RAMO, Luciano
– Nacque a Napoli il 19 dicembre 1886 da Vincenzo, avvocato attivo nella politica cittadina, e da Alfonsina Navarra.
Esordì come «scolaro caricaturista» (Avventure di un caricaturista, 7 giugno 1943) mentre studiava al liceo ginnasio Vittorio Emanuele II di Napoli, pubblicando sulle pagine del periodico umoristico Monsignor Perrelli caricature di professori di scuola e di uomini politici napoletani, tra i quali il padre, assessore supplente della giunta presieduta dal liberale monarchico Celestino Summonte nel 1900.
Trasferitosi a Milano «non ancora ventenne» (Trevisani, 1975, p. 724), si dedicò a una multiforme attività pubblicistica che lo impegnò sia come disegnatore – si veda una precoce copertina per L’Avanti della Domenica del 7 gennaio 1906 – sia in veste di giornalista, con la collaborazione al Secolo e al Mondo Artistico di Franco Fano, dove «s’iniziò all’ambiente del teatro» (Le scene e i costumi: L. R., in Annali del Teatro Italiano, I, 1921, p. 306) . Si specializzò presto nelle caricature di attori e musicisti per il settimanale In galleria, di cui fu condirettore dal 1907 al 1908, allargando il suo raggio di azione alle celebrità sportive con le caricature realizzate fra 1907 e 1910 per la Gazzetta dello Sport e L’Auto d’Italia. Nei primi anni Dieci prese parte a diverse esposizioni umoristiche: a Rivoli, nel 1911, l’eleganza delle sue figure in bianco e nero gli valse un diploma di benemerenza. Nelle illustrazioni ‘istantanee’ realizzate per Nell’Olimpo italico di Gino Cucchetti (1913) sperimentò anche il genere del pupazzettismo politico. L’anno successivo, su invito del direttore di Varietas Pasquale De Luca, pubblicò a suo nome un originale instant book post-elettorale (Nasi e musi della nuova camera, Milano 1914), in cui i ben 508 schizzi caricaturali dei nuovi parlamentari furono accompagnati da brevi versi umoristici redatti in forma anonima dall’onorevole Luigi Siciliani. Il libro ebbe buon successo, tanto che la sua formula venne replicata qualche anno dopo (Figure e figurini della nuova Camera, Milano 1920).
Ormai «in primissima linea fra i cartellonisti e gl’illustratori umoristici d’Italia» (De Luca, 1913, p. 937), Ramo fornì disegni di copertina, illustrazioni, pupazzetti e caricature per diverse riviste, tra cui Varietas, Ars et Labor, e il Cestino da viaggio, trimestrale umoristico «preparato principalmente per i viaggi ferroviari», di cui fu tra i fondatori e principali animatori. Per La Freddura scrisse anche alcuni articoli critici dedicati ai colleghi Adriana Bisi Fabbri, Ezio Castellucci, Enrico Sacchetti, agli inizi del 1914.
Nel frattempo, ai mestieri di giornalista e caricaturista, Ramo aveva affiancato quello di «disegnatore elegante, moderno, decorativo», che lo portò a muoversi in un orizzonte creativo sempre più variegato: «dal cartellone di tipo o di ambiente elegante alla composizione di un quadro decorativo da salotto, dalla visione di un gruppo mondano alla creazione di toilettes per signora» (L. R., in La Freddura, gennaio 1914, p. 18). Intorno al 1913 fondò l’Atelier Ramo, che si servì della collaborazione di Aldo Bruno (pseudonimo di Aldo De Luca, fratello di Pasquale), conquistandosi la «fiducia delle più quotate ditte industriali ed editoriali» e attirando «sempre di più l’attenzione di capicomici, autori di teatro, proprietari di cinema, divi e divette del teatro di varietà» (p. 19), con manifesti in cui campeggiavano frivole figure femminili ritratte in ambienti mondani – si vedano il cartellone per l’operetta Yvonne di Camillo Antona Traversi e Carlo Vizzotto, e quello per Suzi di Franz Martos. Tra i casi più significativi di questa produzione, vi fu certamente il manifesto dedicato a Ettore Petrolini, risalente verosimilmente al 1913, in cui Ramo costruì un efficace contrasto tra l’impostazione bidimensionale, a silhouette, del corpo dell’attore, vestito in blu e bianco, e l’effetto a rilievo del suo volto arancione (Ramo, 1917, tavola fuori testo).
