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DELLI MONTI, Ludovico

di Joachim Göbbels - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)
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DELLI MONTI, Ludovico

Joachim Göbbels

Giunto nell'Italia meridionale nel 1266 al seguito di Carlo I d'Angiò, era di origine francese, ma non si conoscono il luogo di provenienza né l'anno di nascita. La sua caFriera nell'amministrazione angioina cominciò nel 1269: nel febbraio di quell'anno il re affidò a lui, al giudice Aleramo e al notaio Niccolò di Nocera le indagini per individuare gli abitanti della città di Monopoli che avevano aderito alla rivolta scoppiata in tutta l'Italia meridionale all'avvicinarsi di Corradino di Svevia.

Il D. svolse con grande scrupolo l'incarico che peraltro non lo occupò a lungo.: già nel maggio del 1269, infatti, in qualità di magister passuum, era a capo delle truppe che sorvegliavano i confini settentrionali del Regno. All'inizio, era responsabile dell'intera linea di confine, ma ben presto, nello stesso anno 1269, la sua competenza fu limitata alla provincia di Terra di Lavoro. Rimase in carica fino al luglio del 1271.

Oltre a svolgere i compiti di routine, alla fine del 1269 fu incaricato di espellere dal castello di Ceprano il ghibellino Annibaldo da Ceccano e di consegnare il cpLstello, che era alle dirette dipendenze della S. Sede, a un vicario nominato dal cardinal diacono Gottifredo di Alatri. Nel periodo in cui fu magister passuum ottenne due importanti cariche onorarie: nel 1270 il re lo chiamò a corte in qualità di cavaliere e lo nominò suo familiare, il 25 marzo 1271 lo accolse tra i suoi familiari anche la principessa di Salerno, Maria d'Ungheria, moglie dell'erede al tronol che gli concesse una rendita annua di 20 once. Presumibilmente il D. aveva fatto parte della delegazione che l'anno precedente aveva accolto la principessa ungherese al suo arrivo in Puglia.

Nel febbraio del 1272il D. venne nominato stratigoto di Messina. Durante gli oltre sette anni che rimase in carica non svolse compiti di particolare rilievo. Nel febbraio del 1273ricevette l'ordine di immagazzinare nella sua città i residuati di guerra (tende, armi e macchine belliche) della crociata di Tunisi (1270). Come risulta dai registri della Cancelleria angioina vendette inoltre il patrimonio del ribelle Orlando d'Amico e consegnò il ricavato alla corte. Nell'anno di indizione 1272-73dovette rispondere di un ammanco di 20once davanti ai maestri razionali che avevano contestato il suo resoconto per il periodo in cui era stato magister passuum.

Il 6 giugno 1279il D. fu nominato giustiziere della Terra d'Otranto.

Questa nomina costituiva una prova di fiducia da parte del re e per il D. un'iridubbia promozione. L'incarico di controllare una provincia costiera della Puglia aveva acquistato in quel periodo particolare importanza, dato che era entrato in una fase decisiva il progetto di conquista dell'Impero bizantino e che nella Terra d'Otranto si trovava il più grande e importante porto di guerra della Puglia, Brindisi. Il predecessore del D. era stato Simon de Beauvoir, poi promosso viceammiraglio nel territorio posto tra il fiume Tronto e Crotone, il quale sovrintendeva all'armamento della flotta della costa orientale e svolgeva un ruolo fondamentale nei preparativi della guerra contro Bisanzio.

Il D. fu istruito dal predecessore sui compiti del suo ufficio e ricevette inoltre direttive dalla Corona riguardo ai lavori in corso nel castello e nel porto di Brindisi e in quello di Villanova, più a settentrione. Il progetto, la realizzazione e la direzione erano stati in questo caso affidati all'amministrazione regia e non, come d'abitudine, ad imprenditori privati. Pertanto, quando la mancanza di legname a Brindisi fece rallentare i lavori, il D. in persona dovette interessarsi per far rifornire i cantieri del materiale occorrente.

