SALUZZO, Ludovico II
marchese di. – Nato il 23 marzo 1438 dal matrimonio fra il marchese Ludovico I di Saluzzo (v. la voce in questo Dizionario) e Isabella Paleologa (1419-1475), figlia di Giangiacomo di Monferrato, e loro primogenito, Ludovico Monsignore, il futuro marchese Ludovico II, trascorse i primi lustri della sua vita in un contesto politico di subordinazione del Marchesato di Saluzzo ai duchi di Savoia, contesto che mutò in modo radicale nel febbraio 1456, quando il re di Francia Carlo VII impose a suo padre di prestargli omaggio.
Le prime informazioni su di lui evocano questa nuova situazione di dipendenza politica dalla grande monarchia d’Oltralpe e documentano un momento importante della sua formazione militare: si sa infatti che nell’agosto 1461, a un mese dalla morte di Carlo VII, egli già faceva parte a Reims di un folto gruppo di principi francesi che furono armati cavalieri durante le celebrazioni per l’incoronazione di Luigi XI. Rimase poi con il re, come il figlio di un vassallo di un tempo, allevato nella casa del signore; imparò i modi di corte, l’arte della guerra, le sottigliezze della diplomazia.
Mentre consolidavano i legami con la monarchia francese, i marchesi stringevano rapporti anche con l'altro potente vicino, il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza. In questo caso, a guidare la politica del Marchesato non era più l'ormai anziano Ludovico I, ma suo figlio primogenito Ludovico Monsignore. Egli applicò mutate forme di sudditanza, non più basate su un omaggio feudale bensì sugli impegni a prestare servizio in armi. Con l'accordo del re di Francia, accettò la condotta offertagli da Galeazzo Maria Sforza nel giugno del 1468 e inoltre fece entrare al soldo sforzesco anche il fratello minore Tommaso. Alla morte di Ludovico I nel 1475, i contratti sottoscritti per i servigi militari avevano stabilito vincoli istituzionali forti con lo Sforza e di fatto palesavano la soggezione politica del Marchesato al duca di Milano.
Dopo la morte di Ludovico I, alla prova dei fatti, la protezione milanese si rivelò però all’improvviso meno certa di quanto il suo erede avesse creduto. A mettere le cose in chiaro furono l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza, caduto in una congiura il 26 dicembre 1476, che in Savoia indebolì la fazione filosforzesca, e, poco più di cinque mesi dopo, la morte di Carlo il Temerario nella battaglia di Nancy, che accrebbe di colpo la potenza francese. Isolato politicamente, senza denaro e privo dei rapporti politici derivanti da una condotta, Ludovico poté contare soltanto sullo stretto legame con lo zio, Guglielmo VIII di Monferrato, di cui nel 1481 sposò l’unica figlia, Giovanna, dodicenne, ma dice il cronista Gabriele Bucci, molto «formosa» (Il memoriale quadripartitum di fra Gabriele Bucci da Carmagnola, a cura di F. Curlo, 1911, pp. 20). La speranza era di ereditarne il Marchesato una volta scomparsi Guglielmo e suo fratello Bonifacio, ambedue anziani e senza figli. Mancato alla fine di febbraio 1483 il marchese Guglielmo, il successore Bonifacio «retirò el marchese di Salucio in sua corte di Monferrato, perché li perveniva in marchisato per iusto, mancando el marchese [Guglielmo] senza eredi», scrive l'anonimo cronista cinquecentesco ne L'Arbore de la illustre casa de li marchesi di Monferrato et di Salucio (in Moriondo, 1790).
Affidata la gestione dei domini saluzzesi ai suoi due fratelli, Federico e Carlo Domenico, che avevano intrapreso la carriera ecclesiastica, Ludovico interpretò con molta convinzione il ruolo di successore in Monferrato. Si trasferì in modo pressoché stabile presso la corte monferrina, svolse compitamente il proprio ruolo di consigliere marchionale, rappresentò lo zio in alcune occasioni ufficiali, dimostrandosi devoto e ossequiente nipote. Entrò però inopinatamente in scena Scipione di Monferrato, figlio naturale del fu Giovanni IV, fratello di Bonifacio, con la pretesa di volersi impadronire del principato eliminando Ludovico II. Questi, sentendosi minacciato e soprattutto desideroso di concretizzare i propri progetti, rispose con una decisione e una spregiudicatezza eccessive: nel marzo 1485, indotto dall’impazienza, fece assassinare il bastardo Scipione di Monferrato, che evidentemente riteneva un rivale credibile per l’ambita successione nel Marchesato. Il fatto, già di per sé gravissimo, fu per Saluzzo anche controproducente, perché macchiò la sua reputazione e gli precluse per sempre di occuparsi del Marchesato di Monferrato e, infine, di ereditarlo, sopraggiunta anche l'imprevista paternità di Bonifacio III.