Il 27 marzo 1915 fu chiamato a pronunciare una conferenza sull’Arte nella Réclame, presso l’Università Popolare di Milano. Stralci dell’intervento furono pubblicati su L’Impresa Moderna, ma la stampa in volume avvenne soltanto nel 1917. Per il coinvolgimento diretto dell’autore nella produzione pubblicitaria, e per la sua concezione moderna e antiaccademica del manifesto, che lo avvicinò «come spirito informativo, alla scuola futurista» dell’«amico Boccioni» (L’arte nella réclame, 1917, p. 11), si trattò di uno dei più attenti interventi del periodo. Ramo si preoccupò di sottolineare l’autonomia della cartellonistica rispetto alla pittura, poiché «il cartello réclame (…) non ha nulla e non deve aver nulla di comune col quadro pittorico» (p. 10). L’avvento della «pittura al servizio della vita vissuta», consentì il superamento dell’immagine dell’artista bohémien e della concezione ottocentesca dell’Art pour l’art: il pubblico del cartellonista non fu più, infatti, il «migliaio di persone» tipico dei ristretti circuiti delle arti maggiori, «ma la città tutta, ma il pubblico tutto, ma la folla, la immensa folla che vive, che si muove, che si agita, che corre, che si moltiplica intorno» (p. 14). Da questa consapevolezza scaturì per Ramo un’acuta considerazione della funzione performativa del manifesto, per cui il pittore di réclame deve utilizzare semplicità, chiarezza e colori al fine di «commuovere delle impressioni, non solo, ma provocare tutto uno stato mentale e psichico tale da indurre il suo pubblico a far qualche cosa, a decidersi, a comprare, a compiere un’azione morale o materiale» (p. 14). Passando poi in rassegna la produzione italiana e internazionale, Ramo riconobbe come la «scuola cartellonistica italiana» costituisse «un genere affatto a sé, eminentemente artistico e pittorico nel senso della parola», e come alla Francia spettasse il primato «per quanto concerne il cartello e la moda femminile» (p. 37), ma si mostrò assai conscio dei radicali cambiamenti introdotti dalle spinte di professionalizzazione della pubblicità americana, dove era comparsa in quegli anni la figura del ‘consulente di pubblicità’. D’altra parte, non gli sfuggirono neppure le potenzialità propagandistiche della réclame ‘guerresca’, su cui concluse la conferenza, nel segno di un’accorata esortazione interventista.
Ramo fu in effetti attivo nel campo propagandistico fin dal dicembre del 1914, quando mise in commercio una serie di otto cartoline umoristiche interventiste intitolate I proverbi e la guerra. Allo scoppio delle ostilità si arruolò come tenente d’artiglieria nella 7ª Armata. Nel luglio del 1915 avviò la collaborazione con Bianco Rosso Verde, rivista patriottica diretta da Camillo Antona Traversi, per cui disegnò il cartellone di presentazione, con una Minerva in atto di puntare il dito verso l’orizzonte, in una personale e classicistica interpretazione del celebre manifesto di Lord Kitchener. Nel corso del conflitto produsse diversi manifesti antitedeschi, di chiara derivazione pubblicitaria. Nel 1918, «dopo tre anni di vita di batteria, su tutti i fronti», fu trasferito «al Comando della VII Armata, ufficio Propaganda» (Avventure di un caricaturista, 19 giugno 1943). Qui – insieme a Giorgio Muggiani e Primo Sinopico – fu tra i principali disegnatori de Il Razzo, giornale di trincea in cui sperimentò diverse soluzioni grafiche, dal racconto per immagini (La giornata dell’artigliere, 17 maggio 1918), ai disegni di prima pagina, vere e proprie invasioni dello spazio tipografico nell’intreccio verbo-visivo con i versi di Agno Berlese (Ardito all’assalto, 18 luglio 1918).
Gli anni della guerra coincisero con l’intensificarsi della pratica propriamente teatrale da parte di Ramo, avviata con alcune esperienze nel vaudeville dei primi anni Dieci. Nel 1915 realizzò i costumi per la Fedra di Ildebrando Pizzetti e Gabriele D’Annunzio, rappresentata alla Scala di Milano con la messinscena di Antonio Rovescalli. Tra il 1915 e il 1917, durante le licenze dal fronte, si dedicò con successo alla realizzazione di allestimenti, costumi e testi per gli spettacoli di rivista che si tennero presso la Taverna Rossa di Milano. In occasione de Il Sor Betto e la Sora Betta, rappresentata nel luglio del 1916, avviò una intensa collaborazione con Carlo Rota, che sarebbe sfociata nella creazione della compagnia di riviste Rota-Ramo nel 1919. Intanto, il 16 agosto 1917, sposò a Milano Lena Ascenzia.