Uno dei primi ordini impartitigli dal re fu quello di inviare in Acaia due maestri della Zecca. Il buon esito della missione era fondamentale per risolvere un problema impellente: le truppe angioine nel Peloponneso erano rimaste già da tempo senza paga e dovevano essere retribuite con monete coniate a Clarissa. Il D. partecipò attivamente anche ai preparativi della spedizione che alla fine dei settembre 1279, al comando di Hugo le Rosseau de Sully, salpò per l'Albania per poi proseguire lungo la via Egnazia verso Costantinopoli. Si occupò del finanziamento dell'impresa e dovette inoltre provvedere cento asini per il trasporto dell'equipaggiamento. Mentre era in carica, il D. riuscì anche a catturare tre navi con un carico di armi destinate a Bisanzio.

Già il 4 febbr. 1280però il D. fu sostituito, probabilmente perché si era resa necessaria la sua presenza a corte. All'inizio dell'anno 1281 infatti venne nominato vicemaestro giustiziere. Poiché la carica di maestro giustiziere era vacante dal 1269, il D. venne di fatto promosso nella cerchia degli ufficiali della Magna Curia. Quando poi nel marzo del 1281Carlo d'Angiò si recò ad Orvieto per concordare con Martino IV e con una legazione veneziana le modalità i. dell'impresa contro Bisanzio, nominò il D., per il periodo della sua assenza, "capitaneus a Faro citra usque ad confinia terrarum Sancte Romane Ecclesie". Era consuetudine nominare un capitano "a Faro citra" durante le assenze del re dal Regno, per garantire l'amministrazione ordinaria, mentre le decisioni più importanti venivano demandate al re personalmente o rinviate al suo rientro nel Regno. Quando il re, nel febbraio del 1282, tornò a Napoli, il D. decadde dall'incarico.

Il 30 marzo 1282Palermo si sollevò contro il dominio angioino. L'insurrezione, detta dei Vespri siciliani, ben presto dilagò in tutta la Sicilia e fece fallire la progettata spedizione contro la Grecia, perché tutte le forze radunate per combattere contro Michele VIII Paleologo dovettero essere utilizzate contro i ribelli. Il re stesso prese il comando dell'impresa e già nel maggio nominò nuovamente il D., nonostante egli non fosse ancora partito, capitano "a Faro citra" . L'incarico assumeva ora ben altra importanza. All'inizio, insieme con i più stretti collaboratori del re, il D. partecipò ai preparativi della spedizione contro la Sicilia, con a disposizione cinquanta cavalieri mercenari armati di tutto punto, ma quando il re, il 12 giugno, lasciò Napoli per recarsi nel campo di Catona, il D. rimase a Napoli.

Nonostante che il suo incarico non subisse modifiche rispetto all'anno precedente, le sue competenze in campo militare furono successivamente ampliate con singole disposizoni. Fin dall'inizio egli fu responsabile del rifornimento di personale, di materiali e di denaro. I contingenti di truppe appena arrivate a Napoli dovevano presentarsi davanti a lui che provvedeva a mobilitarli. Provvedeva ad arruolare i mercenari e sovrintendeva all'arsenale di Napoli. Quando, nell'agosto, l'esercito angioino dovette essere nuovamente rifornito di materiale bellico, il D. si occupò della regolare consegna delle armi tramite il castellano di Castel dell'Ovo. Immediatamente dopo il fallito assedio di Messina il re gli mandò un rapporto: pur nascondendo le reali circostanze della ritirata, Carlo 1 vi lasciava trasparire la preoccupazione che i resoconti dei testimoni oculari dell'ingloriosa ritirata potessero provocare agitazioni a Napoli o altrove.

A causa della difficile situazione creatasi durante la guerra, in cui non era da escludere un ammutinamento delle truppe nell'Italia meridionale, era estremamente importante pagare puntualmente i soldati. Carlo affidò al D. l'organizzazione del trasporto di somme ingenti: nell'agosto fece trasferire 16.000 once per l'esercito a Messina; nell'ottobre il re ne chiese altre 16.000 e alla fine di novembre il D. dovette inviare ancora 8.000 once per pagare le truppe. Dal luglio 1282 divenne in parte responsabile del pagamento delle guarnigioni dei castelli; solo dietro sua autorizzazione i tesorieri reali dovevano consegnare al provisor castrorum di Capitanata e Basilicata i soldi per pagare le truppe. Nell'agosto e nel settembre del 1282 vennero emanate disposizioni analoghe relative alle guarnigioni dei tre castelli napoletani. A partire dal 16 novembre, infine, tutti i pagamenti ai cinque provisores dei castelli del continente dovevano essere approvati dal capitano "a Faro citra". Le sue competenze non si limitavano però agli aspetti finanziari dell'organizzazione dei castelli. Quando, nel tardo autunno 1282, al re giunse notizia che in Abruzzo si profilava un'insurrezione cui avrebbero aderito anche alcuni castellani, egli ordinò al D. di svolgere indagini e, all'occorrenza, di procedere militarmente contro gli insorti. Nel dicembre del 1282, infine, il re gli ingiunse di controllare nel modo più scrupoloso possibile che i castelli napoletani fossero forniti di derrate alimentari. Alla fine del 1282 il capitano "a Faro citra" aveva assunto quindi all'interno dell'organizzazione dei castelli una posizione che prima spettava solo al magister balistariorum: egli decideva sulle questioni finanziarie e controllava la munitio dei castelli. Era inoltre autorizzato a impartire ordini ai provisores castrorum.

