LAURANA, Luciano
Nacque da Martino a Laurana, piccolo borgo dalmata nell'entroterra di Zara, ora denominato Vrana. In mancanza di documenti, la nascita è stata approssimativamente collocata intorno agli anni 1420-25. Budinich (1904) propende per Zara come luogo di nascita sulla base di alcuni documenti pesaresi, fra i quali il testamento del 7 sett. 1479, dove il L. è detto "Lutianus quondam Martini de Jadra".
Il primo apprendistato del L. iniziò probabilmente nella stessa Zara, tornata nel 1409 sotto il dominio veneziano, o in altro importante centro della costa dalmata, come Sebenico o Ragusa. Serra (1931) preferisce Spalato, dove il L. avrebbe potuto conoscere l'architettura tardoantica del palazzo di Diocleziano. È anche possibile che il L. fosse coinvolto nelle attività di cava, trasporto e lavorazione della pietra in Istria, e che conoscesse le antichità di Pola. Ma non si può escludere che si spingesse fino a Venezia. Nessuna notizia è stata tuttavia rintracciata in proposito, così come troppo vago sembra il riferimento di Vasari a un architetto "schiavone", attivo a Venezia e presente a Firenze al seguito di F. Brunelleschi (Vasari - Milanesi, II, 1906, p. 385), per poter dedurre (Budinich, 1904; L. Venturi) un'attività fiorentina di L., anche se è più che probabile che egli abbia conosciuto l'architettura di Brunelleschi, direttamente o indirettamente, tramite Luca Fancelli a Mantova.
L'assenza di notizie sulle prime vicende biografiche del L. è tanto più grave perché rende difficile ricostruire non solo dove e attraverso quali esperienze maturasse le sue conoscenze, ma anche se queste fossero più da architetto o da costruttore e ingegnere militare, ruolo nel quale fu impegnato soprattutto nei suoi ultimi anni. I documenti che permettono di aggiornare le conoscenze sugli anni immediatamente precedenti l'attività del L. in Urbino fanno propendere per un'ampia gamma di capacità, di architetto, ingegnere militare e costruttore allo stesso tempo.
La prima notizia è relativa a un progetto presentato per la porta Maggiore di Fano: di fatto il nome dell'autore, indicato in una nota del Consiglio di quella città del 28 apr. 1464, come "magister Felicianus ingegnerius Magnifici Domini Federici" è corretto in "Lucianus" nella nota del 24 apr. 1465, quando si discusse se preferire il progetto del L. o quello di Matteo Nuti, che fu infine adottato dal Consiglio (Volpe, pp. 142, 160). Sebbene resti da chiarire se il "Lucianus" del documento sia proprio il L., Calzona (2004, alla cui appendice, pp. 462-492, si fa riferimento, se non altrimenti specificato, per i documenti citati nel corso della voce) ha ipotizzato che la presenza l'8 marzo 1464 a Mantova (dove il L. era al servizio di Ludovico Gonzaga) di un messaggero Ubaldini proveniente da Urbino possa legarsi alla richiesta di utilizzare l'artista da parte di Federico da Montefeltro. L'ipotesi di una anticipata presenza del L. a Urbino sarebbe anche confortata dalla lettera che il 6 apr. 1465 Giacomo da Spira, astrologo di Federico da Montefeltro, scrive all'astronomo papale Regiomontano (Johann Müller) menzionando un "Lucianus", assente in quel momento, ma già impegnato a Urbino nella misurazione di superfici e distanze e nel calcolo dei corpi conici.
Una presenza del L. a Urbino nel 1464 non contrasterebbe con i documenti già noti (Fontebuoni) che parlano del L. impegnato in viaggi da Mantova a Pesaro e Urbino nel 1465 e nel 1466, né con la precedenza, sostenuta da Lutz, dell'attività del L. per Ludovico Gonzaga, marchese di Mantova, rispetto a quella svolta per Alessandro Sforza, signore di Pesaro, e Federico da Montefeltro, signore di Urbino. Porterebbe piuttosto a ridiscutere i rapporti del L. con L.B. Alberti, che pare fosse presente nell'estate del 1464 presso Federico da Montefeltro (Biermann, 2002; Calzona), trattenutosi in Urbino per tutto l'anno. In questo caso prenderebbe maggiormente corpo anche l'ipotesi che fosse Alberti a segnalare il L., conosciuto a Mantova alla fine del 1463 o già nel 1459, al conte di Montefeltro.
Certo alla fine del 1464 o nei primi mesi del 1465 il L. era a Mantova, perché tre lettere, due inviate da Ludovico Gonzaga ad Alessandro Sforza e al L., e una da Barbara di Brandeburgo, moglie del marchese, al L., ne reclamavano l'8 maggio 1465 il ritorno da Pesaro, dove si sarebbe dovuto trattenere "pochi giorni" per dare "il consilio e parer suo circa quelle sue fabbriche". Il 17 maggio 1465 il L. rispondeva a Barbara di Brandeburgo che si sarebbe imbarcato il giorno seguente per tornare da Pesaro a Mantova.