In un contesto politico più generale, la situazione, complicata dal riavvicinamento di Francia e Savoia, che fra l’altro si contendevano l’omaggio del marchese di Saluzzo, fu affrontata da Ludovico in modo poco coerente e con la solita impazienza. Privo, infatti, di protettori e troppo confidando nella sua preparazione militare, cercò di giocare tra i due Stati, non senza stuzzicare con brevi incursioni nei suoi domini Carlo I di Savoia, finché nel dicembre 1486, di fronte a una delle sue provocazioni armate, il duca invase il Marchesato. Ludovico, fuggitivo, dovette attraversare le Alpi e riparare in Francia, riaccostandosi riluttante a re Carlo VIII al fine di rientrare in possesso del Marchesato e accettandone pertanto l’incerta benevolenza. Il re impose un arbitrato, poi via via rimandato, mentre agenti saluzzesi trattavano con la Serenissima per assicurare a Ludovico una condotta. Tutti i disegni furono però sconvolti il 13 marzo 1490 dalla morte improvvisa del duca di Savoia, a soli 32 anni di età. Era, per il marchese, che sperava con l’aiuto del re di recuperare i suoi possedimenti, un’occasione d’oro, ma Carlo VIII non volle intervenire ed egli dovette fare da solo. Tentò l’avventura e, senza informare il re di Francia, ripassò le Alpi; con cinque uomini soltanto giunse a Verzuolo il 7 luglio 1490 e, appoggiato da Ludovico il Moro, con l’aiuto dei sudditi rimastigli fedeli riprese a mano armata il controllo dell’intero Marchesato.
Si delineò di fatto un nuovo ribaltamento di convergenze che, per circa due anni, pose di fatto il marchese sotto il protettorato milanese. Ma la tutela ambrosiana durò poco: nel dicembre 1490, la morte improvvisa della prima moglie del marchese, Giovanna di Monferrato, filosforzesca, che aveva dato a Ludovico soltanto una figlia, Margherita, andata sposa nel 1496 a Claudio Giacomo di Miolans, lasciò spazio a una revisione ulteriore delle alleanze e a un ritorno della politica di stretti rapporti con il Regno di Francia. Ne costituisce una traccia evidente un improrogabile secondo matrimonio di Ludovico, ormai cinquantenne, che gli permise di ristabilire molto rapidamente buone relazioni con Carlo VIII. Il 24 settembre 1491, il marchese affidò a personaggi eminenti del suo entourage la procura per avviare le trattative, svoltesi Oltralpe dal dicembre di quell'anno, per il nuovo matrimonio con Margherita di Foix, figlia di Giovanni di Foix, conte di Benauges e di Candale nella Francia meridionale. I negoziati si conclusero nel febbraio 1492 con la firma dei procuratori; pervenuta il 30 ottobre la dispensa apostolica, necessaria a causa della «affinità» tra la prima e la seconda moglie, le nozze furono celebrate «verisimilmente», scrive Delfino Muletti, nel novembre 1492 (Muletti, 1831, p. 328). Le conseguenze della svolta politica non si fecero attendere, come evidenzia di lì a poco un arbitrato affidato al re e relativo a un contenzioso pendente tra Bonifacio di Monferrato e Ludovico II, suo nipote, per vari diritti dotali, non versati, della prima moglie, Giovanna di Monferrato, della madre di lei e della propria madre Isabella di Monferrato. La sentenza del re, pronunciata il 29 novembre 1493, accordò a Saluzzo, a titolo di risarcimento, ben 25.000 fiorini d’oro.
