GIMIGNANI, Ludovico
Figlio di Giacinto, pittore, e di Cecilia Turchi, nacque a Roma il 19 maggio 1643 e fu tenuto a battesimo da Caterina Tezi, moglie di Gian Lorenzo Bernini, e da Giulio Rospigliosi (il futuro papa Clemente IX), rapporti questi che segnarono quasi il destino dell'artista.
Gli esordi pittorici del G. sono strettamente connessi con l'attività paterna: già le prime fonti segnalano infatti non solo l'esecuzione a due mani di alcune delle opere ascrivibili agli inizi del giovane, quanto una decisiva influenza esercitata da Giacinto sul figlio, il quale, tuttavia, sin dal principio della sua attività dimostrò una fluidità di stile e di tocco riferibili, come riportato dalle fonti, a un apprendistato presso Bernini.
Stando alle più antiche testimonianze letterarie si potrebbe arguire quasi una collaborazione sistematica tra padre e figlio e, alla morte del primo, una sistematica continuazione da parte del G. delle opere paterne rimaste incompiute. G. Di Domenico Cortese (pp. 254 s.) individua nel Tempo che strappa le ali all'Amore in collezione privata romana - tela firmata e datata 1664 da Giacinto - uno degli esempi più chiari della collaborazione tra i due.
Per quanto concerne il rapporto con Bernini, esso dovette essere sia diretto sia frutto dei rapporti tra il G. e l'entourage di marcata derivazione berniniana in senso più o meno stretto. Appare convincente la considerazione fatta da Federico Zeri (1955) che intravide in G.B. Gaulli - a suo avviso vero erede e diffusore della pittura di Gian Lorenzo Bernini - e nel rapporto tra questi e il giovane pittore il tramite per cui le idee di Bernini trasmigrarono nelle tele del Gimignani. Come espresso da U.V. Fischer Pace (1989, p. 764) "l'insegnamento berniniano, cui appaiò caratteristiche desunte dai modi stilistici paterni" è il punto di partenza per la comprensione della produzione del Gimignani.
Agli esordi del G. risale anche una copia dell'Annunciazione di Guido Reni per l'altare della cappella Fonseca in S. Lorenzo in Lucina (opera da datare intorno al 1663, comparendo già menzionata in situ a quella data da G.B. Mola, Breve racconto… Roma… l'anno 1663, a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 118). L'importanza del dipinto attesta la vicinanza del G. ai più importanti cantieri berniniani tra la fine degli anni Cinquanta del secolo e tutto il decennio successivo.
Quasi un tributo a Bernini può essere letta inoltre la prima opera certa del G., attivo nella chiesa di S. Maria Assunta ad Ariccia nel 1665 con una pala a olio su tela, firmata e datata, raffigurante la Sacra Famiglia (o il Riposo nella fuga in Egitto).
Il dipinto, della cui genesi restano numerose testimonianze grafiche (Fischer Pace, 1979), mostra il G. poco più che ventenne già autore pieno, come chiaramente leggibile anche nel bozzetto del 1663, recentemente donato al nuovo Museo del Seicento di Palazzo Chigi ad Ariccia. L'opera dimostra la perfetta assimilazione dello stile di Bernini, coniugata con l'iconografia del padre. Già G. Di Domenico Cortese (p. 256) sottolineava "la sostanziale novità della composizione" rispetto alle scelte formali di Giacinto data dal "senso dell'atmosfera più sciolta e piacevole" e riconduceva al gusto di Giulio Rospigliosi anche i richiami, nella tela, a C. Maratta, ravvisabili nella figura della Vergine "chiaramente ispirata a quella della Madonna della Fuga in Egitto in Sant'Isidoro Agricola".
Ascrivibile alla committenza Rospigliosi, e datato da U.V. Fischer Pace tra il 1665, anno della canonizzazione di s. Francesco di Sales, e il 1666, anno dell'ultimazione dei lavori della cappella, è il dipinto raffigurante I ss. Francesco Saverio e Francesco di Sales che adorano il Crocifisso nella cappella dei re magi a Roma, nel palazzo di Propaganda Fide.