A Pesaro il L. si dovette probabilmente occupare delle fortificazioni o del completamento del palazzo ducale, dove nel 1457 era stata già realizzata la "sala magna", ancora priva del cornicione. Le finestre sulla piazza sarebbero state solo più tardi aggiornate in similitudine con quelle lauranesche del palazzo ducale di Urbino (Eiche). Più incerto pare il supposto legame fra la presenza del L. a Pesaro e la chiesa dell'Osservanza, eretta entro gli anni 1465-69 e distrutta nel XVI secolo per realizzare le fortificazioni della città.
Il primo soggiorno noto del L. a Pesaro venne dunque interrotto dalle pressanti richieste dei Gonzaga; e il 12 luglio 1465 Giovanni da Padova, dal palazzo fortificato di Goito, informava Ludovico di essere in attesa del L., il quale era a Mantova "a ordinare che se fazano a suo modo" i camini di Villabona. Ancora il L. è citato nella richiesta del 3 ott. 1465 di Ludovico Gonzaga a Giovanni da Padova di lasciare Goito per evitare possibili pericoli di peste e nella tranquillizzante risposta di Giovanni da Padova del 4 o 5 seguente. Il 2 genn. 1466 Ludovico Gonzaga prometteva nuovamente ad Alessandro Sforza che alla fine del mese il L. sarebbe partito da Mantova per Pesaro "per quello suo edificio", avendo promesso di farlo tornare non appena avesse terminato il lavoro. Il 20 gennaio il trasferimento del L. a Pesaro veniva ribadito da una lettera di Giovanni de Gavardis da Mantova che chiedeva che il L. portasse, al ritorno, piante, innesti e frutta. Del 20 marzo 1466 è infine la lettera al Gonzaga (Franceschini), in cui Ottaviano Ubaldini spiegava che, durante il soggiorno pesarese, il L. si era recato a Urbino per occuparsi del palazzo di Federico, e pregava che il L. potesse raggiungere Federico a Milano per sottoporgli il "modello" del palazzo e "intendere bene quanto se abbia a fare a questa casa". Si tratta della richiesta che anticipa l'impegno duraturo del L. a Urbino e successivamente a Pesaro, e che Ludovico Gonzaga non ebbe evidentemente modo di rifiutare, perché il 25 apr. 1466 scriveva alla moglie Barbara che, in risposta alla richiesta di Alessandro Sforza e Federico da Montefeltro di avere a disposizione il L., intendeva concederglielo per fare loro cosa gradita (Calzona). Nella stessa lettera il Gonzaga dichiara che "magistro Luciano" non era stato "alevato in casa nostra". Il L. fu di ritorno a Mantova da Milano il 1° giugno, per partire poco dopo per Urbino. Per quanto riguarda altre sue attività per il signore di Mantova, pare difficile accettare l'attribuzione al L. del palazzo di Gonzaga (Lutz), oggi distrutto, sebbene la proposta sia interessante per alcune somiglianze del programma architettonico della residenza fortificata gonzaghesca con quello del palazzo ducale di Urbino.
L'attribuzione al L. del cortile del castello di Mantova sulla base di una somiglianza della soluzione angolare del cortile con quella del cortile del palazzo ducale di Urbino (Pacchioni) è stata smentita dai documenti che ne danno l'esecuzione a Fancelli, a partire da un disegno di A. Mantegna, intorno al 1472.
Le notizie documentarie ora esposte permettono di tracciare un profilo più preciso del L. nel tempo in cui gli venne affidata la realizzazione del nuovo palazzo dei Montefeltro. Il L. era un architetto apprezzato da un signore attento come Ludovico Gonzaga, che ne aveva bisogno per le costruzioni in corso a Mantova e nelle residenze di Goito e Villabona, dove il L. diede indicazioni per realizzare i camini, uno degli aspetti funzionali più delicati e per i quali anche Francesco di Giorgio Martini fu richiesto da Federico Gonzaga nel 1484. Aveva competenze diverse da quelle di Giovanni da Padova, celebre ingegnere idraulico del tempo, e la sua permanenza relativamente breve presso lo Sforza è il chiaro indizio di un'attività progettuale e non esecutiva. Altrettanto si deduce dalla citata lettera di Ottaviano Ubaldini al marchese, in cui il L. risulta essere autore di un "modello" per il palazzo ducale di Urbino, e dallo stesso fatto che il L. si trattenne a Milano per circa due mesi presso Federico, per discutere con lui il perfezionamento e la realizzazione del progetto. Se poi il L. fosse quel "Lucianus" ricordato da Giacomo da Spira, dotato cioè di una sicura conoscenza di matematica e geometria, si completerebbe il quadro che emerge dalla patente rilasciata da Federico al L. a Pavia il 10 giugno 1468 (Pungileoni; Bruschi, 1978): il L. vi viene "elletto e deputato […] per Ingegnero e Capo di tutti li maestri" che a lui avrebbero obbedito "non altramente che alla nostra propria persona".