Dall'agosto del 1282 il D., nella qualità di capitano, ebbe potere decisionale anche nell'organizzazione della marina. Il 28 ott. 1282 il re gli affidò inoltre la carica, creata dopo i Vespri, di capitano della flotta dei Principato e della Terra di Lavoro. Rientrava nelle sue nuove competenze l'immediato armamento di tutte le teridi reali e baronali del territorio in vista della progettata riconquista dell'isola di Sicilia. La funzione del capitano territoriale di Principato e Terra di Lavoro aveva acquistato particolare importanza dal momento che, dopo la sollevazione della Sicilia, il centro dell'attenzione si era spostato dall'Adriatico alla costa tirrenica. All'inizio del 1283 Carlo d'Angiò, prima di partire per Bordeaux per il duello con Pietro d'Aragona, nominò suo figlio Carlo di Salerno, il 12 gennaio, vicario generale del Regno; anche durante la reggenza dell'erede al trono, il D. mantenne le sue cariche acquistando a mano a mano una posizione sempre più influente.

Il 19 marzo Carlo di Salerno gli ordinò di farsi consegnare dai tesorieri di Napoli 30.000 once e di curarne il trasporto nella piana di San Martino, dove in quei giorni egli aveva convocato un Parlamento, ma il D. poté mandargli solo 8.000 once: la guerra aveva già vuotato in buona parte le casse. A Napoli il capitano continuava a controllare la produzione di armi nel castello di Capuano; nel luglio del 1283 vi raccolse nuovi contingenti di mercenari. e li avviò alla volta della Calabria. Oltre ad assistere sul piano organizzativo le truppe coinvolte nella guerra contro la Sicilia, si occupo delle unità poste al comando dei magister passuum della Terra di Lavoro e del distaccamento rinforzato che il giustiziere degli Abruzzi trattenne presso di sé a protezione della sua provincia. Anche durante la reggenza di Carlo di Salerno il capitano doveva provvedere al pagamento delle guarnigioni dei castelli. Come già avveniva prima, i provisores castrorum dovevano recarsi a Napoli per ricevere da lui il denaro.

La sua attività principale riguardava però la flotta. Nel tratto di costa affidato alla sua sorveglianza, presiedeva e coordinava l'armamento delle navi; il secretus della regione e i castellani napoletani di Castel Capuano e Castel dell'Ovo dovettero consegnargli tutte le armi che avevano in custodia perché egli potesse preparare la grande campagna navale progettata per la primavera del 1284. Fu però subito chiaro che le infrastrutture della marina sulla costa occidentale erano inadeguate. Dato che in precedenza l'attenzione veniva rivolta contro la Grecia, erano stati rafforzati e ampliati soprattutto gli impianti portuali e cantieristici della Puglia. Perciò nel maggio del 1282 trenta teridi che si trovavano negli arsenali di Brindisi furono equipaggiate per il combattimento non con personale pugliese, ma con personale proveniente dalla provincia di Principato e di Terra di Lavoro. Dietro ordine dell'erede al trono il D. aveva reclutato nella sua regione il personale delle navi, dagli ufficiali e i prothontini fino alla ciurma, e li aveva mandati in Puglia. Anche in Puglia essi rimasero sottoposti al suo comando. Ma il 26 nov. 1283 fu ristrutturato il comando della flotta e in questo contesto al D. fu tolta ogni responsabilità in questo settore, mentre rimaneva sottoposta a lui l'organizzazione bellica terrestre. L'alto stipendio a lui pagato in quel periodo testimonia quale posizione importante egli avesse raggiunto: come vicemaestro giustiziere ricevette 24 once per tre mesi; come capitano a "Faro citra" in un primo momento 100 e poi, per la durata della guerra, 200 once l'anno.

