BERTI, Ludovico
Nato a Bologna il 21maggio 1818 da famiglia molto facoltosa, si laureò in giurisprudenza intraprendendo successivamente, ma per breve tempo, l'attività forense. Cresciuto in un ambiente liberale (il nonno, Paolo, era stato deputato alla Consulta di Lione nel 1802 e un cugino aveva preso parte ai moti del '31), divenne uno dei più abili e sicuri organizzatori della "trafila".
L'intera organizzazione per l'espatrio clandestino attraverso le valli del Reno e del Setta e i valichi dell'Appennino pistoiese era nelle mani del B., mentre lungo la vallata parallela faceva capo a C. Dallolio. Sostenendo ingenti spese ed esponendosi a gravi rischi, il B. riuscì così a portare in salvo un gran numero di ricercati politici e a fare entrare nello Stato pontificio molti emissari.
Nell'agosto del 1848 il B. fu chiamato dal pro-legato a far parte del Comitato di salute pubblica, creato per ftonteggiare unitariamente la drammatica situazione determinata dall'approssimarsi delle truppe austriache. Fuggito il pontefice Pio IX da Roma, il 18 genn. 1849 egli fu designato dal nuovo preside della provincia, Berti Pichat, a far parte della Commissione sostitutiva del Consiglio municipale, esautorato per non aver voluto riconoscere le nuove autorità romane. In quello stesso mese fu eletto deputato alla Costituente romana. Non presenziò, non giungendovi in tempo, alla seduta che proclamò la Repubblica, e successivamente svolse a Roma opera moderatrice. Caduta la Repubblica romana, tornò per qualche tempo a Bologna, poi espatriò in Toscana, donde poté tornare solo nel 1855.
Quattro anni dopo prese parte al pacifico moto che il 12 giugno abbatté il regime pontificio. Nominato subito consigliere dell'Intendenza (provincia) di Bologna, il 28 agosto fu eletto deputato all'Assemblea delle Romagne. Compiuta l'unificazione, fu eletto quasi ininterrottamente alla Camera italiana.
Nel 1863, durante la prima legislatura del Regno, successe al Pepoli nel collegio di Bologna II in un'elezione suppletiva; nel '65 non si presentò, ma dal '67 all'80 fu eletto senza interruzione dal collegio di Castelmaggiore. Nelle elezioni del 1882 e del 189o, votandosi a scrutinio di lista, fu eletto nel collegio di Imola, mentre nel 1886 aveva rinunziato alla candidatura. Nel 1892, tornati al collegio uninominale, fu di nuovo eletto a Castelmaggiore per quella che doveva essere la sua ultima legislatura.
Uomo di destra, intimo di Minghetti, di carattere rigido e fiero, sostenne l'unione di tutte le forze gelose delle conquiste dell'unità; ma, spirito religioso, auspicò sempre la conciliazione fra religione e libertà. Esplicò la sua maggiore attività nelle amministrazioni locali, delle quali fece parte ininterrottamente come consigliere comunale e provinciale e per lungo tempo come assessore. Non presentatosi alle elezioni del 1895, l'anno successivo fu nominato senatore, ma prima ancora di giurare morì a Bologna il A apr. 1897.
Bibl.: Oltre alla voce di F. Cantoni nel Dizionario del risorgimento naz., II, p.261, si veda anche: T. Sarti, I rappr. del Piemonte e d'Italia nelle tredici legislature del Regno, Roma 1880, pp. 156 s.; E. Bottrigari, Cronaca di Bologna (1845-1871), a cura di A. Berselli, Bologna 1960-62, passim; Il Resto del Carlino, 17 apr. 1897; La Gazzetta dell'Emilia, 17 e 18 apr. 1897; G. Carducci, L. B.(20 apr. 1897), in Prose, Bologna 1954, pp. 1313-75; Discorsi pronunziati in morte di L. B…, a cura della Prov. di Bologna, Bologna 1904; G. Natali, Il Comitato di Salute Pubblica e le sedizioni militari del 26 e del 31 agosto 1848, in Comune di Bologna, n. 8, agosto 1934, pp. 31-39; A. Bignardi, Dizionario biogr. dei liberali bolognesi (1860-1914), Bologna 1956, p. 6.