La delega del signore di Urbino viene preceduta da una densa premessa, della quale si può ora meglio cogliere, sulla base dell'insieme dei documenti noti, anche il valore biografico dei riferimenti al Laurana. In essa Federico dichiara infatti il suo apprezzamento per "la virtù dell'architettura fondata in l'arte dell'arismetrica e geometria, che sono delle sette arti liberali, e delle principali, perché sono in primo gradu certitudinis" e attribuisce implicitamente la loro conoscenza al L., scelto dopo avere invano cercato ovunque, e soprattutto in Toscana "dove è la fontana delli architettori", l'architetto destinato a realizzare il suo palazzo. Federico, che aveva ottenuto dunque l'architetto cercato grazie ai rapporti con Ludovico Gonzaga, inviava, di rimando, a quest'ultimo nel 1481 il rilievo del proprio palazzo e consigli, frutto dell'esperienza maturata nella sua realizzazione.
Giunto a Urbino, nel 1466, il L. dovette dedicarsi completamente alla costruzione del palazzo Ducale. Al 28 nov. 1467 risale il documento che attesta la lite fra il L. e il muratore Giacomo da Como relativa alla misurazione e al pagamento delle opere da lui eseguite e da eseguire.
La lite si risolse il 1° dic. 1467 in base alla "sententia" data da maestro Giorgio di Antonio da Pesaro, il quale stabiliva misure e prezzo delle volte a lunette, a botte e a crociera "secondo appare nella scripta facta per M. Luciano apresso di me", faceva altrettanto per i torricini, che "rimangano vacui come sono" e le scale all'interno. La "sententia" precede di poco la patente e permette di dedurre alcune notizie in merito allo stato di avanzamento dei lavori nel palazzo, dove i torricini risultano essere stati iniziati e per il quale sono previsti diversi tipi di volte, comprese quelle a crociera, che si trovano in corrispondenza della rampa di discesa dal cortile ai piani seminterrati, dei pianerottoli dello scalone e soprattutto delle logge terrene del cortile. Si entra così nella complessa questione di quale parte del palazzo fosse eseguita durante i sei anni di permanenza del L. a Urbino, quali le preesistenze, le parti completate dopo la sua partenza nel 1472 e il linguaggio architettonico espresso dal L. nelle parti da lui realizzate.
Sin dall'inizio degli studi fu chiaro che il palazzo ducale di Urbino fu costruito accorpando edifici preesistenti, in considerazione sia delle giunture visibili nelle murature e del mutare della decorazione architettonica, sia delle poche fonti e della descrizione di Bernardino Baldi (1590). Le principali proposte sulle diverse fasi della costruzione sono state avanzate da Serra (1931 e 1934) e approfondite da Rotondi (1950-51 e 1970), il quale ha identificato i diversi corpi aggiunti a partire dall'ala orientale del palazzo che fronteggia l'abitato e termina davanti alla chiesa di S. Domenico. Qui i lavori dovettero iniziare ben prima del 1463-64, il periodo di pace che seguì la vittoria di Federico su Sigismondo Malatesta indicato da Baldi come inizio dei lavori. Dopo l'ulteriore contributo di studi sul palazzo e i suoi restauri (Polichetti, 1985), Negroni ha identificato nel vecchio palazzo comunale porticato menzionato nei documenti sulla piazza principale, l'edificio nel quale il conte Antonio da Montefeltro aveva trasferito la residenza comitale. Il suo successore, Guidantonio, avrebbe sviluppato il corpo lungo la via di fronte alla chiesa di S. Domenico, coincidente con la cosiddetta palazzina della Iole. Altre notizie su questa, che Rotondi (1950-51) definisce come prima fase del palazzo ducale di Urbino, riguardano una cappella, uno studiolo e un cortile "antico". Sull'altro lato della piazza principale Negroni ricostruisce il vecchio duomo, più piccolo e disposto trasversalmente rispetto al nuovo. Per la nuova cattedrale papa Eugenio IV aveva emanato una bolla il 7 luglio 1437, e Sisto IV un'altra il 30 apr. 1474, ma Federico avrebbe dato inizio ai lavori solo intorno al 1480, in base al progetto di Francesco di Giorgio Martini. È stato tuttavia supposto (Bruschi, 1995 e 1996) che il L. potesse avere preparato disegni anche per quest'ultima.
In questo contesto, la seconda fase inizia con la costruzione, da parte del L., dell'ala del palazzo che, a partire dall'angolo di fronte a S. Domenico, procede verso valle sino alla cosiddetta facciata dei torricini, che si sa essere in costruzione nel 1467. Quest'ala permise di formare anche la facciata in piazza del nuovo palazzo di Federico e ne contiene le parti più importanti: il cosiddetto scalone d'onore, che si presenta come una assoluta novità nel contesto dei palazzi italiani del Quattrocento, sia per l'ampiezza che per la disposizione a due rampe rettilinee e parallele con una breve rampa di invito che permette di disporne l'accesso in asse con la loggia del cortile; la biblioteca, il vestibolo d'ingresso al cortile e l'appartamento con i tempietti, al piano terreno; il salone e l'appartamento ducale con lo studiolo, al primo piano; la facciata dei torricini con la loggia trionfale. Altri appartamenti vi sarebbero stati ricavati superiormente alla fine del secolo XVI. Il recente ritrovamento (Giannatiempo López) di frammenti affrescati al di sotto dei pavimenti degli ambienti retrostanti i tempietti, concorda con l'attribuzione al L. di quest'ala, poiché essi provengono dalla demolizione di ambienti di rappresentanza della dimora di Guidantonio, che dovettero lasciare posto alla nuova costruzione e i cui resti furono subito utilizzati per il rinfianco delle volte inferiori del nuovo braccio.