Nell’immediato dopoguerra curò gli allestimenti per gli spettacoli ‘rivistaioli’ di Silvio Zambaldi, Alberto Colantuoni, Piero Mazzuccato, oltre che degli stessi Ramo e Rota, soprattutto all’Eden di Milano. Emblematici del clima surriscaldato dell’epoca, furono i figurini dei costumi della rivista Barbapedana di Carlo Veneziani e Piero Mazzuccato che presentavano, tra gli altri, una scosciata guardia rossa con tanto di mantella decorata a falci e martelli (Le scene e i costumi: L. R., in Annali del Teatro Italiano, I, 1921, pp. 306 s.). Sul finire del 1922 lo spettacolo Manicomio! della Compagnia Rota-Ramo segnò la progressiva conclusione della stagione della rivista d’attualità politica, che andò di pari passo con l’inasprimento della censura fascista.
Nel 1927, in collaborazione con Mario Mattoli, allora procuratore della società teatrale Suvini-Zerboni, Ramo fondò la compagnia Za-Bum spettacoli, che fornì un contributo assai innovativo nell’ambito dell’intrattenimento comico, stimolando una nuova stagione della rivista recitata e cantata. La rivista Za-Bum fu uno spettacolo sistematicamente privo di contenuti politici, costruito sull’impiego di attori di prosa in una vorticosa miscela di scenette comiche, balletti, musiche originali. Un ruolo fondamentale era giocato dalle canzonette, che godettero di una diffusione autonoma allora inedita, grazie ai nuovi canali della discografia e della radio. In quest’ambito, Ramo scrisse versi ironici e disimpegnati per le composizioni di Vittorio Mascheroni e altri, firmando grandi successi come S.T.R.A.M.I.L.A.N.O. (1929), e Lodovico, divenuta celebre nella versione cantata da Vittorio De Sica per lo spettacolo Le lucciole della città, di Dino Falconi e Oreste Biancoli (1931).
Chiusa l’esperienza con Za-Bum, dalla metà degli anni Trenta si dedicò assiduamente agli allestimenti teatrali, dirigendo la compagnia di Dina Galli e curando le regie di diversi spettacoli, non solo di rivista, come Bertoldissimo di Falconi e Oreste Frattini messo in scena dalla compagnia Schwarz nel 1937, ma anche di prosa. In quella fase alternò la pratica teatrale con la scrittura di articoli giornalistici per riviste di settore (Scenario, L’Opera comica, Il Pomeriggio, Film, Dramma) e non (La Stampa), che lo condussero alla successiva scrittura dell’importante Storia del Varietà del 1956. Fu attivo anche nel secondo dopoguerra: fondò e diresse una compagnia di prosa al Teatro Sant’Erasmo di Milano intesa a promuovere la rinascita del teatro dialettale milanese, con opere d’ispirazione portiana come El Marchionn di gamb avert di Ciro Fontana, rappresentata il 30 ottobre 1956.
Morì a Milano il 26 giugno 1959.
Opere. L’arte nella réclame, Milano 1917; Questo è un articolo Za Bum, in Comoedia, 15 dicembre 1929 - 15 gennaio 1930, pp. 17 s.; Il teatro romanzato, in La Stampa, 29 maggio 1942; Fatti e misfatti della pubblicità, in La Stampa sera, 23, 29 aprile, 1, 4, 7, 11 maggio 1943; Avventure di un caricaturista, ibid., 7, 10, 15, 19, 25 giugno 1943.
Fonti e Bibl.: Una compagnia italiana del “vaudeville”, in Corriere della sera, 13 settembre 1911; A. Fraccaroli, L’arte umoristica all’esposizione di Rivoli, in La Lettura, luglio 1911, pp. 585-590; P. De Luca, Piccola Galleria d’Arte. La genialità di L. R., in Varietas, dicembre 1913, pp. 935-941; L. R., in La Freddura, gennaio 1914, pp. 16 s.; Guido, Rivista teatrale. Fedra, di G. D’Annunzio, musicata da Ildebrando Pizzetti, in L'Illustrazione Italiana, 28 marzo 1915, pp. 264 s.; Le scene e i costumi: L. R., in Annali del Teatro Italiano, I (1921), pp. 306 s.; Una compagnia stabile di riviste all’Eden, in Corriere della Sera, 11 settembre 1923.
Polonio, L. R. signore del teatro, in Corriere della sera, 27-28 giugno 1959; Storia di Napoli, X, Napoli 1971, pp. 116; G. Trevisani, L. R., in Enciclopedia dello spettacolo, VIII, Roma 1975, pp. 724 s.; G. Fanelli - E. Godoli, Dizionario degli illustratori simbolisti e art nouveau, II, Firenze 1990, p. 140; V. Pica, Il manifesto. Arte e comunicazione nelle origini della pubblicità, a cura di M. Picone Petrusa, Napoli 1994, pp. 112 s.; P. Valentini, La scena rubata. Il cinema italiano e lo spettacolo popolare, 1924-1954, Milano 2002, pp. 58-82 .