Già Titi, nell'edizione del 1674, attribuì correttamente l'opera, che tuttavia è stata più volte riferita a Giacinto, e definitivamente restituita al G. soltanto nel 1979 (Fischer Pace, pp. 38-41, con bibliografia). L'incisività dell'influenza del gusto della committenza Rospigliosi è ravvisabile nel Riposo nella fuga in Egitto della Galleria Pallavicini, secondo la Fischer Pace, per cui il dipinto è da interpretare autografo o al più identificabile con una delle opere che il G. eseguì in collaborazione con il padre.
Culmine dell'esperienza formativa del G. fu il viaggio compiuto nell'Italia settentrionale, con tappe a Venezia, nella Lombardia e a Modena, ove il G. si recò a compimento della propria istruzione insieme con G.B. Gaulli, su indicazione e per interessamento del cardinale Rospigliosi e di Bernini.
Ammesso definitivamente nell'entourage Rospigliosi, intrecciati rapporti con personalità diverse quali Maratta, L. Baldi e Gaulli, il G. diede buona prova di sé negli affreschi, pubblicati dalla Fischer Pace nel 1979 (pp. 13, 43-46), che decorano la cappella di S. Domenico nel convento della basilica di S. Sabina a Roma. I dipinti, assegnati al G. sulla scorta delle numerose testimonianze grafiche che ne segnano la genesi e su evidenti dati stilistici, raffigurano il Colloquio fra i ss. Domenico, Francesco e Angelo Carmelitano e La gloria di s. Domenico e furono eseguiti per volontà di Clemente IX a completamento della decorazione della cappella in cui egli si recava durante la quaresima.
Ma esito concreto dell'esperienza del viaggio di studio nell'Italia settentrionale sono da considerare i dipinti eseguiti per la canonizzazione di Maria Maddalena dei Pazzi e Pietro d'Alcantara. In essi si individua precipuo il segno lasciato nel G. dalle opere di Paolo Caliari, il Veronese, e di tutta la pittura veneta e si trova la fusione dei menzionati esempi con la traduzione pittorica delle idee plastiche berniniane, ravvisabile soprattutto nella capacità di cogliere i "fatti mistici […] nel momento più drammatico oppure lirico e visionario, sommersi nella luce irreale e intensa delle metamorfosi avvenute fra terra e cielo" (Fischer Pace, 1979, p. 13). Al 1669 risale un gruppo di quattro tele: S. Maddalena dei Pazzi riceve il velo dalla Madonna - di cui si conserva un bozzetto con varianti nella collezione Lechi a Brescia, e il suo pendant, La comunione di s. Bernardino (entrambi a Roma, nella collezione Rospigliosi); S. Maria Maddalena dei Pazzi libera un'indemoniata; e l'Estasi di s. Pietro d'Alcantara (questi ultimi si trovano sempre in palazzo Rospigliosi, ma nella collezione Pallavicini). Allo stesso periodo è ascritta l'Adorazione dei pastori (Roma, collezione privata), attribuita al G. per la prima volta da G. Di Domenico Cortese (p. 257), che data al 1670 Lo svenimento di Ester davanti ad Assuero della collezione Rospigliosi, anticipato a ridosso del viaggio veneziano da U.V. Fisher Pace.
Il dipinto di alta qualità è legato alla primissima produzione del G., e specificamente ai dipinti Rospigliosi realizzati per la canonizzazione di Maddalena dei Pazzi in virtù della "forte impronta veronesiana che esso dimostra" (Fischer Pace, 1979, p. 54). La felicità compositiva e la fluidità presente nelle opere eseguite dal G. in prossimità del ritorno dal viaggio nell'Italia settentrionale risultano, nel prosieguo della sua lunga e feconda carriera, difficilmente pareggiate (Sestieri, p. 88).
La capacità di proposizione del dettame classico, ravvisabile nella Comunione di s. Gioacchino Francescano, è confermata nella tela, siglata "L.G.", con Alessandro Magno ammalato, attribuita alla fine dell'Ottocento, senza esiti successivi, al G., e conservata presso la Galleria Corsini a Firenze. L'opera, che non è riportata dalle fonti più antiche, è datata, per assonanza stilistica con quelle note, al 1670 circa da U.V. Fischer Pace (1979, p. 56) e presenta notevoli derivazioni da dipinti poussiniani. Del medesimo periodo è la Visione di s. Rosa da Lima, dipinto firmato e conservato presso la Residenzgalerie di Salisburgo, della cui genesi non si è a conoscenza, e riconducibile, da un punto di vista compositivo, alla produzione connessa con la canonizzazione (1671) della santa raffigurata.
