TAJOLI, Luciano
Nacque a Milano il 17 aprile 1920, primogenito di due maschi di Francesco, rilegatore, e di Antonia Colomba. La famiglia abitava in un’area popolare e periferica della città, Porta Romana, dove Tajoli trascorse l’infanzia, segnata dalla poliomielite, che lo colpì a un anno, lasciandolo claudicante. Terminata nel 1933 la scuola di avviamento al lavoro per poliomielitici, fu assunto come apprendista in una barberia del suo quartiere; ma cambiò presto tale occupazione, che l’obbligava a stare faticosamente in piedi, con quella di calzolaio. Nel tempo libero cantava, alle feste private, nei caffè o per serenate, in cambio di piccoli compensi.
Il canto aveva appassionato Tajoli sin da bambino, tuttavia la famiglia (nella quale non figuravano musicisti, a parziale eccezione di una zia materna cantante dilettante) non fu in grado di offrirgli una formazione musicale. Solo dal 1936 il ragazzo prese qualche lezione gratuita presso le case editrici della Galleria del Corso, dove si recava in cerca di scritture. Nell’ambiente fu notato da Vittorio Mascheroni (l’autore di Tango della gelosia e Fiorin fiorello), che gli propose d’interpretare proprie canzoni nelle sale da ballo per dieci lire a sera. I primi guadagni incoraggiarono Tajoli a lasciare il mestiere di calzolaio per dedicarsi a tempo pieno alla musica. Per alcuni mesi del 1938, dopo un provino radiofonico all’EIAR di Milano andato male, studiò col maestro Mario Schisa. Il cantante intendeva perfezionare la tecnica di emissione in presenza del microfono, per evitare che l’amplificazione coprisse le sfumature del suo timbro tenorile, in particolare i caratteristici passaggi alla mezza voce e al falsetto.
Forte della nuova preparazione, nel 1939 vinse col brano Raggio di sole il concorso per voci nuove Il quarto d’ora del dilettante, indetto dal teatro Odeon di Milano. Ne seguirono un contratto con l’etichetta discografica Odeon (Madonna fiorentina, il primo 78 giri inciso) e una tournée in Germania nei primi anni Quaranta (dove alcuni giornali lo ribattezzarono ‘Klein Gigli’).
Tra il 1941 e il 1942 due dischi, Villa triste e Luna marinara, lo resero noto al pubblico radiofonico. Numerosi impegni, nonostante la guerra, gli provennero dal teatro di varietà (debuttò nel 1941 col Carro di Tespi) per cantare in spettacoli di rivista (Scala d’argento, 1943; Follie della città, 1944; Tutto per lo sfollato e Cosa succede a Porta Romana nel biennio 1944-1945). Frattanto aveva incontrato una sarta milanese di cinque anni più giovane, Lina Agnesi, che sposò nel febbraio 1943 dopo qualche resistenza della famiglia di lei, da cui ebbe un figlio, Luciano jr.
Nel 1947, con un camion quale palcoscenico mobile, intraprese un lungo e fitto tour nelle province del Nord Italia che rafforzò la sua popolarità, diffusa in particolare nel ceto medio-basso. Il repertorio destinato a questa fascia di pubblico includeva soprattutto brani da ‘mani sul cuore e lacrime nei fazzoletti’, sia dialettali (stornelli romaneschi e canzoni napoletane come Core’ngrato, Santa Lucia luntana, Munasterio ’e Santa Chiara) sia del filone cosiddetto ʻmelodico all’italiana' (Malinconia d’amore, Credimi, E zitto amore, Lontananza, Serenata serena). Conobbe allora a Trieste il pianista Luciano Maraviglia, con il quale, in oltre vent’anni di collaborazione, scrisse alcune delle sue canzoni più note (Ti voglio così, Luce degli occhi miei, Il valzer della strada).
Nel 1949 il regista Mario Landi lo fece debuttare in un film musicale, affidando con coraggio il ruolo del protagonista a un attore affetto da zoppia. Così, in Canzoni per le strade, Luciano Landi (questo il nome del personaggio) non aveva ragazze da sedurre: era un cantante mutilato, scampato a un tentato suicidio, che infine sposa la sorella cieca del suo salvatore. La storia strappalacrime fu un successo al botteghino, talché negli anni a seguire Tajoli fu scritturato in un buon numero di film: Trieste mia!, 1951; Don Lorenzo, 1952; Il romanzo della mia vita, La pattuglia dell’Amba Alagi, 1953; Napoli piange e ride, 1954; La porta dei sogni, 1955; Cantando sotto le stelle, Il canto dell’emigrante, 1956 (con la partecipazione del figlio, Luciano jr, nelle vesti di piccolo attore); Ascoltami, 1957; Meravigliosa, 1960; Urlo contro melodia, 1963.
Nel contempo partecipò ad alcune rubriche radiofoniche (La vedetta della settimana, L’usignolo d’argento, Pista di lancio, Luciano Tajoli presenta: quest’ultima, del 1957, molto seguita) e proseguì in un’incessante attività dal vivo, anche all’estero (Venezuela e Cuba nel 1957, Stati Uniti nel 1958), molto richiesto dai connazionali.
Erano gli anni in cui il festival di Sanremo (1951) si stava affermando come principale evento canoro italiano: Tajoli non vi era ancora stato invitato, sebbene fosse un artista acclamato. Eppure a dominare i primi Sanremo erano proprio i 'tenorini' come lui, interpreti di quelle canzoni che, per dirla con l’ironia sorniona di Massimo Mila, «avevano il merito di parlare di madri dal cuore infranto, o magari della patria o della prima comunione […] apparentate da un tratto comune: il desiderio di sembrare una romanza di Puccini» (così in un articolo del 18 marzo 1956, poi in M. Mila, Cronache musicali 1955-1959, Torino 1959, pp. 502-505). Tajoli soffrì non poco a causa delle continue esclusioni dalla RAI: sapeva bene che erano dovute non a ragioni artistiche ma d’immagine (la gara fu teletrasmessa dal 1955), dovendo egli cantare sorreggendosi a un bastone.
