CARRACCI, Ludovico
Figlio di Vincenzo, macellaio di origine cremonese, nacque a Bologna nel 1555 (fu battezzato il 21 aprile). Studiò con Prospero Fontana, e probabilmente con Camillo Procaccini, tra il 1570 e il 1580; nel 1578 fu accettato nella compagnia dei pittori a Bologna. è probabile che attorno al 1575 abbia lasciato per qualche tempo la sua città per viaggiare e studiare. Stando al Malvasia, questo "studioso corso" (Felsina…, I, p. 268) lo condusse a Firenze, Parma, Mantova, Venezia. A Firenze avrebbe lavorato con il Passignano; e a Venezia avrebbe incontrato il Tintoretto, che non valutò granché le sue capacità artistiche.
Nulla sappiamo dell'attività del C. prima del 1583 circa, quando, in collaborazione con i suoi cugini Agostino e Annibale, cominciò a lavorare ai fregi ad affresco nelle stanze del palmo Fava a Bologna. La prima opera datata del C. è la Madonna Bargellini del 1588 (Bologna, Pinacoteca nazionale). Altre opere importanti del suo periodo giovanile sono: l'Annunciazione (1585 circa: Bologna, Pinacoteca nazionale); la Visione di s. Antonio (1586 circa: Amsterdam, Rijksmuseum); l'Assunzione della Vergine (1587 circa: Raleigh, North Carolina Museum of Art); la Conversione di s.Paolo (1587-89: Bologna, Pinacoteca nazionale).
Secondo il Malvasia, il C. fu il primo a rendersi conto della pochezza del manierismo contemporaneo e guidò i suoi cugini nei loro tentativi di far rivivere il naturalismo "lombardo"; ma questa tesi non trova sostegno nelle opere giovanili di lui. La sua Annunciazione, legata in massima parte alla tradizione locale, appare alquanto ritardataria a confronto delle contemporanee opere di Annibale, ed è quasi certo che fu piuttosto questo ultimo a suggerire idee nuove al cugino più anziano. Nei dipinti successivi il C. mostra un interesse sempre crescente per effetti drammatici e per chiari, vigorosi schemi compositivi. Nella Madonna Bargellini si avvertono influssi sia di Tiziano sia del Correggio. Alcune di queste prime opere rivelano anche quella grande capacità inventiva nell'interpretare i temi religiosi che è caratteristica costante della pittura del Carracci. In effetti, egli fu senza dubbio, fra tutti i Carracci, il più originale nelle scelte iconografiche e nelle interpretazioni drammatiche.
All'inizio dell'ultimo decennio del secolo, il C. ebbe una rapida evoluzione verso uno stile protobarocco. Anche se la sua opera in palazzo Magnani a Bologna (circa 1589-90) dipende stilisticamente, in parte, da Pellegrino Tibaldi e contiene ancora reminiscenze manieriste, le grandi pale d'altare di questo periodo sono notevoli per libertà di tocco e di composizione: Madonna e Bambino con santi (1591: Cento, Museo civico); Predicazione del Battista (1592), Martirio di s. Orsola (1592), Madonna degli Scalzi (1593 circa: tutte nella Pinacoteca nazionale di Bologna). La rapidità della pennellata, i forti contrasti di luce e dei movimenti, la ricchezza del colore mostrano in queste opere profondi debiti nei confronti dell'arte veneziana, e in special modo del Tintoretto e del Veronese.