Gli episodi architettonici rivelatori delle più articolate scelte linguistiche sinora assegnate al L. sono la facciata dei torricini a valle e il cortile ad archi su colonne e pilastri angolari. La prima ha un disegno assai netto, con due cilindri scalari alle estremità, ai quali si accostano le finestre dei piani, inquadrate da paraste trabeate che si possono considerare fra le più brillanti invenzioni del L. e che sarebbero state poco dopo riprese nella facciata del palazzo, oltre che nel palazzo ducale di Pesaro, nella rocca di Senigallia e nella casa di Piero della Francesca a Sansepolcro. Isolata al centro, parzialmente scavata nel piano della facciata e innalzata sul piano basamentale, è la loggia, su più piani coperti da volte a botte prive di rinfianco che, in corrispondenza dei due piani superiori - a livello del piano del cortile e dell'appartamento signorile - aggettano su colonne libere, lisce al piano inferiore e scanalate al superiore. La trabeazione completa che le sovrasta prosegue all'interno su paraste entro le quali si aprono portali trabeati. Al carattere trionfale dell'insieme, che si ispira all'arco di Castelnuovo a Napoli e al nuovo palazzo papale di Roma, si accompagna una matura definizione di dettagli all'antica, che richiamano le soluzioni del pronao del Pantheon e quelle dell'arco di Settimio Severo per il cassettonato delle volte. La disposizione obliqua della facciata, rispetto agli altri allineamenti del palazzo a valle, trova una chiara definizione geometrica in pianta, dal momento che corrisponde a quella dell'ipotenusa di un triangolo rettangolo con i vertici posti al centro dei torricini e i cateti proporzionati nello studiato rapporto di 1:2. È a questo proposito utile notare che i cinque speroni di fondazione sottostanti sono regolarmente distanziati fra i torricini e che è assai improbabile che essi siano preesistenti, come vorrebbe Polichetti (1985), e cioè non facciano parte sin dall'inizio del progetto del Laurana.
La scarsità di notizie sull'attività precedente del L., insieme con il fatto che egli lavorò in Urbino negli anni in cui vi fu presente Piero della Francesca, ha fatto avanzare la proposta (Salmi) di farne discendere il mondo figurativo da quello di Piero, ivi comprese le soluzioni della loggia dei torricini. Se tuttavia seguiamo Battisti e Bertelli nel datare la prima presenza di Piero della Francesca a Urbino nel 1469, l'ipotesi non pare sostenibile; e tantomeno è sostenibile quella che il L. vi fosse chiamato da lui, mentre è più probabile che fosse il L. ad avere avuto la possibilità di influire su Piero. Ma ancora una volta si potrebbe supporre un riferimento di entrambi a L.B. Alberti, che potrebbe avere discusso del palazzo con Federico da Montefeltro e dal quale potrebbero dipendere in particolare le soluzioni all'antica della loggia fra i torricini.
È stato discusso anche recentemente (Fiore, 1994 e 1998) che una notevole differenza stilistica esiste in ogni caso tra la loggia dei torricini e il cosiddetto cortile d'onore, con la sua inedita e celebrata soluzione angolare. La successione degli archi su colonne contenuta fra pilastri piegati con paraste di ordine maggiore mostra infatti diverse proporzioni, fonti di riferimento - la soluzione terminale del brunelleschiano portico degli Innocenti a Firenze - e una ancor più astratta e salda definizione dello spazio all'intersezione dei lati del cortile. Anche se non si può escludere che uno stesso architetto sia nel Quattrocento autore di soluzioni stilisticamente diverse, né che le soluzioni del cortile possano fare a loro volta riferimento a consigli albertiani (Burns), la differenza appena notata pone ulteriori interrogativi su quello che è stato a lungo considerato il più originale risultato dell'espressione architettonica del Laurana. La "sententia" del 1467 fa del resto menzione sia dei torricini che di volte a crociera, quali si possono trovare, come si è detto, prevalentemente nel cortile d'onore. Dopo la proposta di Papini è stato recentemente proposto (Frommel) che Francesco di Giorgio sia l'autore delle logge in questione e non solo del completamento del cortile dopo il 1476, anche in considerazione di una similitudine con il cortile del palazzo ducale di Gubbio a lui attribuito. Le soluzioni di quest'ultimo - di pianta trapezia, porticato solo su tre lati e privo della soluzione angolare di parasta-controparasta al piano delle soprallogge - differiscono tuttavia per importanti dettagli da quelle del palazzo di Urbino. La stessa descrizione del palazzo da parte di Federico Galli, in una lettera databile al 1466 nella quale si parla di colonne monolitiche in pietra, potrebbe infatti riferirsi al progetto del L. piuttosto che al cortile preesistente della dimora dei Montefeltro come vorrebbe Marchini (1958 e 1960).
