ZUCCOLI, Luciano
Nome usato costantemente dal conte Luciano von Ingenheim, scrittore, nato a Calprino (Canton Ticino) il 5 dicembre 1868, morto a Parigi il 26 novembre 1929. Fu uno dei primi collaboratori del Marzocco, a cura del quale apparve nel 1898 una raccolta di novelle, La morte d'Orfeo; diresse quindi, militando nel campo che allora si diceva conservatore, un giornale politico a Modena; fu condirettore per 9 anni della Gazzetta di Venezia, e nell'uno e nell'altro giornale condusse vivaci polemiche. Passò infine a collaborare al Corriere della Sera.
Attraverso una produzione copiosa fin dall'inizio, lo Z. si liberò da un dannunzianesimo e da un verismo un po' stentati (I lussuriosi, 1893; Il designato, 1894; Roberta, 1897, ecc.); gli anni immediatamente precedenti alla guerra mondiale furono quelli della maggiore e migliore attività letteraria di lui (L'amore di Loredana, 1908; Farfui, 1909; Romanzi brevi, 1912; La freccia nel fianco, 1913; L'occhio del fanciullo, 1914, ecc.). Tra i suoi molti libri pubblicati durante e dopo la guerra, sono da citare: La volpe di Sparta (1916); Fortunato in amore (1919); Le cose più grandi di lui (1922), il quale, con Farfui e L'occhio del fanciullo, mostra la particolare sensibilità dello Z. per la psicologia infantile. La sua rappresentazione della società mondana è varia, spesso colorita, sostenuta sempre da un senso di distinzione e forma una galleria di ambienti, tipi e figure tra cui vi sono anche personaggi che non si dimenticano. Scrisse senza eccessive pretese, ma pur col desiderio, che attuò, di una prosa sempre decorosa e con lo spirito di un chroniqueur animato da serietà sincera.
Delle sue opere si ricordano, oltre alle citate: La compagnia della leggera (1907, novelle); Kif Tebbi (1923, uno dei primi romanzi d'ambiente coloniale in Italia); Il peccato e le tentazioni (1926, novelle); I ragazzi se ne vanno (1927, romanzi brevi), ecc.