FIESCHI, Ludovico
Nacque intorno alla metà del sec. XIV da Niccolò, signore di Torriglia, della nobile famiglia dei conti di Lavagna. La sua ascesa nella gerarchia ecclesiastica è strettamente connessa con le vicende di Urbano VI (Bartolomeo Prignano), eletto papa a Roma l'8 apr. 1378.
Poiché i cardinali avevano abbandonato Roma poco dopo l'elezione di Urbano VI, questi creò un nuovo Collegio cardinalizio, del quale chiamò a far parte uno zio del F., Giovanni Fieschi, vescovo di Vercelli. Il F., che allora era protonotaro apostolico, gli succederà in questa sede, passata nel frattempo all'obbedienza avignonese, mentre un altro suo parente, Giacomo Fieschi, fu nominato (1381 c.) arcivescovo di Genova. Urbano VI intendeva così prevenire un eventuale passaggio di questi prelati, esponenti di una famiglia tradizionalmente legata alla Curia romana, dalla parte dell'antipapa Clemente VII, eletto dai cardinali ribelli il 20 sett. 1378 a Fondi. Nella stessa politica rientrava l'elevazione del F. a cardinale nel dicembre 1384, dopo la morte di Giovanni Fieschi.
La nomina era però determinata anche da altri e più urgenti motivi. Urbano VI si trovava allora a Nocera nei pressi di Napoli, impegnato nella lotta con Carlo III d'Angiò Durazzo ed aveva bisogno di aiuti dall'esterno. La richiesta di soccorso, inviata tra gli altri al F. e a Giacomo Fieschi, partì il 3 apr. 1385, e nel settembre Urbano VI riuscì a rifugiarsi a Genova su navi genovesi. A Genova quindi si costituì - dopo un aspro conflitto tra il papa e i suoi cardinali (cinque di essi pagarono con la vita) - la nuova Curia "romana". Il F., pur conservando il vescovato di Vercelli, ricevette il titolo di S. Adriano, titolo che era stato già del suo antenato, papa Adriano V, durante il suo cardinalato.
Alla fine del 1386 il F. fu a Lucca al seguito del pontefice e nel 1388 ricoprì l'ufficio di vicario in temporalibus a Todi. Dopo la morte di Urbano VI, avvenuta il 15 ott. 1389 a Roma, prese parte al conclave nel quale fu eletto un altro napoletano, Perrino Tomacelli, che prese il nome di Bonifacio IX. Durante il pontificato di questo, che durò fino al 1404, fu spesso assente dalla Curia, e dal 1395 in poi perfino per vari anni.
Intervenne personalmente nelle lotte di fazione genovesi con l'obiettivo di creare uno Stato cuscinetto per la sua famiglia nella Liguria centrale. A Genova la politica del doge Antoniotto Adorno era favorevole all'espansione francese in Italia promossa dal duca Ludovico d'Orléans e favorita da Firenze in funzione antimilanese, ma contrastata dalla Curia romana che temeva una conseguente espansione dell'obbedienza avignonese. Alla fine di settembre 1396 Firenze concluse un'alleanza con la Francia; il 6 ottobre l'Adorno e il F., quale "singularis protector" dei guelfi genovesi, si incontrarono e si accordarono per offrire a re Carlo VI di Francia la signoria genovese. Il cambiamento politico avvenne il mese successivo e l'Adorno divenne il primo governatore francese. L'11 febbr. 1397 il F. conferì a due rappresentanti l'incafico di trattare un armistizio tra i guelfi e il Comune, che fu concluso il 12 febbraio e da lui ratificato dopo sei giorni.
Bonifacio IX non ostacolò il passaggio del Comune sotto il dominio francese, e la Chiesa di Genova rimase fedele all'obbedienza romana. Dopo la morte dell'arcidiacono Giacomo Fieschi nel 1400, il F. non contrastò la nomina pontificia del giovane Pileo De Marini, che a Roma aveva fatto parte del suo entourage, in opposizione al candidato del capitolo del duomo. l'arcidiacono Domenico Fieschi. Nel 1402 il F. appoggiò presso il papa, insieme con A. Acciaiuoli e F. Carbone, l'elevazione di Baldassarre Cossa a cardinale. A quest'epoca il F. era vicario generale di Campagna e Marittima (dal 1º ott. 1400 era anche governatore di Fondi), dove sin dalla fine del 1398 aveva condotto per il papa una fortunata campagna militare contro Onorato Caetani.