Ancora più difficile dire quando si iniziassero i lavori del corpo occidentale del palazzo ducale verso valle, e se appartenga al progetto presentato dal L. nel 1466 o alla fase precedente, come vorrebbe Rotondi (1950-51). Il suo legame con il progetto del nuovo palazzo sembra indicato dal fatto che rispondendo alla decisione di sviluppare il palazzo al di là delle antiche mura della città, si dispone parallelamente a quello preesistente a monte e, determina la larghezza e la regolare conformazione del cortile d'onore. Alla stessa fase apparterrebbe anche il corpo trasversale che, ampliato successivamente, segna la separazione tra il cortile d'onore e il cosiddetto cortile del Pasquino.
La facciata principale sulla piazza fu poi completata da Francesco di Giorgio, che ampliò le dimensioni delle finestre trabeate, probabilmente immaginate già lì dal L., e introdusse il ritmo alterno delle finestre con i portali nella parte basamentale a bugnato (Fiore, 1989 e 1994). Ancora a Francesco di Giorgio si deve attribuire il secondo corpo della facciata, che si congiunge con il cosiddetto castellare e determina lo spazio interno del giardino pensile, utilizzando alcune preesistenze nei piani seminterrati (Rotondi, 1970; Fiore, 1994; Mussini).
Anche se non possiamo quindi definire con sicurezza il linguaggio architettonico del L. per la mancanza di elementi sulla sua attività precedente quella in Urbino e per la numerosa serie di questioni aperte sul palazzo ducale, resta indubbio che il progetto del L. è quello che ha determinato la configurazione generale e i principali elementi che fanno del palazzo ducale di Urbino una delle più originali architetture del Quattrocento. Il ruolo di Alberti come consigliere umanistico e d'architettura del signore può essere considerato e può avere guidato le scelte distributive e alcune scelte architettoniche del L., che furono successivamente completate, modificate e ampliate da Francesco di Giorgio. Ma il ruolo del L. rimane centrale negli anni che precedono il suo allontanamento nel 1472 e quello che Rotondi (1950-51) definisce il mutamento del clima artistico presso la corte di Federico avvenuto dal 1474 in poi. A questo riguardo va anche ricordato che le prospettive di città ideali, e in particolare quella proveniente dal monastero urbinate di S. Chiara e conservata ancora oggi nella Galleria nazionale delle Marche, attribuita al L. (Budinich, 1902), sono tornate nel novero delle opere che attendono una più sicura attribuzione (Krautheimer, 1948 e 1994), non senza che la critica abbia fatto ricorso da un lato a un richiamo ad Alberti (Morolli) e dall'altro a una più probabile e tarda datazione a fine secolo (Gargiani).
La permanenza del L. a Urbino è ulteriormente testimoniata dall'atto di acquisto del 4 sett. 1470 di una casa con orto presso il Mercatale, perfezionato il 2 ott. 1471, e dall'acquisto dell'8 ag. 1471 di un terreno con una casa nella campagna vicina alla città. Ma già il 24 luglio 1472 si pagano a Napoli 60 ducati a "mestre Lucian Laurana, mestre de artilleries, lo qual lo senior rey fa venir de Urbino" e il 18 settembre si ha notizia di un ulteriore pagamento a Napoli, dove il L. viene impegnato nei lavori per la fortificazione di Castel Nuovo. Il 16 ottobre dello stesso anno il L. è detto "Architector olim Illustrissimi dominj nostri" nell'atto di vendita di un suo terreno agricolo nei pressi di Urbino. Non è però chiaro il motivo dell'allontanamento del L. da Urbino, se per lo scadere di un patto che vedeva garante Battista Sforza, morta improvvisamente il 6 luglio 1472 (il collegamento è stato proposto da Battisti e da Bonvini Mazzanti, 1993) o, come è anche probabile, per le pressanti richieste del re di Napoli Ferdinando I d'Aragona. Alla partenza del L. da Urbino non seguì infatti una damnatio memoriae, come appare anche dal fatto che il L. viene citato per primo fra gli architetti di Federico negli Ordini e officii di Susech e di un anonimo (Peruzzi), scritti probabilmente dopo il 1482, e dal ritorno del L. da Napoli, dove appare ancora in documenti del 1473 e dell'8 marzo 1474, data dell'ultimo pagamento noto dal momento che i registri napoletani del 1475 sono da tempo perduti (per gli altri documenti napoletani, più tardi anch'essi distrutti, Filangieri di Candida, 1937).
L'impiego del L. a Napoli nelle fortificazioni di Castel Nuovo dimostra ancora una volta la versatilità della sua preparazione e la sua indubbia competenza di costruttore. Certamente per questo, oltre che per la passata concessione di Ludovico Gonzaga a Federico e Alessandro Sforza, al quale nel 1473 era succeduto il figlio Costanzo, il 16 marzo 1476 si trova il L. presente in un atto per la fornitura di materiali per la nuova rocca di Pesaro, la cosiddetta rocca Costanza, e il 24 ottobre dello stesso anno in un atto di pagamento per i lavori da lui eseguiti.
