NISSIM, Luciana
NISSIM, Luciana. – Nacque a Torino il 20 ottobre 1919, primogenita di Davide, allora pubblico funzionario, e di Cesira Muggia.
La famiglia, che si ampliò con la nascita delle altre figlie, Lea e Fernanda, apparteneva a un’agiata borghesia di ebrei assimilati e non particolarmente osservanti.
Trascorse l’infanzia e la prima giovinezza a Biella, dove il padre si era trasferito per intraprendere un’attività di commercio in lane. Sin da bambina dimostrò un carattere caparbio e carismatico e un’intelligenza vivace, tanto da anticipare di un anno la frequenza alle scuole elementari. Nel 1937, conseguita brillantemente la maturità classica, si iscrisse alla facoltà di medicina a Torino, dove andò a vivere.
Fra i tanti divieti introdotti dalle leggi razziali del 1938, che innescarono drammatici cambiamenti nelle esistenze dei Nissim, fu interdetto agli ebrei l’accesso all’università, consentendo, però, a quelli già iscritti di concludere il percorso formativo. Nissim poté così proseguire gli studi e laurearsi a pieni voti con lode l’8 luglio 1943. Durante gli anni universitari, si legò a un gruppo di giovani antifascisti torinesi, tra cui Primo Levi e Franco Momigliano, un giovane molto dotato, laureato in legge a indirizzo economico e impegnato nel Partito d’Azione, con il quale nel luglio 1942 avviò una relazione sentimentale destinata a resistere alle tragedie della storia.
Dopo l’8 settembre 1943, i Nissim si misero in salvo in Val d’Aosta, dove Luciana, tra i tantissimi sfollati, ritrovò Primo Levi e si fece raggiungere da Vanda Maestro, una cara compagna di studi. Ad Amay, i tre, insieme con amici comuni e un manipolo di ex militari sottrattisi all’arruolamento nella Repubblica di Salò, costituirono una piccola frangia partigiana, collegata al Partito d’azione. I ricordi di Nissim relativi alla partecipazione alla lotta di liberazione furono modesti, rari e, forse, «inghiottiti dall’esperienza successiva del lager» (Chiappano, 2010, p. 65). Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1943, le milizie repubblichine rastrellarono la zona di Amay, arrestando molti partigiani, tra cui gli appartenenti al gruppo dei giovani torinesi. Mentre la sua famiglia riparò fortunosamente in Svizzera, Nissim, dopo una breve permanenza nel carcere di Aosta e nel campo di Fossoli, nel febbraio 1944 venne tradotta ad Auschwitz, insieme a Vanda Maestro, Primo Levi e Franco Sacerdoti.
La sua laurea in medicina le salvò la vita. Come medico, fu destinata al Revier, l’ospedale femminile del lager di Birkenau, per passare alla fine dell’agosto 1944 trasferita all’infermeria di Hessisch Lichthenau, un campo di lavoro che concentrava soprattutto ebree ungheresi. Fu liberata dagli americani alla fine di aprile 1945, ma come tanti altri medici dovette continuare il servizio in Germania, a Grimma, punto di raccolta per displaced persons. Riuscì a tornare a Biella il 20 luglio 1945. Dei quattro amici fraterni partiti da Fossoli, solo lei e Levi erano sopravvissuti allo sterminio.
Appena rientrata, scrisse Ricordi della casa dei morti, una delle prime testimonianze degli orrori dell’Olocausto. Il suo racconto, pubblicato a Torino da Ramella nel 1946 con il titolo Donne contro il mostro e la presentazione di Lidia Ravera, raccoglieva inoltre una testimonianza di Pelagia Lewiska (Venti mesi ad Oswiecim). In seguito, mantenne un dolente silenzio su questo tema lacerante, lasciando parlare Levi, «il testimone sulla terra» (Necrologio per Primo Levi, in La Stampa, 11 aprile 1987). Solo negli anni della senilità, dopo il suicidio di Levi e la morte del marito nel 1988, accettò di rilasciare svariate interviste sulla sua esperienza di deportata e di rievocare in una celebre relazione congressuale del 1989 la condizione di Una famiglia ebraica tra le due guerre (poi edita in L’ascolto rispettoso. Scritti psicoanalitici, a cura di A. Robutti, Milano 2001, pp. 3-11).
