SASSO, Lucio
SASSO (Sassi), Lucio. – Nacque secondo alcune fonti a Nola, secondo altre a Napoli, secondo altre ancora a Catanzaro, il 23 ottobre 1522. Secondo l’ottocentesco Dizionario corografico di Goffredo Casalis, egli nacque addirittura a Cannobbio, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore.
Apparteneva a una famiglia patrizia che vantava discendenza addirittura dagli Orsini di Nola; suo padre si fece conoscere per gli incarichi di lettore di istituzioni di diritto civile nell’Università partenopea, giudice del Tribunale della Vicaria e membro del Sacro Regio Consiglio, vertice dell’ordinamento giudiziario del Regno.
Lucio studiò dapprima a Napoli e poi a Bologna, ove si laureò in diritto civile e canonico. Gli anni passati nello Studio felsineo furono densi di relazioni fruttuose. Sasso conobbe allora Giambattista Castagna, futuro papa Urbano VII, che lo presentò al cugino Girolamo Veralli, esperto diplomatico pontificio. Quest’ultimo lo prese al suo servizio come uditore e Sasso lo accompagnò nella legazione in Francia durata dall’ottobre 1551 al febbraio 1552.
Rientrato a Roma, fu nominato da papa Giulio III referendario della Segnatura di Grazia e della Segnatura di Giustizia e protonotario apostolico, preludio di diversi incarichi di governo nella periferia pontificia. Tra febbraio 1561 e la fine di aprile 1562, fu governatore di Fano, impegnandosi nella soluzione di controversie di confine con l’adiacente Ducato di Urbino. Quindi, nell’agosto 1563, passò a Spoleto come luogotenente del governatore Carlo Borromeo, cardinal nipote di Pio IV. Seguì, il 1° settembre 1565, una consistente promozione: Sasso fu infatti nominato vicelegato di Romagna e governatore di Ravenna. Tuttavia, la morte del pontefice (9 dicembre 1565) e l’elezione di Pio V (7 gennaio 1566), portò presto al completo rinnovo dell’organigramma dei governatori provinciali.
Sasso fu destinato al governo di Perugia, del quale prese possesso il 7 marzo 1568. Subito si trovò impegnato nella regolamentazione dell’esazione del nuovo tributo sul macinato, dimostrando sensibilità all’ascolto delle ragioni della comunità. Convocò infatti il Consilium publicum et generale perugino, organo consultivo di massima ampiezza. Egli era nondimeno capace di severità esemplare. Nel marzo 1569, poiché aveva violato le norme sul porto d’armi, fece arrestare il capitano Pompeo Valentini, incaricato di arruolare nel capoluogo umbro una compagnia di 200 fanti da inviare in Francia contro gli ugonotti. L’ufficiale tentò di difendersi mettendo mano al suo pugnale: tanto bastò per vedere entro pochissime settimane la sua condanna a morte. Nello stesso anno, quindi, Sasso ordinò il fermo di gran parte dei priori in carica, accusandoli di omissione di atti d’ufficio, per non aver nemmeno cercato di arrestare il conte Leonello degli Oddi, accusato di un omicidio commesso in Francia. Il nobile fu infine bandito e le sue proprietà colpite. Tanta fermezza colpì gli osservatori locali e le cronache cittadine ne tennero memoria.
Il 13 marzo 1570, Sasso lasciò l’incarico di governo a Perugia. Il 3 ottobre 1571, fu creato vescovo della neoeretta diocesi di Ripatransone. Già ben noto in Curia, non fu sottoposto all’istruttoria canonica prevista per i candidati ai seggi vescovili dalle disposizioni di riforma del concilio di Trento. Così, egli fece il suo ingresso in città nell’aprile 1572. Preso come suo vicario Giovan Battista Maremonti, vescovo d’Utica, diocesi tunisina in partibus infidelium, condusse due visite pastorali, una nello stesso 1572, una due anni più tardi. Sasso commissionò altresì lavori per l’edificazione del palazzo episcopale.