Resterebbe da accertare meglio perché, al suo ritorno da Napoli, il L. non fosse nuovamente impiegato nel palazzo di Federico, che era rimasto incompleto e dove solo nel 1476 sarebbe giunto Francesco di Giorgio a condurre i lavori, e fosse piuttosto destinato a Pesaro. Ancora una volta potrebbero essere stati i rapporti signorili, in questo caso quelli derivanti dalle nozze del 1475 di Costanzo Sforza con Camilla di Aragona, nipote del re di Napoli, a guidarne il ritorno. Opere preparatorie alla costruzione della rocca risalgono al 1473; la convenzione di appalto, al 10 febbr. 1474; la posa della prima pietra, con l'oroscopo di Luca Gaurico, al 3 giugno 1474. Le fondazioni del torrione di levante erano state iniziate nella primavera del 1474 dall'impresario Giorgio Marchesi da Settignano, allontanato nel settembre dello stesso anno dal cantiere. E non è chiaro se il L. sia subentrato nella conduzione della fabbrica come architetto e costruttore o anche come autore del progetto, redatto forse anteriormente alla sua partenza da Urbino. L'ampia pianta quadrata, con torrioni circolari ai vertici, non si presenta come una novità nel panorama delle rocche quattrocentesche e presenta similitudini con quella di Forlì, alla quale era stato attivo proprio Marchesi; ma la forte regolarità dell'impianto, la disposizione degli ampi spazi coperti lungo il perimetro e la stessa inedita e audace apertura di finestre basse nelle cortine tra le torri chiede la presenza di un progettista capace e stimato come poteva essere il Laurana. Il 20 febbr. 1478 il L. sottoscriveva come "Luciano da Zara Ingegnero habitatori di Pesaro" con Matteo di Giorgio da Branone il contratto di fornitura di pietre per il cordone, le aperture e il coronamento a beccatelli della rocca e il 12 febbr. 1479 quello di fornitura di pietre scolpite, comprese quattordici colonne con basi e capitelli, archi, mezzi capitelli, peducci e altre parti per il cortile e gli ambienti circostanti. In questo ultimo atto il L. è detto "egregio huomo"; e la superiorità del suo ruolo è resa ancora più evidente da tale appellativo. Poiché la descrizione della fornitura non può che discendere da un progetto dettagliato, pare infatti evidente che, se possono restare dubbi sull'attribuzione al L. dell'impianto generale, suo è quantomeno il progetto di completamento della rocca e della sistemazione interna, compreso il cortile ad archi su colonne. Dalla previsione di quattordici colonne e quattordici archi, esso si può ricostruire in forma rettangolare, di tre campate per quattro, con colonne angolari, e più piccolo di quello realizzato. Forse proprio per questo, e per il difficile rapporto con il mastio scarpato poi diviso da un fossato dallo spazio interno della rocca, il progetto del L. fu abbandonato e sostituito da un impianto diverso, che sembra essere stato realizzato sin dalle fondamenta con un arco trionfale di ingresso che, accanto a una targa che ricorda Costanzo Sforza, reca una targa con la data del 1505 e la dedica a Giovanni Sforza, succeduto a Costanzo nel 1483. Subito dopo la morte del L. i lavori furono proseguiti dal suo aiuto, il maestro Cherubino di Giovanni da Milano, ma il disegno attuato resta senza attribuzione certa.
Nel 1474 la città di Senigallia venne presa in possesso da Giovanni Della Rovere, il nipote di papa Sisto IV, che nel 1478 avrebbe sposato una delle figlie di Federico da Montefeltro, Giovanna. Nel 1479 il nuovo signore diede inizio alla costruzione di una rocca sulle preesistenze di quella malatestiana, racchiudendola entro una pianta quadrilatera con torrioni circolari. Per quanto simile alla rocca Costanza di Pesaro, quella di Senigallia è più piccola e lievemente irregolare, ma più aggiornata per la maggiore sporgenza dei torrioni ai vertici. Da una cronaca anonima del tempo si apprende che nel 1479 "fu fatto il ponte della Rocca a venir in la terra et fu designato per ms. Lutiano da Urbino, e morse inanti che fosse finito in Pesaro"; ed è stato verosimilmente proposto che l'intero progetto sia attribuibile al L. (Bonvini Mazzanti, 1983).
All'interno della rocca la palazzina residenziale, con sale a volta lunettate, portali e finestre trabeate, mostra evidenti similitudini con le soluzioni adottate nel palazzo ducale di Urbino e potrebbe derivare da una impostazione del L., ripresa e condotta a termine con le difese esterne da Baccio Pontelli, fiorentino, giunto alla corte Federico da Montefeltro nel 1479.
Il L. morì a Pesaro nel settembre 1479. Dal testamento, registrato in copia a Urbino il 5 ott. 1479, si sa della moglie Caterina, delle due figlie legittime, Lucrezia e Camilla, e della figlia naturale, Maddalena. Le tre figlie sono ricordate nella conferma dei benefici, già concessi al L. da Federico da Montefeltro, il 4 dic. 1482 da Ottaviano Ubaldini, tutore di Guidubaldo. Non ci sono elementi per affermare rapporti di parentela fra il L. e lo scultore Francesco Laurana.
