CINNA, Lucio Cornelio
Figlio di L. Cornelio Cinna, console nel 127. Nella guerra sociale fu legato pretorio. Eletto console con Gneo Ottavio nell'87 a. C., Silla l'obbligò a giurare sul Campidoglio che non avrebbe mutato gli ordinamenti stabiliti da lui nell'anno precedente, ma ben presto, dacché C. voleva presentare una legge per le votazioni dei liberti, si mise in urto con il collega, e ne risultò una nuova guerra civile che segnò il trionfo di C. e di Mario, e quindi l'abrogazione degli ordinamenti sillani dell'anno 88, il ritorno in vigore delle leggi Sulpiciane dello stesso anno e la distribuzione dei nuovi cittadini in tutte le tribù. La restaurazione sillana era così durata pochi mesi; con il censimento che iniziarono nell'anno 86 i censori Filippo e Perpenna, più di 500.000 nuovi cittadini e tutti i liberti furono distribuiti nelle 35 tribù, formando così una maggioranza enorme di fronte agli antichi cittadini. Con queste disposizioni l'oligarchia veniva privata del dominio che si era conquistato sui comizî e si realizzava quella forma di organizzazione politica tanto vagheggiata dai riformatori, da Gaio Gracco a M. Livio Druso iunior. C. e Mario ordinarono gravi massacri dei loro oppositori del ceto senatorio e confiscarono moltissimi beni, indebolendo così la classe senatoria. Il lavoro d'iscrizione di tante centinaia di migliaia di cittadini nelle 35 tribù non poteva essere compiuto in pochi mesi; né all'indomani della vittoria, mentre stava per iniziarsi un nuovo anno, perché il successo di Mario e C. avvenne soltanto nel dicembre 87, pareva possibile la convocazione di comizî secondo l'antico sistema. Quindi C., in virtù degli stessi poteri eccezionali che si era fatto dare per la compiuta repressione, fu autorizzato a prorogarsi la magistratura ed a scegliersi un collega (che fu C. Mario) all'infuori dei comizî. Con questa innovazione, senza precedenti nella storia costituzionale di Roma, per la quale, forse in base alla norma della continuità delle magistrature, non potendosi rinnovare il consolato, lo si prorogava nella persona di C., egli veniva ad avere una forma di potere quasi tirannico. Fu questo uno dei momenti più caratteristici di quella crisi degli ordinamenti repubblicani che doveva portare alla creazione di un potere personale accentrante in sé tutta l'autorità dello stato. Morto Mario (13 gennaio 86) dopo pochi giorni del suo settimo consolato, gli fu sostituito come suffectus L. Valerio Flacco, su proposta del quale venne approvata la legge che, per favorire audacemente i piccoli finanzieri e i piccoli commercianti, li autorizzò a saldare i loro debiti pagando solo un quarto (turpissima lex secondo Velleio, II, 23). Ma un grave problema minacciava il regime che C. cercava di restaurare, e cioè il fatto che Silla, alla testa di sei legioni, stava combattendo contro Mitridate una guerra che, se vittoriosa, gli avrebbe dato gloria e potenza immensa. Occorreva quindi che si contrapponesse a Silla un altro generale, che gli togliesse le truppe, senza venire però dinnanzi a Mitridate a battaglia fra Romani. La morte di Mario complicò le cose. Ai suoi funerali forse avvennero dei torbidi e si tentò di rovesciare il governo di C.: ma questo tentativo ebbe poca fortuna e L. Valerio Flacco, sceltosi come legato C. Flavio Fimbria (colui che nel tumulto dei funerali aveva ucciso Q. Scevola), assunse il comando dell'esercito d'Asia. Dopo poco tempo però giunse la notizia dell'assassinio di Flacco, forse a opera dello stesso Fimbria, il quale assunse il comando del corpo d'esercito che accompagnava il console. Malgrado ciò la situazione era o appariva notevolmente tranquilla: C. poté dominare per più di tre anni ininterrottamente Roma scegliendosi i colleghi e dando all'Italia un pacifico e sereno periodo di vita. A successore di Flacco C. aveva scelto L. Papirio Carbone. La sua attività in questi anni fu diretta alla sorveglianza sulle operazioni del censo, all'arruolamento di un esercito, e alla preparazione del futuro ordinamento del nuovo stato romano-italico. Quindi C. nell'84, essendo console per la quarta volta, iniziò la mobilitazione del corpo d'esercito che aveva arruolato per sostituire Fimbria nel comando lasciato vacante da Valerio Flacco; ma quando stava per imbarcare le legioni ad Ancona per andare in Oriente, fu ucciso in un ammutinamento.
Bibl.: C. Neumann, Gesch. Roms während des Verfalles der Republik, I, Breslavia 1881; W. Drumann e P. Groebe, Gesch. Roms, II, Berlino 1902, p. 500 segg.; T. Rice Holmes, The Roman Republic, I, Oxford 1923, p. 50 segg.; M. A. Levi, La costituzione romana dai Gracchi a Giulio Cesare, Firenze 1928, p. 71 segg.