CANALE, Ludovico
Nacque sul finire del secolo XVI a Rieti, ove s'era trapiantato un ramo cadetto della nobile famiglia temana dei Canale, da Nevio di Taddeo e da Lucrezia Stefanucci di Todi;così almeno racconta il Colarieti, rievocatore non sempre preciso delle glorie reatine. Ultimati gli studi a Roma, preferì le armi alla tonaca: "placuit illi" - scrive il Naudé, autore di un convenzionale elogium del C. - "ad primum militiae suae tyrocinium, Pontificias naves condescendere", addestrandosi, per circa due anni, ad affrontare "maris irati contumeliam" e a disprezzare "saevientis Aeoli minas". Partì quindi, al seguito di Pietro Aldobrandini, "ad bellum Pragense", distinguendovisi per vigoria e coraggio e anche per una certa finezza di spirito che lo indusse a utilizzare lo scarso tempo libero nell'attenta lettura di opere, storiche e nell'apprendimento delle lingue "variorum populorum"; è ancora il Naudé ad attestarci la sua padronanza, oltre che del latino, del francese, tedesco e spagnolo.
Nel 1623, sempre sotto il comando dell'Aldobrandini, è in Valtellina, allora in temporanea custodia delle truppe pontificie: il C., con quasi 200 cavalli, un terzo circa della cavalleria, presidia Berbenno.
Passato infine al servizio del duca di Mantova, è commissario generale della cavalleria durante la guerra di successione; incarico reso difficoltoso dai frequenti tumulti degli svizzeri del presidio di Canneto, male e irregolarmente pagati, cui il "municioniero", dubitando di essere adeguatamente risarcito, tendeva a negare la distribuzione di vino. Il C. si adopera inoltre, con Giovan Battista d'Arco, a difendere la cittadella e dimostra appieno il suo valore il 27 genn. 1630 in uno scontro presso Goito e soprattutto il 4 febbraio quando, assieme al tenente generale della cavalleria, Iacopo Antonio Trussa, al comando di 200 cavalli impegna ed incalza sin quasi a Goito "tre compagnie di cavalli assai grosse". Contrattaccato da altri 700 cavalli, fatti sortire dal colonnello cesareo Matteo Galasso, riuscì a contenerne l'impeto. Il 12 luglio, iniziato ormai l'assalto generale a Mantova, al C. è affidata la difesa della cittadella di Porto; lì si era rifugiata la principessa Maria, lì finisce per riparare lo stesso duca, il quale, viste l'impossibilità e l'inutilità di prolungare la resistenza, tratta la resa, in seguito alla quale il C., come gli altri ufficiali, è considerato prigioniero, di cui garantisce peraltro la principessa Maria. Il duca gli sarà però riconoscente conferendogli nel 1632 il titolo di conte e nel 1631 in feudo, il marchesato di Altavilla nel Monferrato. Nel settembre-novembre 1636 il C. è in Francia, ambasciatore straordinario presso il re cristianissimo, per esprimere a lui, e anche al Richelieu, "a viva voce", il desiderio del suo signore di "servire Sua Maestà con la persona e con li stati", e per supplicare, ad un tempo, la "reale protettione nelli affari" del duca; ed ha modo anche di dolersi col sovrano "de' mali modi che continovano li suoi ministri in Monferrato".
Di nuovo a Mantova, il C. vi morì il 30 sett. 1637.
Fonti e Bibl.: Lettere del C. da Canneto del 4 e 22 genn. 1629, da Parigi del 26 sett., 2, 18, 25 nov. 1636 e da Amiens del 16 ott. 1636, in Archivio di Stato di Mantova, serie F. II. 8, Lettere ai Gonzaga da Mantova e paesi dello Stato, busta 2783, e serie E. XV.3, (Francia), Carteggio di inviati e diversi, busta 678; G. Naudé, L. C. marchionis ab Altavilla elogium, Romae 1638; L. C. Volta, Compendio cronologico-critico della storia di Mantova..., IV, Mantova 1833, p. 81 (ove il C. è detto erroneamente "nobile veneto"); G. Romegialli, Storia della Valtellina ..., III, Sondrio 1836, p. 126; A. Colarieti, Degli uomini più distinti di Rieti..., Rieti 1860, pp. 142-144; R. Quazza, La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato, Mantova 1926, I, p. 480 n. 3 (erronea anche qui la qualifica di "nobile veneto"); II, pp. 43 s. n. 5, 127, 130, 144; Id., Tommaso di Savoia-Carignano, Torino 1941, p. 273; A. Valori, Condottieri e generali del Seicento, Roma 1943, pp. 66 s.; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, II, p. 265 e Appendice, I, p. 489.