Il 5 giugno 1284 ebbe luogo la fatale battaglia navale nel golfo di Napoli nella quale Carlo di Salerno cadde prigioniero degli Aragonesi. Tre giorni dopo il re, rientrato nel porto di Napoli a bordo di una galera provenzale, iniziava i preparativi per un contrattacco. Le fonti non riferiscono nulla sul ruolo svolto dal D. in questo frangente, ma si può supporre che egli abbia collaborato con il re durante il febbrile armamento della flotta. Il 21 giugno 1284, tre giorni prima di mettersi in marcia verso il Sud alla testa delle sue truppe, il re lo confermò nella carica di capitano "a Faro citra". Da Napoli il D. organizzò di nuovo il pagamento dell'esercito e prese in consegna i contingenti appena giunti dalla Francia. Inoltre il re gli affidò l'inchiesta sugli atti di ribellione avvenuti nelle città sul golfo di Napoli dopo la sconfitta del 5 giugno.

Il D. mantenne la carica di capitano fino alla morte del re, avvenuta il 7 genn. 1285. Dopo questa data le fonti non lo menzionano più in questo incarico, ma bisogna tenere presente che gli anni seguenti sono meno documentati di quelli precendenti. Il 20 ag. 1285 comunque il reggente Roberto d'Artois lo nominò maestro giustiziere, accogliendolo così nella cerchia degli ufficiali della Magna Curia. Al suo ritorno dalla prigionia aragonese Carlo Il revocò questa nomina e il 12 sett. 1289 conferì l'ufficio a Eudes de Toucy. Ma quando, il 23 giugno 1292, ricompensò il D., assegnandogli la carica di giustiziere della Terra. di Lavoro e della contea del Molise, mostrò di apprezzare i numerosi servizi da lui prestati negli anni precedenti.

Il 29 maggio 1293 il D. fu sostituito, ma ricevette ancora altri incarichi che egli, ormai vecchio, esercitò ogni volta però solo per breve tempo. Fu così vicario del principe di Salerno nell'Onore di Monte Sant'Angelo, poi stratigoto di Salerno e infine, il 30 maggio 1294, venne nominato capitano di Napoli. Non poté godere a lungo della rendita annuale di 60 once che il re il 10 maggio gli aveva assegnato come vitalizio, perché mori già nell'agosto del 1294.

Il D. era titolare dei feudi di Umbriatico Altavilla di Principato, Pozzuoli, Briatico, Persano e Agropoli. Si sposò due volte: la prima, nel 1284, con Altruda di Apolida, vedova del maresciallo Philippe de Lagonesse, quando il D. era già in età matura e all'acrne della sua carriera. Non si sa quando Altruda morì; dall'unione comunque non erano nati figli. Dal secondo matrimonio con Giacoma Giovanna Dell'Aquila nacquero invece due figlie, Clemenza e Caterina.

