Roma, chiamato da Innocenzo X a far parte della commissione di dotti incaricata dalla congregazione di Propaganda Fide di tradurre in arabo la Bibbia. Il testo, pur essendo stato completato nel 1650, non ebbe il permesso di stampa per motivi legati ad alcune libertà nella traduzione rispetto alla vulgata sistoclementina. Il compito di apportare le correzioni fu affidato al M., che riuscì a completare da solo l’opera di revisione della Biblia sacra Arabica, stampata nel 1671 a Roma. Durante il periodo trascorso a Roma fu confessore personale di personaggi di spicco dell’aristocrazia cittadina, fra i quali la duchessa Camilla Savelli Farnese e il cardinale Benedetto Odescalchi, papa nel 1676 con il nome di Innocenzo XI, di cui tratteggiò la biografia nel suo Innocentii XI pont. max. vitae compendium (in La vita di papa Innocenzo XI, a cura di G. Berthier, Roma 1889).
Nel 1676 si trasferì nel palazzo apostolico dove si moltiplicarono per lui gli impegni curiali: divenne consultore della congregazione delle Indulgenze e reliquie, in quella dell’Indice, fu consultore per l’esame delle opere nella congregazione del S. Uffizio e per quella di Propaganda Fide. In questo periodo, il M. esercitò una certa influenza sulla politica papale, agendo su più fronti: dalla moralizzazione dei costumi del clero e dell’abbigliamento femminile (sul quale si espresse nel Rimedio per curare la vanità femminile, Roma 1680, edito anonimo), al reperimento di fondi da destinare alle armate cristiane dell’imperatore Leopoldo I impegnate nella battaglia contro i Turchi a Vienna. Fu a quest’ultimo che egli dedicò il Prodromus della sua opera più nota, la traduzione latina del Corano edita in due tomi a Padova nel 1698, presso la tipografia del Seminario, con il titolo Alcorani textus universus. Tale pubblicazione fu resa possibile grazie all’impegno del vescovo di Padova Gregorio Barbarigo (poi proclamato santo), che aveva istituito nel seminario della sua diocesi un centro di studio delle lingue orientali per la formazione dei missionari.
Al primo tomo (Prodromus ad refutationem Alcorani), già pubblicato da solo nel 1691 a cura della congregazione di Propaganda Fide a causa del divieto papale di stampare il testo coranico, faceva da introduzione una vita di Maometto in 27 capitoli, redatta secondo le tradizioni canoniche e le vite apologetiche del profeta, seguita da una sintesi dei fondamenti della religione musulmana con commenti di autori arabi e cristiani. Pur mantenendosi nell’ambito di una «rielaborazione dei temi tradizionali della controversia latina nata nel XII-XIII secolo dalla scuola cluniacense» (Rizzardi, p. 82), il M. ricostruiva fedelmente le pratiche religiose islamiche, facendo uso diretto di fonti originali e superando il tradizionale utilizzo a fini apologetici di pregiudizi storici e false leggende. Se da una parte l’opera del M. ebbe il merito di fare un grande passo verso lo studio storico-critico dell’Islam, essa restò indubbiamente ancorata a un ambito confessionale e controversistico, al quale contribuiva il forte impegno missionario e di apostolato cristiano proprio dell’Ordine dei chierici regolari della Madre di Dio. Lo studio della tradizione religiosa islamica, condotto attraverso la traduzione del Corano e la consultazione delle fonti, era finalizzato a metterne in dubbio i fondamenti con un procedimento che contrapponeva ai principî dell’apologetica islamica quattro tesi: le Scritture cristiane non menzionano Maometto, a differenza di quanto i musulmani credono; la missione di Cristo è confermata da miracoli che al contrario non supportano quella di Maometto; i dogmi cristiani sono gli unici veri in ragione della rivelazione divina, a differenza di quelli musulmani; la legge evangelica è superiore ai comandamenti della legge islamica. Nella traduzione latina del Corano, presentata nel secondo tomo accanto al testo arabo (che peraltro evidenzia vistosi errori e manomissioni da imputare ai curatori della stampa), il M. dimostrava la sua eccellente conoscenza della lingua e le proprie capacità di traduttore. La versione era corredata delle note (tratte principalmente dai cinque grandi commentari coranici) e delle refutationes di mano del M., che accompagnavano le sure nel medesimo spirito controversistico del Prodromus. Il M. impiegò quarant’anni per portare a termine l’impresa; durante questo periodo continuò sempre la sua opera di arabista e traduttore, curando la versione araba dell’Officium beatissimae Virginis Mariae (cit. in I. Marracci, Bibliotecha Mariana, II, Roma 1648, p. 61) e lo studio delle lamine granatensi. In quest’ultimo caso, come membro della commissione incaricata da Innocenzo X, contribuì a dimostrare la provenienza delle lamine (lastre di piombo incise con caratteri arabi rinvenute nel 1595 vicino a Granada) da ambienti islamo-cristiani dai forti accenti sincretistici.
La vasta erudizione e le competenze linguistiche gli fecero meritare nel 1656 la cattedra di lingua araba alla Sapienza di Roma conferitagli da Alessandro VII e mantenuta fino al 1699.
Il M. morì a Roma il 5 febbr. 1700.