Rientrato a Roma nei primi mesi del 1575 e rinunciata la diocesi ripana (il 20 maggio), fu nominato reggente della Penitenzieria apostolica, ufficio curiale competente sulle questioni, sacramentali e non, relative al foro interno. Seppe ulteriormente rafforzare la stima nei propri confronti. Nell’aprile 1585, morto Gregorio XIII quando ancora si trovavano in visita a Roma i principi giapponesi cristianizzati Itô Sukemasu (in rappresentanza del daimyô di Bungo Ōtomo Yoshishige), e Chijiwa Seizaemon (nipote del daimyô Ômura Sumitada), Sasso fu scelto dal Sacro Collegio dei cardinali per rassicurarli, promettendo loro «che qualunche fosse di essi assunto alla cura pastorale, gli haverebbe per raccomandati al paro di Gregorio» (Gualtieri, 1586, p. 93) .
In una data imprecisata, dopo il 1588, Sasso ricevette altresì l’incarico di vicario del cardinale arciprete di S. Giovanni in Laterano, Ascanio Colonna. Secondo alcune fonti, egli avrebbe fatto parte del seguito del cardinale legato Enrico Caetani, inviato in Francia nell’autunno 1589 per scongiurare l’ipotesi dell’ascesa al trono di un sovrano non cattolico. Alla fine dell’estate dell’anno successivo, comunque, Sasso doveva trovarsi a Roma. Infatti, il balzo in avanti più evidente della sua carriera si verificò con l’elezione a pontefice del suo antico compagno di studi, Giambattista Castagna (Urbano VII, asceso al soglio il 15 settembre 1590). Sasso fu chiamato a capo della Dataria, altro rilevantissimo ufficio centrale della Curia, con competenze sulla materia beneficiaria, sulle concessioni di grazie e sulle dispense da norme generali o particolari. Sasso avrebbe mantenuto l’incarico anche durante i successivi pontificati di Gregorio XIV (5 dicembre 1590-16 ottobre 1591) e Innocenzo IX (29 ottobre - 30 dicembre 1591). Eletto Clemente VIII, il 30 gennaio 1592, subito sembrò che egli sarebbe stato rimosso. Ancora nella seconda metà di settembre, il cardinale Giulio Antonio Santori sottoponeva a papa Aldobrandini una rosa di nomi per la sua sostituzione, tra cui il sottodatario Bernardino Paolini e Girolamo di Mario Mafferi, canonico di S. Pietro in Vaticano. Clemente VIII, tuttavia, si dimostrò risoluto nel voler mantenere Sasso nell’ufficio di datario. Quindi, il 17 settembre 1593, gli diede la berretta rossa in occasione della sua prima creazione cardinalizia, quella in cui la ricevettero anche i nipoti Pietro Aldobrandini e Cinzio Passeri Aldobrandini.
Sasso assunse il titolo della chiesa dei SS. Quirico e Giuditta. Entrò nella famiglia pontificia e mantenne l’incarico di prodatario fino al 1599. Considerato povero di entrate, ricevette mille scudi di pensione sulle rendite dell’arcidiocesi di Napoli nel febbraio 1596, per diretto intervento del papa. Nel 1600, sedeva fra i cardinali della Segnatura di Grazia. Fu chiamato anche nella congregazione del Sant’Uffizio.
Morì il 28 febbraio 1604. Fu sepolto in S. Giovanni in Laterano, nella navata laterale mediana sinistra. La memoria funebre comprende un’iscrizione e un ritratto contornato da una nicchia a tarsie marmoree. Il tutto è compreso da un’edicola, formata da colonnine che reggono la trabeazione. Gli furono dedicate le Orationes duae de Divo Ioanne Evangelista Habitae in Capella Pontificia sub Pont. Maximis, Sixto V. et Innocentio IX di Diego del Castillo (Romae 1592).
Fonti e Bibl.: G. Gualtieri, Relationi della venuta degli ambasciatori Giaponesi a Roma sino alla partita di Lisbona, In Roma 1586, p. 93; G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, III, Torino 1836, p. 434; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, LVIII, Venezia 1852, pp. 41 s.; LXI, ibid. 1853, pp. 233 s.; C.F. Black, Perugia and Papal Absolutism in the Sixteenth Century, in The English Historical Review, XCVI (1981), pp. 516, 520-523, 530; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di Ch. Weber, Roma 1994, p. 898; Ch. Weber, Die päpstlichen Referendare 1566-1809: Chronologie und Prosopographie, III, Stuttgart 2004, p. 886; M.T. Fattori, Clemente VIII e il Sacro Collegio. Meccanismi istituzionali ed accentramento di governo, Stuttgart 2004, ad ind.; H.H. Schwedt, Die römische Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1601 bis 1700, Freiburg i.Br. 2017, ad indicem.