LUCREZIA Barberini, duchessa di Modena
Nacque a Palestrina, presso Roma, il 3 nov. 1628 da Taddeo - generale della Chiesa, principe di Palestrina, prefetto di Roma, nipote di papa Urbano VIII - e da Anna Colonna. Ancora bambina, fu affidata alle cure delle zie paterne Camilla e Clarice, carmelitane, nel monastero detto delle Barberine, fondato da Urbano VIII. Della sua educazione e di quella dei fratelli si occupò lo zio, il cardinale Francesco, che impose le proprie scelte alla madre Anna.
Alla morte di Urbano VIII (29 luglio 1644), i "nepoti" del pontefice defunto caddero in disgrazia: il cardinale Francesco e il padre di L. furono accusati dal nuovo papa Innocenzo X, al secolo Giovanni Battista Pamphili (appoggiato dalla nobiltà romana e dal "partito spagnolo"), di avere accumulato ingenti somme di denaro pubblico frodando l'Erario. Per evitare il processo, i nipoti, seguiti dai familiari, fuggirono da Roma nel gennaio 1646 e ripararono a Parigi, dove Taddeo morì il 14 nov. 1647. Grazie alla mediazione del cardinale G. Mazzarino, che non aveva dimenticato la politica filofrancese dei Barberini, gli esuli ebbero la possibilità di ritornare a Roma nel 1649 e di rientrare in possesso dei loro beni, sequestrati in attesa del processo, che non fu mai celebrato per l'avvenuta pacificazione tra il papa regnante e la famiglia Barberini.
Nel 1653 il matrimonio tra Maffeo, fratello di L., e Olimpia Giustiniani, pronipote di Innocenzo X, pose fine al conflitto col papa, che si occupò di trattare personalmente il matrimonio di L. con il duca di Modena, Francesco I d'Este, vedovo due volte, di Maria e Vittoria Farnese. Il duca, già nel 1652, aveva inviato un agente a Lione, dove L. soggiornava presso lo zio, il cardinale Antonio - grande elemosiniere del Regno di Francia, poi arcivescovo di Reims - per informarsi segretamente del suo "contegno" e delle sue fattezze. Dal matrimonio egli si aspettava una favorevole definizione delle questioni relative ai beni e ai territori perduti da casa d'Este nel 1598 con la devoluzione di Ferrara alla S. Sede. Le preannunziate nozze, però, dispiacquero a Madrid, che vi lesse una svolta filofrancese della politica estera pontificia, ma non piacquero neanche al cardinale Mazzarino, che si indignò con il cardinale Rinaldo d'Este, fratello del duca, per non avere informato Parigi delle trattative matrimoniali, tanto più che i Barberini, a eccezione del cardinale Antonio, sembravano rivolgere ora simpatie e interessi verso la Spagna. Ma la politica degli scambi matrimoniali - le nozze di un figlio di Francesco I, Alfonso, principe ereditario, con Laura Martinozzi, nipote del cardinale Mazzarino, e la conferma del matrimonio tra Francesco I e L. - riportò su di un piano di distensione le relazioni tra Parigi, Roma, Modena e i Barberini. Le capitolazioni matrimoniali di Francesco I di Modena con i Barberini, che prevedevano l'esborso di una dote di 200.000 scudi romani, furono rogate a Roma il 25 febbr. 1654.
Il 1( marzo L. scrisse a Francesco, ringraziandolo del grande onore che si era degnato di farle, e il 9 aprile partì da Roma, salutata, a dimostrazione del rinnovato fulgore dei Barberini, da una folla immensa. L'accompagnava il cognato, cardinale Rinaldo d'Este, che le fece dono di un bellissimo diamante del valore di 3000 scudi. Il viaggio verso Modena fu un vero trionfo, la cui regia si dovette a Innocenzo X, che, volendo onorare il parentado con i Barberini, aveva comandato a tutti i rettori delle città e luoghi dello Stato di accogliere e ospitare L. con grande pompa a spese della Camera apostolica. Il 14 aprile L. giunse a Loreto, dove l'aspettava il principe Luigi d'Este, che aveva il mandato di rappresentare il cugino e le consegnò le gioie inviatele in dono dallo sposo, valutate più di 200.000 scudi. Il 15 aprile, nella S. Casa, il cardinale Cesare Facchinetti celebrò il matrimonio. L. giunse a Modena il 24 aprile, accolta da grandi manifestazioni di giubilo. I festeggiamenti animarono la città per giorni, e culminarono nella giostra e nello spettacolo pirotecnico in piazza Grande, con grandiosa scenografia, progettata dall'architetto Gaspare Vigarani, dove "Primavera cantò alla sposa versi sontuosi, rallegrandosi che le api barberine, venendo a suggere il miele soave dei gigli estensi, promettessero una nuova età dell'oro". Il duca Francesco aprì per la prima volta alla curiosità del popolo la fortezza della Cittadella e questa fu la più grande dimostrazione di stima che potesse fare alla sposa, "non havendo cosa che egli tenga con maggior riguardo e gelosia di quella".