L’opera principale del M., molto apprezzata nel XVIII secolo – fu tradotta in tedesco da David Nerreter (Norimberga 1703) e ristampata in latino a Lipsia (1721) a opera di Christian Reineccius – rimase in seguito a lungo dimenticata, almeno fino a quando nel XX secolo l’islamologo inglese Edward Denison Ross non la rivalutò, individuandola come una delle fonti della traduzione inglese del Corano per opera di George Sale (Londra 1734). Ampia considerazione alla figura e all’operato del M. venne da Giuseppe Gabrieli, mentre l’altro islamista del tempo Carlo Alfonso Nallino, pur apprezzando il ricorso a testi arabi di prima mano, ne metteva in luce i limiti ermeneutici, evidenti rispetto alle lezioni accolte del testo islamico. In seguito Giorgio Levi Della Vida evidenziò il contributo decisivo fornito dal M. all’avanzamento dello stato delle conoscenze sulla religione e cultura islamica.
Opere: Manoscritti del M. sono conservati a Roma, Biblioteca della comunità religiosa dell’Ordine della Madre di Dio (bb. 65-67 e 70-77). Opere a stampa, oltre a quelle citate: Minervae Romanae Palladium oratio habita pro studiorum renovatione in almo vrbis Archigymnasio, Romae 1659; Memorie di S. Maria in Portico di Roma…, Roma 1667 (2a ed. accresciuta, ibid. 1675; successiva ed. riv. e annotata da G.M. Corrado, ibid. 1871); Vita della venerabile madre Passitea Crogi senese…, ibid. 1669; L’herede stimolato all’adempimento de i legati pii…, Lucca 1693; L’ebreo preso per le buone…, Roma 1701 (alla cui introduzione si rimanda per alcune notizie sulla vita e le opere); Ordine del divino governo nel suo celeste, e ecclesiastico principato indirizzato alla salute degli eletti per la sua gloria…, Lucca 1704; Onomasticon urbium, ac locorum Sacrae Scripturae…, Lucca 1705; Vita, e virtù della venerabil madre d. Maria Buonaventura Bevilacqua di Modona…, Lucca 1706; Risposta sincera… (1693), in Raccolta di varj discorsi dati in luce da diversi autori per ben regolare un nobile, e specialmente una dama…, Perugia 1709; Inventio corporis seu magnae partis corporis S. Pantaleonis medici, ac martyris Nicomed. Lucae, Lucca 1718.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 7509: Interpretatio laminarum Granatensium Romana ordine Pontificis fideliter facta, 15 giugno 1669; Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VIII.572, cc. 1-106: Carteggio con Antonio Magliabechi (1674-1699); Roma, Arch. della Curia generalizia dell’Ordine della Madre di Dio, Armadio A, III, mm. 3: Acta Congregationum generalium ab anno 1621 ad anno 1654, pp. 112, 143, 179, 199, 216, 228, 281, 312, 326, 365; 45, n. 16, cc. 1-8: A. Marracci, Cronica dell’origine e progetti di casa nostra; A. Calogerà, Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, XXXIII, Venezia 1745, p. 510; F. Sarteschi, De scriptoribus Congregationis clericorum regularium Matris Dei, Romae 1753, pp. 193-202; C. Erra, Memorie de’ religiosi per pietà e dottrina insigni della Congregazione della Madre di Dio, II, Roma 1760, pp. 45-60; C. Lucchesini, Della storia letteraria dello Stato lucchese, Lucca 1831, pp. 9, 15-24, 36, 100 s.; G. Sforza, Francesco Maria Fiorentini e i suoi contemporanei lucchesi, Firenze 1879, pp. 334-338, 551, 560 s., 577-580; E. Danison Ross, L. M., in Bulletin of the School of Oriental Studies, II (1921), pp. 117-123; G. Gabrieli, Gli studi orientali e gli ordini religiosi in Italia, in Il Pensiero missionario, III (1931), pp. 297-313; L. von Pastor, Storia dei papi, Roma 1932, XIV, 2, p. 17; F. Ferraironi, Tre secoli di storia dell’Ordine della Madre di Dio, Roma 1939, pp. 392 s.; C.A. Nallino, Le fonti arabe manoscritte dell’opera di L. M., in Id., Raccolta di scritti editi ed inediti, II, Roma 1940, pp. 90-134; G. Levi Della Vida, L. M. e la sua opera negli studi islamici, in Aneddoti e svaghi arabi e non arabi, Milano-Napoli 1959, pp. 193-210; M.P. Pedani Fabris, Intorno alla questione della traduzione del Corano, in Gregorio Barbarigo patrizio veneto vescovo e cardinale nella tarda Controriforma (1625-1697), a cura di L. Billanovich - P. Gios, Padova 1999, pp. 353-365; Id., L. M.: la vita e l’opera, in Il Corano. Traduzioni, traduttori e lettori in Italia, Milano 2000, pp. 9-30; V. Poggi, Grandezza e limiti di L. M. attraverso la «sura della caverna», ibid., pp. 31-80; G. Rizzardi, Il modello controversistico del M., ibid., pp. 81-110; M. Borrmans, L. M. et sa traduction latine du Coran, in Islamochristiana, XXVIII (2002), pp. 73-86; A. Hamilton - F. Richard, André du Ryer and Oriental studies in seventeenth-century France, London 2004, pp. 97-103, 105 s., 110, 117, 120; M.P. Pedani, L. M. e la conoscenza dell’Islam, in Campus maior, XVI (2004), pp. 7-22; Enc. cattolica, VIII, col. 188.