Questo stretto legame con il Papato romano si spezzò nel corso del 1404: non potevano, infatti, rimanere senza conseguenze la nuova situazione politica di Genova e le pressioni esercitate dal governatore francese Jean Le Meingre, detto il Boucicaut. In occasione di un nuovo soggiorno del F. in città, nell'estate del 1404, venne preparato il passaggio del cardinale e della Chiesa genovese all'obbedienza avignonese. A questo scopo il 9 agosto il F. si incontrò con il Boucicaut e Battista Lomellino a Quinto; il 12 settembre il successore di Clemente VII, Benedetto XIII, accettò le modalità del passaggio. Il cambiamento di obbedienza del F. fu reso noto il 18 ottobre seguente e una settimana più tardi anche Genova riconosceva ufficialmente il papa avignonese. Il 17 nov. 1404 Benedetto XIII confermò al F. i benefici detenuti e il 26 novembre anche l'amministrazione di Vercelli.
Nel frattempo, il 1º ottobre, a Roma era morto Bonifacio IX, ed era stato eletto, senza la partecipazione del F., il suo successore Innocenzo VII. In un documento pontificio datato 18 dic. 1404 il F. è ancora indicato come "dilectus filius noster s. Adriani cardinalis". Ma nell'anno successivo la Curia romana dovette venire a conoscenza del cambiamento d'obbedienza del Fieschi.
Nel corso del suo viaggio in Italia Benedetto XIII fece sosta a Savona all'inizio di maggio 1405. Qui l'11 maggio lo raggiunse il F., l'ultimo dei cardinali a lasciare l'obbedienza romana. L'incontro precedette di pochi giorni uno degli avvenimenti più spettacolari del periodo, l'entrata di Benedetto XIII a Genova il 16 maggio. Si trattava del primo soggiorno di un papa avignonese in una grande città italiana, da quando Clemente VII nel 1379 aveva dovuto abbandonare Napoli. Il F., che in quell'occasione si trovava al fianco del papa, era stato uno dei principali artefici del successo. In vista di una ripresa del progetto, spesso discusso ad Avignone, ma sempre rimandato, di riconquistare Roma, le capacità militari del F. dovevano essere particolarmente apprezzate da Benedetto XIII.
La situazione si presentava infatti favorevole. Innocenzo VII si era dovuto rifugiare a Viterbo in seguito ad una rivolta, re Ladislao di Napoli era impegnato da difficoltà interne e Firenze non dimostrava alcuna remora ad entrare in contatto con la scismatica Genova per realizzare le sue mire su Pisa. "Estis huius summe victorie particeps" scrisse la Signoria fiorentina al F., qualificato come benefattore della Repubblica in una lettera del 4 sett. 1405, relativa alla conquista della cittadella pisana da parte delle truppe fiorentine. Ma il partito avignonese non riusci a sfruttare questa situazione favorevole. L'appoggio francese non si realizzò, mentre a Genova la peste mieteva le sue vittime anche in Curia. Invece di iniziare il viaggio verso Roma, il papa e i suoi cardinali cercarono rifugio dall'epidemia prima a Savona e poi in altre località della costa (Nizza, Monaco, Marsiglia). Ma anche altri pericoli minacciavano la vita del Fieschi. Grazie a un suo nipote, nell'ottobre 1405 fu scoperta una congiura contro il papa, il quale, come il F. stesso, doveva essere assassinato con pratiche di magia nera.
Benedetto XIII ricompensò il F. assegnandogli il vescovato di Carpentras (Innocenzo VII nel marzo 1406 lo aveva nominato successore a Vercelli) e una rendita di 15.000 fiorini, somma dieci volte superiore alle entrate del nuovo vescovato. Il F. rimase a fianco di Benedetto XIII anche dopo il fallimento degli accordi, da lui sottoscritti, di Marsiglia del 21 apr. 1407, che prevedevano un incontro di Benedetto XIII con il successore di Innocenzo VII, Gregorio XII, incontro che non si realizzò. Non fece parte neanche di quel gruppo di cardinali, sia avignonesi sia romani. che nel maggio del 1408 decisero di por fine allo scisma con il ricorso ad un concilio. Il papa si dimostrò riconoscente della fedeltà del F., nominando al posto del De Marini, che si era schierato con i cardinali fautori del concilio, Giovanni da Godiasco, fidato del F., amministratore apostolico della Chiesa genovese. Nella seconda metà del 1408 il F. accompagnò Benedetto XIII al concilio di Perpignano; vi si trovava ancora a metà maggio 1409, quando già si era aperto a Pisa il concilio dei cardinali dissidenti.