Nel 1655 nacque il figlio Rinaldo; Francesco morì il 14 ott. 1658, dopo avere trascorso la maggior parte di quegli anni in guerra, raggiunto dalle lettere molto affettuose di L., che gli scriveva in francese. Sul trono gli successe il figlio avuto dalla prima moglie Maria Farnese con il nome di Alfonso IV.L. rimase a Modena occupandosi dell'educazione e degli interessi del figlio.
Nel 1683 L. tornò a Roma, dove il 21 ottobre, dopo avere fatto dono della propria dote a Rinaldo, riservandosene i frutti per gli alimenti, si ritirò nel monastero delle orsoline intitolato alla Ss. Incarnazione con il nome di suor Felice Maddalena del Crocifisso Gesù senza prendere i voti.
Infatti L. fece e ricevette visite di familiari e di personaggi illustri di passaggio da Roma, che accompagnava volentieri per chiese e conventi. Assisté nella malattia un'altra duchessa di Modena, Laura Martinozzi, che, dopo essere stata reggente, emarginata dal figlio Francesco II, si era rifugiata a Roma.
Nelle oltre quattrocento lettere scritte da Roma al figlio, L. si diffonde sulla sua decisione di dedicarsi alla salute dell'anima, ma anche sulle liti con il duca di Modena per gli alimenti, che, nonostante i patti, le venivano inviati in ritardo e non nella quantità stabilita, riducendola a indossare vestiti lisi e a risparmiare sul cibo per poter mantenere i pochi servitori. L. se ne lamenta, sostenendo che ai tempi delle guerre aveva impiegato la dote per le glorie militari del casato. Altro motivo di turbamento era costituito dalla preoccupazione per l'avvenire del figlio, che non vedeva sistemato secondo il suo rango.
Nel 1676 Rinaldo aveva accompagnato in Inghilterra la nipote Maria Beatrice andata sposa a Giacomo II Stuart, allora duca di York. Quando questi, nel 1685, ascese al trono di Inghilterra, Scozia e Irlanda con il nome di Giacomo II, le pressioni del nuovo re, unite a quelle dello zio, Francesco Barberini, ottennero per Rinaldo la porpora cardinalizia dal papa Innocenzo XI, al secolo Benedetto Odescalchi. La creazione avvenne il 2 sett. 1686 e fu accompagnata da molte polemiche, originate sia dal fatto che Rinaldo era privo di ordinazione sacerdotale, sia dalla presenza dello zio materno nel Collegio cardinalizio. Nel 1695 la morte di Francesco II, succeduto al padre Alfonso IV, portò Rinaldo inaspettatamente sul trono ducale. Per la circostanza ottenne da Innocenzo XII, al secolo Antonio Pignatelli, la ratifica della rinuncia al cappello cardinalizio. Tuttavia, dati gli ottimi rapporti con il papa, alla cui elezione egli aveva contribuito, nonostante il ritorno allo stato laicale conservò buona parte dei benefici ecclesiastici legati alla porpora.
La riconoscenza di Rinaldo nei confronti di Innocenzo XII si mostrò soprattutto nella partecipazione al progetto della "grande reclusione dei poveri", pensata dal papa per Roma e per le maggiori città italiane. In questa operazione egli fu validamente sostenuto da L., che fece il viaggio di ritorno da Roma a Modena, nella primavera del 1695, accompagnata dal gesuita Giovanni Maria Baldigiani. Dalla sinergia fra Rinaldo e L., nel dicembre 1695 nacque, sotto la consulenza di Baldigiani, l'Ospizio dei poveri di Modena.
L. rinunciò a ogni mondanità e al fasto della corte e alloggiò nel convento delle suore della Visitazione a Modena, dove morì il 24 ag. 1699 e, per sua volontà, fu sepolta.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Casa e Stato, Carteggi tra principi estensi, bb. 250-251; ibid., Documenti spettanti a principi estensi, bb. 343, 402; Carteggio ambasciatori, Francia, bb. 114-115, 123; C. Costantini, L. B.: un bene di famiglia (2005), in Fazione Urbana. Sbandamento e ricomposizione di una grande clientela a metà Seicento, Appendice H (http:// www.quaderni.net: Antichi regimi: studi, testi, documenti, quaderni pubblicati dalla cattedra di storia moderna della facoltà di lettere dell'Università diGenova): contiene cenni biografici e lettere di L. (1650-53) tratte dai codici Barb. lat., 7412 e 9895 della Biblioteca apost. Vaticana; L. Allacci, Del viaggio della signora donna Lucretia Barberina duchessa di Modena da Roma a Modena, Genova 1654; Descrizione delle allegrezze fatte dalla città di Modana per le nozze del serenissimo padrone e della serenissima principessa L. B., Modena 1654; E. Grandi, Armi e nozze alla corte di Francesco I d'Este, Alessandria 1907, pp. 8-10, 14-16; P. Pecchiai, I Barberini, Roma 1959, pp. 178, 184 s., 213, 218 s.; M.V. Mazza Monti, Le duchesse di Modena, Reggio Emilia 1977, pp. 77-88; M. Fatica, Il problema della mendicità nell'Europa moderna (secoli XVI-XVIII), Napoli 1992, pp. 217-222, 229, 232, 234, 240; G. Biondi, Donne di casa d'Este, in Sovrane passioni, a cura di J. Bentini, Modena 1998, pp. 195-197.