Per Carlo VIII, che stava preparando un’impresa militare in Italia, la scelta di recuperare buoni rapporti con Ludovico, nel cui Marchesato si trovavano importanti passi alpini, era di fatto obbligata e non è certo un caso che, il 24 luglio 1494, egli decidesse di crearlo cavaliere del prestigioso Ordine di S. Michele. Ludovico non soltanto accettò, ma un anno dopo si unì alle truppe francesi che invadevano la penisola e, insieme con il duca di Orléans – il futuro Luigi XII – conquistò Novara, dove però subì poi un assedio di cinque mesi. Entrò così di fatto nell’organizzazione militare del Regno, dove gli fu affidato il comando di 40 lance nell’ordonnance. Non era che un primo passo. Quando, nell’aprile 1498, divenne re di Francia proprio il duca con cui aveva condiviso i cinque mesi di assedio a Novara, ne sposò con convinzione la causa, gli rese omaggio per il Marchesato (21 luglio), si unì alle sue truppe e fu al suo fianco quando, il 6 ottobre, questi fece la sua trionfale entrée in Milano. Il legame strettissimo e amichevole con il re, di cui lo troviamo spesso al seguito, unito alla certezza del suo sostegno, gli consentirono poi, nel 1501, di concretizzare alcune ambizioni, come il pubblico riconoscimento di una sorta di tutorato sul Marchesato di Monferrato e il governatorato di Asti e del suo contado. Ottenne infine, nel novembre 1502, la nomina a viceré di Napoli. Riuscì a partire per quest’ultima impresa soltanto nel giugno 1503, ma nel Regno lo aspettava una situazione bellica ormai compromessa.
Ne rientrò ammalato, dopo sette mesi di sfortunata campagna militare, per morire a Genova il 27 gennaio 1504. Oggi riposa nel coro della chiesa saluzzese di S. Giovanni, idealmente corrispondente a quella che il suo avo Tommaso III aveva pensato come cappella del S. Sepolcro.
Proprio nel 1503, quando egli aveva ormai raggiunto il Regno di Napoli, vide la luce la prima opera a stampa pubblicata a Saluzzo, a lui dedicata: l’Opus aureum del frate predicatore Ludovico Vivalda. Essa evoca l’attenzione del marchese per le lettere e le arti, il suo ruolo di mecenate, di principe attento al decoro del suo castello e della sua piccola capitale, di promotore della vita canonicale e dell’edilizia religiosa. Notevole, in particolare, è il grande torrione rotondo da lui fatto costruire all’ingresso del castello (oggi noto come la Castiglia). Ma soprattutto nella memoria collettiva rimane, in alta Valle Po, un’attestazione suggestiva della sua attenzione ai temi economici: una pionieristica galleria, 'il buco del Viso', scavata alla fine del XV secolo per il trasporto del sale tra Grenoble e Saluzzo. Il «forame», come è citato nelle fonti, è tuttora percorribile a piedi in un percorso naturalistico.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Corte, Marchesato di Saluzzo, categoria 2ª, m. 1, per i contratti di matrimonio; categoria 4ª, m. 8, per investiture e omaggi; categoria 8ª, m. 1, per il traforo del Monviso; Protocolli marchionali, vol. 8 bis, notaio Ferrand, per la descrizione dei beni del Marchesato; Real Casa, Protocolli camerali, voll. 42, c. 118v; 138, cc. 67, 71; Protocolli ducali, voll. 72, cc. 179, 188, 197v, 202; 78, c. 71; 94, c. 537; 113, c. 55; 410, c. 453v; 411, c. 634v; L'Arbore de la illustre casa de li marchesi di Monferrato et di Salucio discesi li primi progenitori dil saxonico sangue, in G.B. Moriondo, Monumenta Aquensia, II, Taurini 1790, col. 240; Il memoriale quadripartitum di fra Gabriele Bucci da Carmagnola, a cura di F. Curlo, Pinerolo 1911, pp. 20, 67-72, 174-187; D. Muletti, Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città e ai marchesi di Saluzzo… e pubblicate con addizioni e note da Carlo Muletti, V, Saluzzo 1831, p. 328 e passim.
A.A. Mola, Saluzzo: un’antica capitale, Roma 2001, passim; L. II marchese di S., condottiero, uomo di Stato e mecenate (1475-1504), a cura di R. Comba, I-II, Cuneo 2005-06 (in partic. A. Barbero, La politica di L. II di S. tra Francia, Savoia e Milano (1475-1504), I, pp. 229-254; B. Del Bo, «Presente lo marchese de Salucia». L. II e le sue ambizioni di governo sul Monferrato, I, pp. 303-336). Per gli aspetti culturali: P. Rosso, Marchesi e letterati a Saluzzo nel Quattrocento: a settant’anni dalle ricerche di Gustavo Vinay, in La cultura a Saluzzo fra Medioevo e Rinascimento, a cura di R. Comba - M. Piccat, Cuneo 2008, pp. 59-105. Di carattere divulgativo: A. Piovano, Lotte e intrighi alla corte dei Saluzzo, Sommariva Bosco 1990, passim.