Fonti e Bibl.: B. Baldi, Descrittione del palazzo ducale di Urbino, in Versi e prose, Venezia 1590, pp. 503-573; F. Arnold, Der herzogliche Palast von Urbino, Leipzig 1857; P. Tedeschi, Di L. da Lovrana, architetto del secolo XV, in Archivio storico lombardo, X (1883), pp. 666-682; F. Reber, L. L., der Begründer der Hochrenaissancearchitektur, in Sitzungsberichte der philosophisch-philologischen und historischen Klasse der Königlich-Bayerischen Akademie der Wissenschaften zu München, 1889, n. 2, pp. 47-70; C. Fabriczy, L. L. e il palazzo prefettizio di Pesaro, in Archivio storico dell'arte, III (1890), pp. 239 s.; A. Anselmi, L'anno della morte di L. L., in Nuova Rivista misena, VIII (1895), p. 30; C. Fabriczy, L. L.s Todesdatum, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XIX (1896), p. 82; C. Budinich, Un quadro di L. Dellaurana nella galleria annessa all'Istituto di belle arti di Urbino, Firenze 1902; Id., Il palazzo ducale di Urbino, Trieste 1904; L. Venturi, Studi sul palazzo ducale di Urbino, in L'Arte, XVII (1914), pp. 415-473; A. Venturi, L'ambiente artistico urbinate nella seconda metà del Quattrocento, ibid., XX (1917), pp. 259-293; A. Colasanti, L. L., Roma 1922; G. Pacchioni, L'opera di L. L. a Mantova, in Bollettino d'arte, n.s., III (1923-24), pp. 97-111; F. Kimball, L. L. and the "High Renaissance", in The Art Bulletin, X (1927), pp. 124-151; R. Filangieri di Candida, L'architettura della reggia aragonese di Napoli, in L'Arte, XXXI (1928), pp. 32-35; L. Serra, Le varie fasi costruttive del palazzo ducale di Urbino, in Bollettino d'arte, X (1931), pp. 433-448; A. Colasanti, L. L., in Enc. Italiana, XX, Roma 1933, pp. 627 s.; L. Serra, L'arte nelle Marche. Il periodo del Rinascimento, Roma 1934, pp. 16-26; R. Filangieri di Candida, Rassegna critica delle fonti per la storia di Castel Nuovo, II, Il castello aragonese, in Archivio storico per le province napoletane, n.s., XXIII (1937), p. 301, nn. 1-4; F. Filippini, L. da L. a Pesaro, in Melozzo da Forlì. Rassegna d'arte romagnola, VII (1939), pp. 352-358; M. Salmi, Piero della Francesca e il palazzo ducale di Urbino, Firenze 1945; R. Papini, Francesco di Giorgio architetto, I, Firenze 1946, pp. 7-29 e passim; R. Krautheimer, The tragic and the comic scene of Renaissance: the Baltimore and Urbino panels, in Gazette des beaux-arts, s. 6, XXXIII (1948), pp. 327-346; P. Rotondi, Il palazzo ducale di Urbino, Urbino 1950-51; L. Michelini Tocci, I due manoscritti urbinati dei privilegi dei Montefeltro con un'appendice lauranesca, in La Bibliofilia, LX (1958), pp. 206-257; G. Marchini, Il palazzo ducale di Urbino, in Rinascimento, IX (1958), pp. 43-78; G. Franceschini, Figure del Rinascimento urbinate, Urbino 1959, p. 85; G. Marchini, Aggiunte al palazzo ducale di Urbino, in Bollettino d'arte, XLV (1960), pp. 73-80; C. Maltese, in Enc. univ. dell'arte, VIII, Firenze 1962, coll. 545-549; L.H. Heydenreich, Federigo da Montefeltro as a building patron. Some remarks on the ducal palace of Urbino, in Studies in Renaissance and Baroque art presented to Anthony Blunt on his 60th birthday, London-New York 1967, pp. 1-6; P. Rotondi, Francesco di Giorgio nel palazzo ducale di Urbino, Milano 1970, pp. 16 s.; E. Battisti, Piero della Francesca, Milano 1971, ad indicem; H. Saalman, The ducal palace of Urbino, in The Burlington Magazine, CXIII (1971), 814, pp. 46-51; S. Anselmi - R. Paci, Cose occorse ne li anni 1450-1486 a Senigallia, Senigallia 1972, p. 35; F. Sangiorgi, Documenti urbinati. Inventari del palazzo ducale (1582-1631), Urbino 1976, p. 63; Scritti rinascimentali di architettura: patente a L. L.