Il G. fu eletto socio dell'Accademia di S. Luca nel 1673, e divenne principe della stessa il 21 dic. 1687, ricoprendo la carica fino al 1689. Secondo U.V. Fischer Pace l'opera di ammisssione fu il dipinto con Rinaldo e Armida, conservato presso l'Accademia (dove è anche l'Autoritratto del pittore), attribuitogli già da G. Di Domenico Cortese (p. 258). Una datazione induttiva al 1675 è stata proposta per La Madonna con il Bambino e s. Antonio nella chiesa dedicata al santo a Oriolo Romano (Fischer Pace, 1979, p. 59).
Sempre all'ottavo decennio del secolo appartiene Venere che piange Adone, dipinto firmato ed eseguito dal G. su commissione di sir Thomas Isham, conservato presso la collezione Gyles Isham a Lamport Hall. A una datazione compresa tra il 1672, quando vennero allogati i lavori per la chiesa a Bernini e a Gaulli, e il 1674, anno in cui compare nella guida di Titi (p. 193), è da collocarsi l'opera del G. per il Gesù, rammentata anche da Pascoli (pp. 741, 745 n. 35), e a noi nota soltanto da un bozzetto conservato presso il Kunstmuseum di Düsseldorf, raffigurante S. Ignazio che comunica s. Francesco Borgia, preparatorio dell'opera originariamente collocata su uno degli altari del transetto sinistro della chiesa e andata dispersa con ogni probabilità, come suggerito da U.V. Fischer Pace (1979, p. 60), quando nel 1694 Andrea Pozzo ebbe l'incarico di ristrutturare la zona presbiteriale della chiesa. Non appare da escludere l'ipotesi suggerita dalla studiosa per cui il G. avrebbe dovuto eseguire anche la pala di un altare del transetto destro.
L'attività all'interno di chiese romane dimostra l'adesione del G. al classicismo, tuttavia riletto attraverso l'arte di Gaulli: in S. Luigi dei Francesi nella terza cappella sinistra eseguì il dipinto raffigurante S. Luigi di Francia che restituisce all'arcivescovo di Parigi la corona di spine; nel 1680, data dei pagamenti, fu tra gli autori che decorarono il deambulatorio della chiesa di S. Carlo al Corso, dove affrescò l'allegoria della Vigilanza. Sempre a ridosso di questa data, e più precisamente tra il 1680 (anno in cui venne portata a termine la struttura architettonica) e il 1686 (quando i dipinti sono menzionati all'interno della guida di Titi), il G. portò a compimento la decorazione per la cappella Aquilanti a S. Maria in Montesanto, eretta da Carlo Rainaldi e decorata con stucchi di Filippo Carcani; essa comprende la pala d'altare con S. Maria Maddalena dei Pazzi che riceve il velo dalla Vergine e i quadri laterali raffiguranti rispettivamente La comunione di s. Maria Maddalena dei Pazzi sulla parete destra, e L'apparizione di s. Agostino a s. Maria Maddalena dei Pazzi sulla parete sinistra. La volta della cappella è affrescata con la Gloria di Cristo fra gli angeli. Nelle tele si ravvisano forti derivazioni dalle opere eseguite per la committenza Rospigliosi in occasione della canonizzazione della santa. A ridosso della stessa data il G. eseguì, per commissione del cardinale Galeazzo Marescotti, le lunette che decorano la cappella di S. Lorenzo all'interno del duomo di Tivoli raffiguranti L'elemosina di s. Lorenzo e S. Lorenzo che battezza s. Ippolito carcerato, opere che andarono a coprire quelle precedentemente eseguite da Pietro Lucatelli.
Nel 1683 il pittore firmò e datò a Roma il dipinto commissionatogli dal cardinale Iacopo Rospigliosi, nipote di papa Clemente IX, per la chiesa dell'Assunta a Vicofaro nei pressi di Pistoia, ora collocato in quella di S. Maria Maggiore, con la Gloria dell'Assunta e i ss. Francesco d'Assisi, Antonio da Padova e Felice da Cantalice. Sue opere si conservano inoltre nelle più importanti chiese della città di Pistoia tra cui S. Filippo, S. Pier Maggiore, lo Spirito Santo.