Nel 1945 si iscrisse a pediatria all’Università di Torino, conseguendovi la specializzazione, con pieni voti e lode, il 4 dicembre 1946.
In quegli anni pubblicò i primi articoli scientifici, in ambito pediatrico (Luci e ombre sul fattore Rh, in Giornale della Accademia di medicina di Torino, VII [1946], 2, pp. 8-12; Ricerche sperimentali sul fattore Rh, con A. Costantini - E. Lattes, in Minerva Medica, XXXVIII [1947], 1, pp. 21-27).
Il 24 novembre 1946 sposò Momigliano, che l’anno successivo divenne dirigente all’Olivetti di Ivrea. Nello stesso 1947 pure Nissim fu assunta da Adriano Olivetti con l’incarico di gestire l’asilo nido della fabbrica. Nel giugno 1951 la provincia di Torino le affidò la direzione del consultorio per la maternità istituito a Courgnè. Nel 1954 fu posta a capo dei servizi sociali dell’Olivetti, posizione che mantenne sino al 1956, quando Olivetti allontanò i due coniugi a causa di serie frizioni insorte per questioni sindacali. Successivamente Momigliano, riconciliatosi con Olivetti, rientrò in azienda per presiedere l’ufficio studi di Milano. Nissim, invece, a causa della sua intransigenza caratteriale e politica, rifiutò ogni compromesso e interruppe la collaborazione con l’azienda . Allora, infatti, si riconosceva nell’area del Partito comunista e delle associazioni femminili progressiste.
Nello stesso periodo maturò l’interesse per la neuropsichiatria infantile e la psicoanalisi. Nel 1956, quando si trasferì con il marito a Milano, iniziò a lavorare nei servizi sociali e psichiatrici infantili del Comune e, nel contempo, a frequentare la scuola di specializzazione in psichiatria, che terminò a pieni voti nel novembre 1959, discutendo una tesi sulla schizofrenia in età pediatrica. Nel 1956 cominciò un’analisi personale con Franco Fornari e, poi, una seconda analisi di training con Cesare Musatti, terminata nei primi mesi del 1960. In quell’anno, il 29 ottobre, nacque il figlio Alberto, oggi logico computazionale.
Nel 1965 divenne analista afferente alla Società psicoanalitica italiana; nel 1973 ne fu nominata membro ordinario e nel 1978 psicoanalista didatta. Ricoprì le cariche di segretario scientifico e, poi, di presidente del Centro milanese di psicoanalisi.