…, a cura di A. Bruschi et alii, Milano 1978, pp. 1-22; H. Burns, Un disegno architettonico di Alberti e la questione del rapporto tra Brunelleschi e Alberti, in Filippo Brunelleschi. La sua opera e il suo tempo. Atti del Convegno … 1977, I, Firenze 1980, pp. 105-123; C. Maltese, Federico da Montefeltro e la civiltà urbinate del Rinascimento, in Notizie da Palazzo Albani, 1982, pp. 21-31; H. Biermann, Die Talfassade des Palazzo Ducale in Urbino. Versuch einer inhaltlichen Deutung, in Sitzungsberichte der Kunstgeschichtlichen Gesellschaft zu Berlin, 1982-83, pp. 10 s.; M. Bonvini Mazzanti, Giovanni della Rovere, Senigallia 1983, pp. 74-77; La "città ideale" di Urbino, in Urbino e le Marche prima e dopo Raffaello (catal., Urbino), a cura di M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, Firenze 1983, pp. 71-78; Il palazzo di Federico da Montefeltro (catal.), a cura di M.L. Polichetti, I, Urbino 1985, pp. 51-66 e passim; L. Fontebuoni, Regesto documentario, ibid., pp. 355-421; P. Peruzzi, Lavorare a corte: "Ordine et officij". Domestici, familiari cortigiani e funzionari al servizio del duca di Urbino, in G. Cerboni Baiardi - G. Chittolini - P. Floriani, Federico di Montefeltro, I, Lo Stato, Roma 1986, pp. 225-296; F. Quinterio, "… dove è la fontana delli architettori…". Artisti dalmati e toscani nei centri delle Marche nel Rinascimento (1450-1480), in Studi umanistici piceni, IX (1989), pp. 165-175; Matteo Nuti, architetto dei Malatesta, a cura di G. Volpe, Venezia 1989, pp. 58-62, 140, 162; F.P. Fiore, Le residenze ducali di Urbino e Gubbio, "città in forma de palazzo", in Architettura, storia e documenti, 1989, nn. 1-2, pp. 5-34; S. Eiche, Architetture sforzesche, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento, Venezia 1989, pp. 275-280; C. Bertelli, Piero della Francesca. La forza divina della pittura, Milano 1991, pp. 38, 40; F. Mariano, Note e commenti sulla fondazione e restauro della rocca Costanza e l'opera di Antonio Marchesi da Settignano, in Studia Oliveriana, XI (1991), pp. 166-169; M.L. Polichetti, L. L. e il palazzo ducale di Urbino, in Ancona, Marche e Dalmazia tra umanesimo e Barocco, Reggio Emilia 1992, pp. 307-322; G. Morolli, Nel cuore del palazzo, la città ideale, in Piero e Urbino. Piero e le corti rinascimentali (catal., Urbino), a cura di P. Dal Poggetto, Venezia 1992, pp. 215-229; M. Bonvini Mazzanti, Battista Sforza Montefeltro, Urbino 1993, pp. 181-184; F. Negroni, Il duomo di Urbino, Urbino 1993, pp. 67 s.; R. Krautheimer, Le tavole di Urbino, Berlino e Baltimora riesaminate, in Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo. La rappresentazione dell'architettura (catal., Venezia), a cura di H. Millon - V. Magnano Lampugnani, Milano 1994, pp. 233-257; F.P. Fiore, Il palazzo ducale di Urbino, in Francesco di Giorgio architetto (catal., Siena), a cura di F.P. Fiore - M. Tafuri, Milano 1994, pp. 62-113, 184-196; A. Bruschi, Osservazioni sulle architetture dipinte di Piero della Francesca, in Cultura e scuola, XXXIV (1995), 134, pp. 102-125; F.P. Fiore, Piero della Francesca, L. L. e la nuova architettura nella Urbino di Francesco di Giorgio, ibid., pp. 126-135; W. Lutz, L. L. und der Herzogspalast von Urbino, Weimar 1995, pp. 169-233; A. Bruschi, Urbino. Architettura, pittura e il problema di Piero "architetto", in Città e corte nell'Italia di Piero della Francesca. Atti del Convegno…, Urbino… 1992, a cura di C. Cieri Via, Venezia 1996, p. 298; F.P. Fiore, Piero della Francesca e Francesco di Giorgio nel palazzo ducale di Urbino, ibid., pp. 245-263; Id., in The Dictionary of art, XVIII, London-New York 1996, pp. 861 s.; Id., Siena e Urbino, in Storia dell'architettura italiana. Il Quattrocento, a cura di F.P. Fiore, Milano 1999, pp. 294 s.; F. Mariano, Nuove acquisizioni sulla tipologia della rocca Costanza a Pesaro, in Castellum, XLI (1999), pp. 35-44; F. Mazzini, Urbino, i mattoni e le pietre, Urbino 1999, pp. 126 s. e passim; G. Scatena, La rocca Costanza di Pesaro, Cagli 2000; H. Biermann, War Leon Battista Alberti je in Urbino?, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, LXV (2002), pp. 493-521; R. Gargiani, Principî e costruzione nell'architettura italiana del Quattrocento, Roma-Bari 2003, pp. 332-335; M. Mussini, Francesco di Giorgio e Vitruvio, I, Firenze 2003, pp. 59-79; C.L. Frommel, Il palazzo ducale di Urbino e la nascita della residenza principesca del Rinascimento, in Francesco di Giorgio alla corte di Federico da Montefeltro. Atti del Convegno…, Urbino… 2001, a cura di F.P. Fiore, Firenze 2004, I, pp. 167-196; M. Giannatiempo López, Antefatti al palazzo di Federico: ritrovamenti, ipotesi, ibid., pp. 147-166; A. Calzona, Leon Battista Alberti e L. L.: da Mantova a Urbino o da Urbino a Mantova?, ibid., II, pp. 433-492; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 442 s.