Dal 1960 passò all’etichetta discografica Juke Box dell’influente editore e compositore Carlo Alberto Rossi, e forse non fu un caso se l’anno successivo arrivò l’atteso invito da Sanremo. Il cantante milanese si presentò in coppia con l’'urlatrice' Betty Curtis, aggiudicandosi a sorpresa, con oltre 700.000 preferenze, il primo posto in un’edizione del festival che introduceva la novità del voto popolare attraverso le schedine dell’enalotto (secondi arrivarono Adriano Celentano e Little Tony con 24mila baci). Il brano interpretato, Al di là (musica di Carlo Donida, parole dell’esordiente Giulio Rapetti, in arte Mogol), che a qualche critico parve una «canzonetta fra le più insignificanti» (Arturo Gismondi, L’Unità, 7 febbraio 1961), fu apprezzato soprattutto per la modernità di una forma che perviene rapidamente al ritornello, sia pure disegnata da una tipica, ariosa melodia all'italiana (fortunata all’estero la versione di Emilio Pericoli).
Tajoli partecipò ancora tre volte al festival di Sanremo, nel 1962 con Il cielo cammina e L’anellino (canzoni entrambe eliminate), nel 1963 con Le voci (eliminata) e Ricorda (quinta classificata), nel 1970 con Sole, pioggia e vento (ottava). Nello stesso periodo comparve in altre gare canore: Canzonissima (1961 e 1965), Cantagiro (1962, secondo classificato con Ad un palmo dal cielo, e 1963), Cantaestate (1964, primo nella categoria ʻmiglior cantanteʼ).
Furono gli ultimi anni di un’attività a ritmi sostenuti, segnati ancora da innumerevoli concerti e tournées (nel 1965 e 1967 in Giappone, dove la versione nipponica della sua Abbracciami forte fu un successo di vendite). Il suo credito andava tuttavia riducendosi nei confronti di un pubblico ormai formato in maggioranza da giovani, attratto da generi e stili diversi (la canzone d’autore, il rock), che lo considerò superato al pari di altri paladini della canzone-romanza quali Oscar Carboni, Giorgio Consolini, Arturo Testa, Claudio Villa: un vecchio rivale, quest’ultimo, col quale nel 1981 si unì per un concerto alla Bussola, in Versilia, intitolato Finalmente insieme. Nel 1972 ci fu addirittura l’annuncio del ritiro, che in realtà durò pochi mesi.
Da questo momento la carriera di Tajoli proseguì senza sussulti tra serate nella provincia italiana e tournées all’estero, dove rimase popolare, in particolare in Canada e negli Stati Uniti (nel 1988 fu insignito della cittadinanza onoraria di Hollywood, in Florida). Degno di nota l’impegno per la solidarietà che caratterizzò l’ultima fase della sua vita: nell’ottobre 1984 donò alla Lega italiana per la lotta contro i tumori l’incasso del concerto tenuto al teatro Nazionale di Milano per i quarantacinque anni di carriera; nel 1989 fondò l’Associazione internazionale “Inno alla vita”, con lo scopo di aiutare i bambini disabili.
Morì nella prima serata di sabato 3 agosto 1996 nella sua casa di vicolo Carbonini a Merate (Lecco), dove viveva con la moglie. L’anno prima, dopo l’ennesimo tour tenuto a maggio in Australia al fianco dell’amica Nilla Pizzi, aveva cominciato ad avvertire stati di malessere. Ricoverato per accertamenti a inizio 1996, gli fu diagnostica una grave epatopatia. Con l’interprete di Mamma, Rosso di sera, Spazzacamino, Tango delle capinere, Scrivimi, si spense – dopo una carriera durata più di cinquantacinque anni e alcune decine di milioni di dischi venduti – uno degli ultimi e maggiori rappresentanti della canzone melodica all’italiana.
E. De Mura, Enciclopedia della canzone napoletana, II, Napoli 1969, p. 365; G. Rondolino, Dizionario del cinema italiano 1945-1969, Torino 1969, p. 361; G. Borgna, Storia della canzone italiana, Roma-Bari 1985, pp. 120 s.; Id., Le canzoni di Sanremo, Bari 1986, pp. 85-88; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, VII, Le biografie, Torino 1988, pp. 624 s.; G. Baldazzi, La canzone italiana del Novecento, Roma 1989, pp. 84-86; G. Borgna, L’Italia di Sanremo, Milano 1998, pp. 75 s.; Il meglio di L. T., Bresso 1998; M. Giannotti, L’enciclopedia di Sanremo, Roma 2005, pp. 203 s.; A. Sciotti, Enciclopedia del festival della canzone napoletana 1952-1981, Napoli 2010, pp. 428-430; La canzone italiana 1861-2011. Storie e testi, a cura di L. Colombati, Milano 2011, p. 583; S. Facci - P. Soddu, Il Festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione, Roma 2011, pp. 105-108; F. Liperi, Storia della canzone italiana, Roma 2011, pp. 160 s.; C.M. Lomartire, Festival, Milano 2012, pp. 111 s.; A. Aragozzini, Enciclopedia del Festival di Sanremo, Roma 2013, pp. 37-39; L. Campus, Non solo canzonette, Milano 2015, pp. 50 s.