BROGNOLO, Ludovico
Nacque a Mantova in data imprecisata nella seconda metà del sec. XV da Giorgio. Seguendo le orme paterne entrò al servizio diplomatico dei Gonzaga: nell'aprile del 1482, sicuramente ancora giovanissimo, fu inviato a Cento con una missione della quale non si ha notizia precisa. Riappare nelle fonti nel 1498, quando fu utilizzato nelle difficili trattative condotte in quel momento dal padre con Ludovico il Moro per rilanciare il contratto di soldo e il trattato di alleanza stipulati nel giugno e denunciati nell'ottobre dall'infido marchese oscillante tra Venezia e lo Sforza.
Dei primi sondaggi era stato incaricato Giorgio Brognolo, che il 24 ottobre era stato ricevuto segretamente a Pavia dallo Sforza. Il 27 dello stesso mese il B. giunse di rincalzo a Milano, dove il Moro si eranelfrattempo trasferito e "parloe col suo secretario, et disse il signor marchexe è per esser bon fiol di la Illustrissima Signoria" (Sanuto, II, col. 78). Subito dopo lo raggiunse il padre, che concluse facilmente le trattative per il rinnovo della condotta e del trattato di alleanza. I documenti ufficiali furono firmati a Mantova il 3 novembre e il 20 dello stesso mese Giorgio Brognolo fu accredidato come ambasciatore gonzaghesco: il 22 novembre il B. era già a Milano per predisporre l'arrivo del padre che il 26 fu ricevuto solennemente dal duca. L'accordo con lo Sforza perse però di li a poco ogni valore in conseguenza dell'alleanza conclusa nel febbraio del 1499 dalla Francia con Venezia. Al Gonzaga non restava che cambiare rotta e precipitosamente predisporre il tempestivo sganciamento dal Moro votato ormai a sicura rovina. In tutta la delicata manovra condotta perfidamente dal marchese, il B. ebbe una parte poco chiara; sembra tuttavia che abbia appoggiato l'infelice azione diplomatica, condotta dal padre, d'intesa con la marchesa Isabella, per impedire l'inevitabile rottura con lo Sforza. Nell'aprile del 1499 egli fu mandato a Milano per prendere in consegna le somme dovute al marchese per il pagamento del suo soldo. Ritornò a Milano nel luglio, mentre l'invasione francese del ducato era già in corso, e ancora nell'agosto. Il 25 di questo mese accompagnò a Mantova l'inviato sforzesco Gasparo Stampa che offriva in garanzia al marchese alcune città ducali nel vano tentativo di trattenerlo nell'impossibile fedeltà ai patti sottoscritti. Ma la sicura buona fede di Giorgio Brognolo e del B. servì solo a mascherare meglio il doppio gioco del Gonzaga, accordatosi ormai con i Francesi e deciso ad abbandonare il cognato alla sua sorte.
Dopo queste prime prove nel servizio diplomatico alla scuola del padre, il B. entrò, come lo zio Fioramonte, in quella cerchia di agenti mantovani legati piuttosto alla marchesa Isabella che al marito di lei, Francesco Gonzaga. Diversamente dal padre e dallo zio, non fu mai destinato come ambasciatore residente presso una determinata corte, ma utilizzato in rapide missioni che richiedevano tempestività di interventi straordinari, ai quali i diplomatici accreditati stabilmente non sempre erano preparati.
Nel 1502 fu mandato da Isabella d'Este, che in assenza del marito impegnato in una visita alla corte del re di Francia reggeva il governo del marchesato, in missione straordinaria presso Cesare Borgia: doveva negoziare le modalità del versamento della cauzione di 25.000 ducati, richiesta ai Gonzaga a garanzia del progettato matrimonio del loro primogenito Federico con la figlia del Valentino e di Carlotta d'Albret. L'istruzione, in data di Mantova 7 nov. 1502, gli dava l'incarico di chiedere al Borgia di contentarsi di una semplice cauzione scritta, garantita sulle piazze di Milano, Ferrara e Firenze, ma senza il deposito di pegni che sarebbe riuscito assai gravoso ai marchesi. In via subordinata egli doveva ricordare l'impegno, già tante volte assunto dai Borgia, di assicurare la nomina di Sigismondo Gonzaga, fratello del marchese Francesco, al cardinalato. Dell'esito di questa missione non si ha alcuna notizia: il Sanuto riferisce che nello stesso novembre il Valentino mandò il B. insieme con un suo inviato a Roma per trattare con il padre, Alessandro VI, la questione del matrimonio: altro non si sa. È noto tuttavia che il precipitare degli avvenimenti, con la morte improvvisa del papa e il crollo conseguente delle fortune del duca di Romagna, tolse ogni interesse al progetto di matrimonio, ventilato dai Gonzaga per neutralizzare l'intraprendenza bellicosa del Valentino.
Una nuova missione lo portò a Roma nel giugno del 1505 per trattare con il nuovo pontefice Giulio II, nell'impedimento del residente mantovano Giovanni Lucido Cattanei trattenuto a letto da una grave malattia, varie questioni di benefici oltre a quella ormai annosa della concessione del cappello cardinalizio al protonotario Sigismondo Gonzaga. Nel concistoro del 1º dicembre Giulio II annunciò finalmente la nomina del Gonzaga e nel gennaio del 1506 il B. poté rientrare a Mantova.