Quando Annibale e Agostino si allontanarono da Bologna (1594-95) il C. continuò a mandare avanti la bottega e l'Accademia degli Incamminati. Fatta eccezione per una breve visita a Roma nel 1602 (dal 31 maggio al 13 giugno, il periodo più lungo trascorso dal C. fuori di Bologna negli ultimi decenni di vita fu tra il 1605-06 e il 1609, quando eseguì degli affreschi per la cattedrale di Piacenza oltre a due vasti dipinti ad olio raffiguranti i Funerali della Vergine e Gliapostoli alla tomba della Vergine (ora nella Galleria nazionale di Parma). Dopo la partenza dei cugini, il C. non ebbe più rivali importanti fra i pittori della città, sicché la sua opera influì in maniera determinante sulla pittura dell'inizio del sec. XVII a Bologna e, più generalmente, in Emilia. Tuttavia, attorno al 1610 il suo influsso diretto a Bologna prese a diminuire. La sua bottega cominciò a essere meno frequentata dal momento che si affermarono nella città artisti più giovani, quali Guido Reni. Ciononostante, l'opera del C. continuò a essere molto richiesta fino alla sua morte avvenuta a Bologna il 13 nov. 1619: fu sepolto nella chiesa, ora distrutta, di S. Maria Maddalena di Galliera.
è difficile definire la produzione del C. dal 1595 circa sino al 1602, dato il carattere sperimentale del suo stile in questo periodo. In generale, sviluppò ulteriormente le premesse barocche del suo stile in dipinti stipati di grandi figure violentemente gesticolanti, ed esaltati da forti effetti chiaroscurali. Ne sono esempi la Trasfigurazione (circa 1595-97: Bologna, Pinacoteca nazionale); la Resurrezione di Cristo (circa 1597: Bologna, S. Cristina); S. Gerolamo (circa 1596-98: Bologna, S. Martino Maggiore); il Martirio di s. Orsola (1600: Imola, SS. Nicola e Domenico); Gliapostoli alla tomba della Vergine (1601: Bologna, Corpus Domini).
Una monumentalità nuova e una grandiosità classica, probabilmente dovute in gran parte alla visita a Roma del 1602, caratterizzano le opere del C. dal 1602 circa a circa il 1610. Le cose più importanti di questo periodo sono il ciclo di affreschi nel chiostro di S. Michele in Bosco a Bologna (1604-1605: eseguiti con la collaborazione dei suoi allievi, e ora per lo più deperiti), e le pitture per la cattedrale di Piacenza (dal 1605 al 1609).
Verso il 1610 lo stile del C. assunse un accento estremamente personale che sembra riflettere il suo senso via via più profondo di isolamento rispetto alla generazione più giovane. Nelle sue ultime opere riappaiono elementi manieristici e in alcune di esse la fantasia formale e iconografica produce un suggestivo lirismo, mentre altre sono bizzarre in modo sconcertante e quasi "espressionistiche". Si citano ad esempio: S. Raimondo di Pennaforte (circa 1608-circa 1610: Bologna, S. Domenico); Fuga in Egitto (circa 1610-circa 1612: Bologna, casa Tacconi); Crocifissione (1614: Ferrara, S. Francesca Romana); Martirio di s. Margherita (1616: Mantova, S. Maurizio); Paradiso (1616: Bologna, S. Paolo). L'ultimo dipinto del C. fu la Annunciazione a fresco nella cattedrale di Bologna (1618-1619). Il C. incise anche numerose stampe, ma la sua attività in questo campo fu assai limitata.
