BERTOZZI, Ludovico Agostino
Nato il 29 nov. 1704 a Fano, compì i primi studi a Roma, ove fu paggio nobile di una ragguardevole famiglia romana. Entrato fra i canonici regolari della Congregazione del SS. Salvatore, in un monastero di Bologna, fu ordinato sacerdote il 20 dic. 1727: in questo periodo, molto probabilmente, conobbe mons. P. Lambertini, il futuro Benedetto XIV, che lo predilesse sempre in maniera particolare. Tutto teso alla rinuncia del mondo, il B. ottenne di potersi ritirare per alcuni anni nella solitaria canonica di S. Maria di Forno. Non poté sottrarsi, però, alle insistenze con cui il vescovo di Fano, G. Beni, lo richiamò nella città natale dopo vent'anni di assenza: qui fu predicatore e confessore nella chiesa di S. Nicola, poi professore di teologia nel seminario. Frattanto, ripresi gli studi, si laureava in utroqueiure all'università di Macerata il 14 febbr. 1739 e nello stesso tempo diveniva canonico della cattedrale ed esaminatore sinodale; più tardi mons. Beni lo nominava suo vicario generale.
Da Benedetto XIV il B. fu scelto per la sede episcopale di Cagli e Pergola: consacrato a Roma dal card. Lante il 29 dic. 1754, fu insignito del titolo di assistente al soglio pontificio il 5 genn. 1755. Prendendo il governo della diocesi, che tenne per ben quarantotto anni, egli accentuò il carattere ascetico della sua vita: il suo tempo fu diviso fra la contemplazione e lo studio. Nel 1775 fece edificare un nuovo seminario, essendo il vecchio prossimo ad andare in rovina. Il 3 giugno 1781, allorché un terremoto provocò gravi danni alla città di Cagli, si adoperò con vigore per ottenere dal pontefice notevoli aiuti per i suoi diocesani. Nel 1789 istituì un canonico penitenziere e diede vita ad un orfanotrofio femminile e ad un ospedale.
Frattanto l'austerità dei costumi ed alcune sue affermazioni lo resero sospetto di giansenismo, in un momento in cui Roma preparava un'energica reazione contro i dissidenti. La stessa segreteria di stata incaricò il sacerdote Biagio Micelli, di Fossombrone, di indagare sul conto del vescovo di Cagli: la relazione, contenuta in una lettera del 23 febbr. 1789,dipingeva un fosco ritratto del B. (cfr. P. Savio, Devozione, pp.264 s.): questi, secondo le voci che circolavano con insistenza, conservava nella sua biblioteca le opere del Sarpi e del Febronio; parlava con disprezzo della Curia e delle S. Congregazioni, in particolare del S. Uffizio definito "una usurpazione de' diritti de' vescovi"; si procurava tutti gli scritti giansenisti che vedevano la luce in Toscana ed era in corrispondenza con mons. S. de Ricci che definiva "un eroe fatto nascere da Dio per decoro de' vescovi". Fra le altre accuse gli si muoveva quella di aver proibito a una confraternita di Cagli di portare in processione una immagine di Cristo risorto. Ciò era denunciato anche da alcuni vescovi suoi vicini, fra cui A. Severoli, vescovo di Fano, che, scrivendo all'ex gesuita F. A. Zaccaria, aveva qualificato il B. "protettore del Sinodo di Pistoia" (cfr. Bibl. Apost. Vat., Vat. lat.10502, f. 240), e da S. Berioli, arcivescovo di Urbino, che aveva avvertito delle simpatie ricciane del B. sia lo stesso Zaccaria (ibid.) sia il maestro del Sacro Palazzo, T. M. Mamachi (Arch. Curia Vescovile di Sansepolcro, Carteggio Costaguti, lettera di Mamachi a Berioli dei 31 marzo 1790).Non sembra, comunque, che i rapporti del B. con il Ricci siano stati molto stretti: unico contatto, che risulta dal carteggio del vescovo di Pistoia e Prato, è documentato da una lettera del Ricci, che accompagna il dono della sua apologia contro le Lettere Pacifiche del Marchetti e il relativo ringraziamento del B., steso in termini molto generici; in sostanza sembra lecito concludere che il desiderio di una riforma morale della Chiesa non si estrinsecava per il B. in un'opera di attiva propaganda per il "partito", che la sua posizione gli avrebbe permesso di svolgere. D'altronde il B., già sofferente da molti anni per una malattia che gli procurava vaste piaghe alle gambe e che egli trascurava di curare per una mistica volontà di martirio, dal 1787circa divenne quasi completamente cieco; il governo della diocesi passò di fatto nelle mani del vicario generale, A. Cingari.
Negli ultimi anni del suo governo pochi sono gli episodi degni di menzione: nel 1796, aderendo alle sollecitazioni del governo centrale, scrisse un editto che invitava la popolazione a contribuire finanziariamente alla difesa dello Stato contro i Francesi. Il 25 giugno 1799, in occasione dell'insorgenza antifrancese, riuscì, con la sua presenza, a scongiurare la rappresaglia che minacciava di eccidio gli abitanti di Cagli. Nel 1800, dopo che invano più volte aveva cercato di rinunciare all'episcopato, Pio VII gli concesse di avere come coadiutore, con il titolo di commissario apostolico, il vicario A. Cingari, che gli succederà. Saldo nei suoi convincimenti anticuriali fino alla fine (è dell'8 sett. 1800 una lettera di E. Degola al Grégoire in cui si fa il nome del B. come di uno dei possibili sottoscrittori di una lettera di comunione con la Chiesa costituzionale francese: cfr. E. Codignola, Carteggi, III, p. 289), il B. morì a Cagli il 20 sett. 1802.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Ricci, Lettere di vescovi e cardinali, busta 73, cc. 543-545; Ibid., Copialettere, registro 51, anno 1788, c. 855; Arch. Segr. Vat., Proc. Consist. 1754, vol. 143, ff. 186-194; Giornale ecclesiastico di Roma, VII(1792), pp. 167 s.; XII(1797), p. 111; A. Cingari, Opere, I, Roma 1825, pp. XI s., XIV-XVI, XIX s., alle pp. 125-167: Elogio funebre alla memoria di L. A. B…. ; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, III, Venezia 1845, p. 252; D. A. Tarducci, De' vescovi di Cagli, Cagli 1896, pp. 114-122, 183; P. Savio, Devoz. di mgr. A. Turchi alla S. Sede, Roma 1938, pp. 264 S.; E. Codignola, Carteggi di giansenisti liguri,III,Firenze 1942, p. 289; G. Buroni, La diocesi di Cagli, Urbania 1943, pp. 64-66,-75; R. Ritzler-P. Seffin, Hierarchia catholica…, VI, Padova 1958, p. 141; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VIII, Paris 1935, coll. 1027 s.