Fonti e Bibl.: Bartholomaci de Neocastro Historia Sicula, in Rer. Ital. Script, 2 ediz., XIII, 3, a cura di G. Paladino, ad Indicem; Syllabus membranarum ad regiae Siclae archivum pertinentium, I, Neapolis 1824, pp. 167, 181-85, 188 ss., 202, 204-15, 217, 220, 226, 250, 251, 271; C. Minieri Riccio, Saggio di codice diplom. formato sulle antiche scritture dell'Arch. di Stato di Napoli, I, Napoli 1878, ad Indicem; G. Del Giudice, Codice diplom. del regno di Carlo I e II d'Angiò, I, Napoli 1863, p. 222; III, ibid. 1902, pp. 152 s.; Acta et diplomata res Albaniae mediae aetatis illustrantia, I, a cura di L. de Thalloczy-C. Jireček-E. de Sufflay, Vindobonae 1913, p. I 15; A. de Boüard, Documents en français des archives angevines de Naples, I-II, Paris 1933-35, ad Indices; Codice diplom. Salernitano del sec. XIII, a cura di C. Carucci, II, La guerra del Vespro nelle frontiere del Principato, Subiaco 1934 ad Ind.; III, Salerno dal 1282 al 1300, ibid. 1946, ad Ind.; Gli atti perduti dellaCancell. angioina transuntati da Carlo de Lellis, I, Il regno di Carlo I, a cura di B. Mazzoleni, 1e 2, in Regesta chartarum Italiae, XXV e XXXI, Roma 1939-1943, ad Indicem; I registri della Cancell. angioina ricostruiti da R. Filangieri, II, V-XIII, XV, XX-XXVIII, XXX, Napoli 1950 ss., ad Indices; Documenti delle relaz. tra Carlo I d'Angiò e la Toscana, a cura di S. Terlizzi, Firenze 1950, ad Indicem; S. Ammirato, Famiglie nobili napol., II, 2, Napoli 1580, p. 175; N. Toppi, De origine tribunalium, I, Neapoli 1655, p. 89; C. Minieri Riccio, Cenni stor. intorno i grandi uffiziidel Regno di Sicilia, Napoli 1872, pp. 108-14; Id., Diario angioino dal 4 genn. 1284 al 7 genn. 1285 formato su' registri angioni del Grande Archivio di Napoli, Napoli 1873, pp. 40, 43; Id., Mem. della guerra di Sicilia negli anni 1282, 1283, 1284 tratte da' registri angioini dell'Archivio di Stato di Napoli, in Arch. stor. per le prov. nap., I (1876), pp. 89, 91 s., 94, 100, 102 s., 277, 283, 286, 516, 519; Id., Nuovi studi riguardanti la dominazione angioina nel Regno di Sicilia, Palermo 1876, p. 6; Id., Il regno di Carlo I d'Angiò dal 2 genn. 1273 al 31 dic. 1283, in Arch. stor. it., s. 4, I (1876), p. 441; II (1877), p. 203; IV (1879), pp. 6, 12 ss., 179, 181, 349-359; V (1880), pp. 178, 182 s., 185; B. Candida Goniaga, Mem. delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, VI, Napoli 1882, p. 118;N. Barone, La ratio thesaurariorum della Cancelleria angioina, in Arch. stor. per le prov. nap., X (1885), pp. 662 s; XI (1886), pp. 5, 7 s.; P. Ridola, Federico d'Antiochia e i suoi discendenti, ibid., XI (1886), p. 250; P. Durrieu, Les archives angevines de Naples, II, Paris 1887, pp. 193, 196, 209, 351; L. Cadier, Essai sur l'administration du Royaume de Sicile sous Charles Jer et Charles II dAnjou, Paris 1891, p. 278; A. de Boúard, Le règime polit. et les institutions de Rome au Moyen Age, Paris 1920, pp. 50, 245;E. Sthamer, Dokumente zur Gesch. der Kastellbauten Kaiser Friedrichs II. und Karls I. von Anjou, II, Leipzig 1926, pp. 116 s., 125, 136; Id., Original und Register in der sizilischen Verwaltung Karls I. von Anjou, in Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften, phil.-hist. KI., Berlin 1929, p. 80; W. Cohn, Storia della flotta sicil. sotto il governo di Carlo I d'Angiò, in Arch. stor. per la Sicilia oriental., XXIX (1933), pp. 193, 200, 205, 208 s., 211; G. M. Monti, Nuovi studi angioini, Trani 1937, p. 599;E. Sthamer, Der Sturz der Familien Rufolo und Bella Marra nach der sizilischen Vesper, Berlin 1937, pp. 35, 53; Id., Das Amtsbuch des sizilischen Rechnungshofes, a cura di W. E. Heupel, Burg 1942, pp. 144 s.; M. Amari, La guerra del Vespro sicil., a cura di F. Giunta, I, Palermo 1969, ad Indicem; H. Schadek, Die Famdiaren der sizilischen und aragonesischen Könige im 12. and 13 Jahrhundert, in Gesammelte Aufsätze zur Kulturgeschichte Spaniens, XXVI (1971), p. 334; P. Hofirde, Karl I. von Anjou, Stungart-Berlin-Köln-Mainz 1979, ad Indicem; J. Góbbels, Das Militärwesen im Kömgreich Sizilien zur Zeit Karls I. von Anjou (1265-1285), Stuttgart 1984, ad Indicem.

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