Tra il 1682 e l'anno successivo si data la prima fase dei lavori del G. per la chiesa romana di S. Maria delle Vergini (dedicata a partire dalla metà dell'Ottocento a S. Rita): la pala per l'altare maggiore con l'Assunzione della Vergine, ora fortemente rimaneggiata e collocata in S. Pudenziana, e l'affresco con La Trinità in gloria. Il resto della decorazione non gli è concordemente riferito.
Nel 1683 il G. iniziò la propria attività per la chiesa di S. Andrea delle Fratte, dove si trovano Il battesimo di Cristo, quadro dell'altare della cappella battesimale, sovrastato dall'Eterno fra angeli, lunetta a olio su tela; il quadro con S. Michele Arcangelo, collocato sull'altare della seconda cappella a destra e il Crocifisso della sacrestia. Opere tutte, queste, che, insieme con la contemporanea produzione per S. Maria in Campitelli (tela con la Conversione di s. Paolo e affresco con la Gloria di s. Giovanni Battista collocati, rispettivamente, nella terza e nella seconda cappella di sinistra) sembrano segnare un momento di irrigidimento in senso classicistico del pittore.
A partire dall'autunno del 1688 ebbe inizio l'opera di più ampio respiro del G., la decorazione della chiesa di S. Silvestro in Capite, che lo vide chiamato a realizzare in due tempi, come per la chiesa di S. Maria delle Vergini, non solo affreschi e tele per la tribuna, il transetto e due cappelle laterali ma addirittura, una volta morti Carlo Rainaldi e Matthia De Rossi, a rimetter mano in senso complessivamente progettuale alle cappelle laterali: disegni degli altari, loro decorazione a stucco, dipinti.
Tra il 1688 e il 1690 eseguì l'affresco del catino absidale con il Battesimo di Costantino, quello sulla parete sinistra del braccio sinistro del transetto con S. Stefano I papa condotto all'adorazione degli idoli; la Predica del Battista, ad affresco nella parete destra del transetto sinistro, sulla cui volta è una Gloria di angeli; L'immagine edessena mostrata al re Abgaro malato sulla parete sinistra del braccio destro del transetto; S. Silvestro convocato dai messaggeri di Costantino sulla parete destra del braccio destro, sulla cui volta è sempre una Gloria di angeli. Si tratta di opere in cui si può scorgere chiaramente quelle che U.V. Fischer Pace (1979, p. 16) chiama le sopravvivenze del repertorio figurativo e di messa in scena berniniana. La seconda fase della decorazione, eseguita tra il 1695 e il 1697 -biennio al quale si riferiscono tutti gli interventi nelle due cappelle della navata sinistra della chiesa -mostra una maggiore aderenza alla lezione marattesca, per esempio, nella Morte di s. Giuseppe, nella Sacra Famiglia e nella Gloria di angeli. Nella terza cappella di sinistra si trovano l'Immacolata Concezione dell'altare e gli affreschi delle lunette con l'Annunciazione (sinistra) e la Natività (destra).
Notevole, accanto alla menzionata attività all'interno di chiese romane, la produzione a carattere storico mitologico, nella quale più facilmente è ravvisabile la fluida impronta classicista del pittore. Si vedano per esempio le opere provenienti dal distrutto palazzo Carpegna, commissionategli con ogni probabilità dall'allora proprietario, il marchese Cesare Baldinotti, poi riportate su tela e collocate nella galleria dell'Eroe a palazzo Madama (Apoteosi di Cesare, Cesare brucia le lettere di Pompeo, Cesare e Cleopatra, Cesare davanti alla statua di Alessandro e La fuga di Cesare).
Per i Rospigliosi il G. fu anche progettista e decoratore di arredi e di oggetti d'uso: suoi sono per esempio lo specchio dipinto con Venere e amorini (già collezione Sacchetti: Negro, 1999, p. 91), la spinetta con scene mitologiche e amorini (collezione privata milanese: ibid., p. 93), nonché il clavicordo presso il Metropolitan Museum di New York, di cui un modello in terracotta si conserva presso il Museo di Palazzo Venezia.
Ideò vari monumenti, per esempio il cenotafio per Agostino Favoriti (Roma, S. Maria Maggiore), ed eseguì un primo progetto per quello di Cristina di Svezia in S. Pietro e uno per Gian Lorenzo Bernini (Fischer Pace, 1989).
Il G. morì il 26 giugno 1697 a Zagarolo, presso Roma, feudo dei Rospigliosi.
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