Ritornò a Roma nell'estate del 1509 con l'incarico più impegnativo di tutta la sua carriera diplomatica. Il 7 agosto il marchese Francesco era caduto vergognosamente nelle mani dei Veneziani, contro i quali era sceso in campo per conto della lega di Cambrai. Pochi giorni dopo Isabella d'Este mandò il B. dal papa a sollecitare la sua mediazione per la liberazione del marito.
Il 20 agosto fu ricevuto da Giulio II, dal quale ebbe le più ampie assicurazioni di un immediato intervento pontificio insieme con un breve di conforto per la marchesa. Ma la buona volontà del papa si scontrò subito nelle difficoltà opposte dagli infidi alleati del Gonzaga, il re di Francia Luigi XII e l'imperatore Massimiliano, oltre che nel naturale desiderio dei Veneziani di trarre il massimo vantaggio dalla cattura di uno dei principali condottieri della lega. La trattativa si protrasse così a lungo, finché nel febbraio del 1510 l'imprevedibile pontefice lanciò la proposta sensazionale di raccomandare ai Veneziani l'assunzione del Gonzaga a capitano generale del loro esercito. Le reazioni imperiali e francesi al colpo di scena di Giulio II non si fecero aspettare: alla sua proposta, che risultò subito assai gradita ai Veneziani, replicarono sollecitando la consegna del primogenito Federico Gonzaga come ostaggio. La contromanovra di Isabella riuscì, con il pieno appoggio del papa, ottenuto abilmente dal B., a neutralizzare questo pericolo, ma la consegna di Federico e questa volta ai Veneziani fu sollecitata subito dopo dallo stesso marchese Francesco, disposto a qualsiasi sacrificio pur di recuperare la libertà. Anche a lui Isabella ricusò questa concessione, che le appariva gravemente lesiva dell'indipendenza del marchesato. Non maggiore ascolto prestò alla richiesta pontificia di affidare Federico al duca d'Urbino che l'avrebbe poi consegnato contro certe garanzie ai Veneziani. Il B., che aveva fatto più volte la spola tra Mantova e Roma, nel giugno del 1510 ebbe l'incarico di annunciare al papa la buona disposizione di Isabella di affidargli il figlio Federico in ostaggio a condizione che non lo consegnasse ai Veneziani e lo trattenesse presso di sé. Il 13 luglio il B. scrisse da Roma alla marchesa di avere convinto il papa che gli aveva ordinato di avvertirla "ad non stare più renitente a dargli el S.re Federico, promettendo de non darlo mai in mano de Venetiani et che la lo volesse mandare immediate a Bologna". Il suo intervento presso il pontefice risultò decisivo e il 14 luglio il Gonzaga veniva rimesso in libertà, mentre il giovane Federico era avviato alla volta di Roma.
La liberazione del marchese aprì tuttavia una nuova delicatissima fase della politica mantovana. Giulio II intendeva servirsi del Gonzaga nella progettata spedizione contro Ferrara e Isabella d'Este non poteva permettere che il marito dirigesse le operazioni militari contro il fratello. L'ambiguo gioco diplomatico, avviato da Mantova per sfuggire alla forte pressione pontificia e salvare Ferrara, mise il B. in una posizione assai difficile che lo esponeva personalmente all'ira incontrollata del collerico pontefice. Il quale aveva intuito assai presto le mire inconfessate dell'astuta marchesa: l'11 agosto il B. le scrisse che ogni tentativo di chiedere al papa'indulgenza verso gli Estensi era destinato a provocare uno di quei furibondi scoppi d'ira per i quali Giulio II era ben noto: "per più de due volte" precisò "me disse ch'io havea de lo importuno". Ma, a dispetto delle violente reazioni pontificie, il gioco mantovano proseguì con la consueta scaltrezza e alla fine evitò al marchese l'onta di marciare contro il cognato. Il B. continuò ad assicurare la sua opera preziosa alla sua signora, destreggiandosi con grande abilità nei difficili frangenti nei quali l'aveva sospinto la politica dei Gonzaga. Seguì il fiero pontefice all'assedio di Mirandola nel gennaio del 1511, ma dovette morire di lì a poco perché successivamente non si hanno più notizie di lui.
Fonti e Bibl.: I dispacci del B. si conservano nel l'Arch. di Stato di Mantova, Gonzaga, buste 846, 855-858, 1632, 1633; Ibid., Fondo D'Arco, n. 218: C. D'Arco, Delle famiglie mantovane, (ms.) V, p. 205; M. Sanuto, Diarii, II, Venezia 1879, coll. 78, 90; IV, ibid. 1880, coll. 409 s.; X, ibid. 1883, col. 728; L.-G. Missier, Documents sur les relations de Louis XII,de Ludovic Sforza et du Marquis de Mantoue de 1498 à 1500..., in Bullettin des travaux histor. et scient., 1894, pp. 75, 81; Dispacci degli ambasciatori veneziani alla corte di Roma presso Giulio II…, a cura di R. Cessi, Venezia 1932, pp. 94 s., 100, 107 s., 140, 160, 212; A. Luzio, La reggenza d'Isabella d'Este durante la prigionia del marito (1509-1510), in Arch. stor. lomb., XXXVII (1910), 2, pp. 5-87; Id., Isabella d'Este di fronte a Giulio II negli ultimi tre anni del suo pontif.,ibid., 2, IX (1912), I, pp. 246 s., 284; Id., Isabella d'Este e i Borgia,ibid., XLI (1914), pp. 691-693; L. Mazzoldi, Da Ludovico secondo marchese a Francesco secondo duca, in Mantova. La storia, II, Mantova 1961, ad Indicem.