Fonti e Bibl.: Oltre alla bibl. alla voce Carracci in questo Dizionario si veda: C. C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), Bologna 1841, ad Indicem;Id., Il Claustro di S. Michele in Bosco di Bologna dipinto dal famoso L. C. …, Bologna 1694; G. Giordani, Notizie sopra alcuni dipinti di L.C., Bologna 1836; S. Muzzi, Notizie intorno al pittor maestro L.C., Bologna 1843; F. Malaguzzi Valeri, La chiesa e il convento di S. Michele in Bosco, Bologna 1895; Id., La giovinezza di L.C., in Cronache d'arte, I(1924), pp. 15-45; G. Copertini, Un bozzetto sconosciuto di L.C., ibid., II(1925), pp. 142-145; W. Friedlaender, Contr. alla cronologia e all'iconografia di L.C., ibid., III(1926), pp. 133-147; G. Nicodemi, Otto lettere di L. C. a Don Ferrante Carlo, in Aevum, IX(1935), pp. 305-313; O. Kurz, A forgotten Masterpiece by L.C., in The Burlington Magazine, LXX(1937), p. 81; M. L. Blumer, Un quadro di L.C. a Notre Dame di Parigi, in Riv. d'arte, XXI(1939), pp. 51-57; H. Bodmer, L.C., Burg bei Magd. 1939 (rec. di W. Friedlaender, in The Art Bulletin, XXIV [1942], pp. 190-195); R. E. Righi, L'Ercole di L.C. già nel pal. Grassi, in Strenna stor. bolognese, V(1955), pp. 103-109; M. Pinnell, L.C.'s Assumption of the Virgin, in North Carolina Museum of Art Bulletin, I(1957-58), 4-5, pp. 1-7; M. Bonzi, La Madonna del mappamondo di L. C., in Studies in the history of art dedicated to W. E. Suida, London 1959, p. 276; J. Martin, L.C.'s "St. Raymond of Pennaforte", in Record of the Art Museum, Princeton University XIX (1960), pp. 50-57; R. E. Righi, Il chiostro dei Carracci a S. Michele in Bosco, in Strenna stor. bolognese, XII(1962), pp. 165-201; A. Parronchi, "Modo della prospettiva" in L.C., in Paragone, XIII(1962), 153, pp. 67-70; G. Roversi, La chiesa e il convento di S. Bernardo, Bologna 1963, pp. 288, 292; D. Miller, A drawing by L. C. for his lost "Penitence of Saint Peter", in The Burl. Mag., CVI(1964), p. 374; M. Rosci, Un Ludovico ined. e l'iconogr. di s. Carlo, in Arte ant. e mod., 1965, nn. 31-32, pp. 335-338; A. Schnapper, Acquisitions… des musées de province, in L'information de l'histoire de l'art, X(1965), pp. 335-338; J. R. Judson, A study by L.C. for his Scalzi Madonna, in Master Drawings, V(1967), 4, pp. 387-389; J. M. Brown, AL. C. Drawing for the Palazzo Magnani, in The Burlington Magazine, CIX(1967), pp. 710-713; A. W. A. Boschloo, Preparatory studies for the Palazzo Magnani frescoes, ibid., CX(1968), pp. 220 s.; S. Zamboni, L.C.e F. Gessi: due dipinti inediti, in Antichità viva, VII(1968), I, pp. 3-10; G. Carpani, L.C. e il suo sepolcro, in Strenna storica bolognese, XX(1970), pp. 41-46; F. Arcangeli, in Natura ed espressione nell'arte bolognese-emiliana (catal.), Bologna 1970, pp. 181-223; L. Street, L.C.'s Assumption of the Virgin in Modena, in The Art Quarterly, XXXIII(1970), pp. 379-392; Id., Una Natività di L.C., in Arte illustrata, IV(1971), pp. 52-55; R. Roli, in S.Michele in Bosco, Bologna 1971, pp. 218-224; G. Fiori, Docc. biogr. di pittori piacentini, in Arch. stor. per le prov. parmensi, s. 4, XXIV (1972), p. 206 n. 63; The Burlington Magazine, CXIV(1972), 831 (opere sul mercato: tavv. XV, Sacra famiglia;XXXI, S. Sebastiano gettato nella Cloaca Massima;XXXIIIss., disegni); ibid., CXV (1973), 849, tav. XXV (disegno di Alessandro e Thais che incendiano Persepoli);N.Ruggeri, Note emiliane, in Boll. d. Musei ferraresi, 1973, n. 3, pp. 19 s., 29 fig. 12; A. Gonzalez Palacios, Un ritratto di L.C., in Arte illustrata, VII(1974), 57, pp. 10-17; U. Bazzotti, in Tesori nella terra dei Gonzaga (catal.), Milano 1974, p. 137; Art at auction. The year at Sotheby Parke Bernet, 1974-75, Westerham 1975, p. 28 (Alessandro e Rossane);M. L. Strocchi, Il gabinetto d'"opere in piccolo" del gran principe Ferdinando a Poggio a Cajano, in Paragone, XXVII(1976), 311, p. 90.