Tuttavia, cominciava a diventare problematico per lui restare alla Curia del papa avignonese. La Francia, protettrice di Genova, era a favore del concilio e nella stessa Genova aumentavano i fautori di questo. Il 27 luglio il F. fu convocato dal concilio e due settimane più tardi il papa eletto a Pisa, Alessandro V, restituì al De Marini l'arcivescovato di Genova. Infine, in settembre, venne rovesciato a Genova il governo francese sostenuto dai Fieschi. In questa situazione il F. era sempre più sollecitato a lasciare Benedetto XIII e ad avvicinarsi ad Alessandro V. La citazione del concilio, d'altra parte, gli concedeva due mesi per prendere una decisione, assicurandogli la conferma dei benefici e del cardinalato. Evidentemente il F. ottemperò entro i termini previsti, poiché all'inizio di ottobre Alessandro V gli confermò il vescovato di Carpentras e lo nominò, il 10 ottobre, vicario generale a Forlì, mentre Benedetto XIII lo spogliò dei titoli e dei benefici. Si consumò così il secondo cambiamento di obbedienza del F., che ancora una volta si adattò alla politica francese.
Non era possibile, tuttavia, restaurare la signoria francese a Genova come auspicato dal F., che nel novembre mandò al Boucicaut in Piemonte e alla corte di Parigi il suo segretario Giovanni del Pozzo per chiedere aiuto, mentre cercava di difendere i possedimenti del Fieschi nella Riviera di Levante. Per sfuggire alla reazione contro la Francia e i Fieschi ad essa collegati, il F. infine lasciò Recco e si recò a Bologna, dove si era stabilita la Curia della terza obbedienza, quella uscita dal concilio di Pisa. Morto nel 1410 Alessandro V e succedutogli Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa), il F. accompagnò il nuovo papa a Roma e nel 1412 Vi partecipò al concilio. In seguito alla rinuncia del F., Giovanni XXIII assegnò il vescovato di Vercelli a suo nipote Ibleto.
Nello stesso 1412 i Bolognesi cacciarono il cardinale Corrado Caracciolo e per restaurare il governo pontificio nella città Giovanni XXIII vi mandò come nuovo legato il F., affidandosi alle sue sperimentate capacità militari. Il 30 ottobre il F. giunse a Bologna e in breve vi ristabilì e rafforzò la signoria della Chiesa. Nell'aprile 1413 furono giustiziati i membri della famiglia Guidotti, colpevoli della sommossa. Così Giovanni XXIII, cacciato da Roma, poté ancora una volta trovare rifugio a Bologna.
Alla fine del 1414 il F. accompagnò Giovanni XXIII al concilio riunitosi a Costanza e lo seguì anche quando Giovanni, all'inizio del 1415, abbandonò l'assemblea prima di essere sottoposto a giudizio. Dopo il processo contro Giovanni XXIII, e la sua deposizione (maggio 1415), il F. ritornò a Costanza, dove prese parte ai lavori del concilio e, nel novembre del 1417, anche all'elezione di Martino V. Nel maggio 1418 si recò da Costanza a Carpentras. Nell'ottobre dell'anno seguente raggiunse la Curia pontificia a Firenze dopo un soggiorno a Genova.
Subito dopo l'arrivo a Roma Martino V affidò al F. un altro incarico per il quale erano qualificanti le sue capacità militari. A Ladislao d'Angiò Durazzo, morto nel 1414, era successa a Napoli la sorella Giovanna, la quale, senza figli, nel novembre 1418 aveva adottato Alfonso V d'Aragona. Ma anche Luigi III d'Angiò, sostenuto dal papa, avanzava pretese sul trono di Napoli. Di fronte alla possibilità che l'alleanza della regina con il condottiero Braccio da Montone rafforzasse il partito aragonese, Martino V inviò il F. a Napoli nell'ottobre 1420. Questi condusse però una politica apertamente filoangioina e antiaragonese, tanto che Alfonso sollecitò il papa a richiamarlo. Il 14 marzo 1421 il F. rientrò a Roma; in ottobre fu concluso, con la mediazione fiorentina, un accordo per la questione napoletana.
Morì il 3 apr. 1423 a Roma, e fu sepolto nella cattedrale di Genova. Fu uno dei pochissimi cardinali ad aver conosciuto il primo e l'ultimo papa dello scisma d'Occidente.
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