MALVEZZI, Ludovico (Lodovico)
Figlio primogenito di Marc'Antonio e di Giovanna di Filippo Castello (o De Castro), gentildonna fiamminga. La sua nascita va collocata non oltre i primi mesi del 1609 (Arch. di Stato di Bologna, Arch. Malvezzi-Lupari, Istrumenti, serie prima, b. 13/2: battesimo della sorella minore Beatrice nata il 1 febbr. 1610).
Il M. fu signore di Taranta e di Quadri in Abruzzo e possedette per un quarto, unitamente al fratello Sigismondo e allo zio paterno Virgilio, il marchesato di Castel Guelfo presso Bologna, patria dei Malvezzi. Di carattere rissoso, insieme con lo zio e il fratello fu protagonista di scontri cavallereschi, uno dei quali, con la famiglia Malvasia nel 1630-31, gli costò il bando e il rischio di confisca dei beni. Spedito da Virgilio nel feudo abruzzese per calmare le acque, appena giunto a Cesena uccise uno sbirro. Nei rari momenti di tregua ottenuti per intercessione dello zio dovette prendere parte alla vita intellettuale di Bologna, come testimoniano l'affiliazione all'Accademia della Notte e soprattutto l'uscita a Bologna nel 1634 del suo primo libro, la raccolta poetica I delirii della solitudine, e l'anno dopo del Diogene. Prima concione della seconda parte dei Delirii della solitudine, genii retorici.
Dall'intitolazione della seconda opera si evince che i Delirii, unicamente in versi nella prima parte, dovevano arricchirsi di una seconda parte in prosa, scritta a imitazione dello stile laconico dello zio Virgilio e in un genere all'epoca molto in voga, quello della "concione" affidata alla voce di un personaggio dell'antichità (così gli Scherzi geniali di Giovan F. Loredan, i Furori della gioventù di G.B. Manzini, la Scena rettorica di F. Pallavicino, la Galeria delle donne celebri di F. Pona). Il Diogene è infatti il discorso del filosofo ad Alessandro Magno: in esso il rifiuto delle ricchezze costituisce la sola difesa della libertà individuale contro il potere, con considerazioni di carattere fortemente antimonarchico pienamente in linea con la vicenda successiva del Malvezzi.
Venature più lievi di insofferenza nei riguardi del potere si trovano anche nelle poesie dei Delirii, accanto a più consuete espressioni encomiastiche verso principi (il granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici, cui il libro è dedicato) e prelati. La raccolta, suddivisa in poesie eroiche, amorose e varie, denota vicinanza a certe esperienze concettistiche coeve (come l'opera di Claudio Achillini), ma anche notevoli caratteri di originalità nel lessico e nella grammatica, tese a rendere il dettato sostenuto (Taddeo, 1996, p. 16).
Nel 1635, per l'omicidio dell'auditore di Rota monsignor Ghislieri, fu processato e condannato in contumacia insieme con il fratello Sigismondo. Si rifugiò a Polesella, ai confini con la Serenissima, da dove firmò la dedicatoria del Diogene, la cui stampa risulta infatti affrettata e priva di imprimatur. L'anno dopo fu bandito capitalmente e condannato per lesa maestà con l'accusa di aver assoldato nello Stato della Chiesa 2000 fanti a pro dell'esercito veneziano, violando anche le leggi sul bando. La condanna costò la confisca non soltanto della parte del M. ma dell'intero marchesato, restituito solo vent'anni più tardi alla famiglia.
Il M. morì in circostanze oscure poco prima del 30 luglio 1636, data in cui la zia Costanza Malvezzi Magnani ne annunciò la morte al duca di Modena Francesco I d'Este.
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. X, 20 (=6789), c. 222r (epigramma latino di incerta attribuzione); V. Malvezzi, Lettere a Fabio Chigi, a cura di M.C. Crisafulli, Fasano 1990, ad ind.; F. Meninni, Il ritratto del sonetto e della canzone, a cura di C. Carminati, Lecce 2002, ad ind.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, p. 169; F. Calef, Alcune fonti manoscritte per la biografia di Virgilio Malvezzi, in Giorn. stor. della letteratura italiana, LXXXIV (1967), pp. 71-78, 340-367; Malvezzi. Storia genealogia e iconografia, a cura di G. Malvezzi Campeggi, Roma 1996, p. 167; E. Taddeo, L'"ingegnosissimo nipote" ovvero L. M., in Studi secenteschi, XXXVII (1996), pp. 3-27; Id., Rettifiche e giunte malvezziane, ibid., XXXIX (1998), pp. 343-347; F. Longoni, Ancora su L. M., in Studi secenteschi, XLI (2000), pp. 137-174.