Partendo da un’impostazione clinica e teorica di stampo kleiniano e bioniano, creò gradualmente uno stile interpretativo e concettuale personale, basato sull’assunto dell’‘ascolto rispettoso’ che l’analista deve dedicare al paziente nella stanza d’analisi. La matrice kleiniana appare evidente nei contributi degli anni Settanta (Come si originano le interpretazioni nello psicoanalista, in Rivista di psicoanalisi, XX [1974], 1, pp. 144-165; The psychoanalyst’s way, in EPF Bulletin, IX [1977], 3, pp. 17-22), anche se presto integrò il modello kleiniano con quello bioniano, come ben illustrato nell’articolo Omaggio a Rosenfeld (in Eros e onnipotenza, a cura di E. Gaburri, Rimini 1976, pp. 16-31). Nello scritto successivo, Taccuino di appunti (in Rivista di psicoanalisi, XXV (1979), 2, pp. 178-198), confermò di risentire fortemente dei nuovi e, per certi versi, rivoluzionari concetti non solo di Wilfred Bion ma pure del suo allievo Donald Meltzer, indirizzando vieppiù l’attenzione sulla relazione bipersonale e sul valore conoscitivo e terapeutico del controtransfert. Negli anni, la sua psicoanalisi si orientò in modo sempre più deciso verso una disciplina ‘dal volto umano’, tesa a curare stando con il paziente nella stanza d’analisi, accogliendone e riconoscendone il pensiero ma anche le emozioni e le passioni (La memoria e il desiderio, ibid., XXVII (1981), 3-4, pp. 533-545; Un legato molto pesante: la gratitudine, ibid., XXIX (1983), 2, pp. 263-270). Ma, per Nissim, anche l’analista è a sua volta mosso da affetti e da sentimenti controtransferali, concetti da lei sviluppati in un articolo ormai divenuto un riferimento essenziale, “… Due persone che parlano in una stanza…” (ibid., XXX [1984], 1, pp. 1-17), e in altri lavori in cui descrisse la tecnica di ‘ascolto rispettoso’ (Il setting: tema con variazioni, ibid., XXXIV [1988], 4, pp. 605-682; The psychoanalyst in the mirror: doubts galore but few certainties, in International Journal of Psycho-analysis, LXXII [1989], pp. 287-296; Psicoanalisi del futuro: una psicoanalisi «dal volto umano»?, in Psicoanalisi futura, a cura di G. Di Chiara - C. Neri, Roma 1993, pp. 61-76). Nel 1992 curò insieme ad Andreina Robutti il volume L’esperienza condivisa, subito tradotto (Shared experience, London-NewYork 1992), sintesi del suo lungo percorso teorico e clinico, documentato da Robutti anche nel libro L’ascolto rispettoso pubblicato dopo la sua morte.
Si dedicò con intensa passione anche alla formazione dei giovani candidati analisti. La sua attività di supervisore è documentata in tanti saggi, a partire dai primi anni Ottanta (Note in margine a un testo: la supervisione analitica, in Itinerari della psicoanalisi, a cura di G. Di Chiara, Torino 1982, pp. 171-194; con S. Manfredi Turrillazzi, Il supervisore al lavoro, in Rivista di psicoanalisi, XXX [1984], 4, pp. 587-607; Le psychanalyste et le superviseur devant le mirror: beaucoup de doutes, peu de certitudes, in EPF Bulletin, XXXVII [1991], 2, pp. 63-84; La supervisione, ovvero la “nonnità”, in In due dietro al lettino, a cura di G. Bartoli, Castrovillari 1990, pp. 115-134) e ampiamente approfondita in diversi capitoli del suo libro Continuity and change in psychoanalysis. Letters from Milan (London-New York 1992). Gli scritti che testimoniano la sua esemplare funzione di supervisione clinica sono stati raccolti da A. Robutti e P. Chiari, nel volume Il cerchio magico (Milano 2008).
Morì a Milano il 1° dicembre 1998, a causa di un carcinoma polmonare diagnosticato nel 1995.
Opere: Oltre a quelle citate nel testo, si vedano: Una stagione a Vienna: ma Freud… era freudiano?, in La cultura psicoanalitica, a cura di A.M. Accerboni, Pordenone 1985, pp. 107-133; Presentazione, in Fusionalità. Scritti di psicoanalisi clinica, a cura di C. Neri et al., Roma 1990; Lo psicoanalista allo specchio: testimonianze, in Gli affetti, a cura di G. Hautmann - A. Vergine, Roma 1991, pp. 143-165.
Fonti e Bibl.: S. Manfredi Turillazzi, L. N. Momigliano, in Rivista di psicoanalisi, XLIV (1998), 4, pp. 899-901; L. N. Momigliano. Ricordi della casa dei morti e altri scritti, a cura di A. Chiappano, Firenze 2008; L.N. Momigliano: una vita, a cura di A. Chiappano, Firenze 2010. Interviste: L. N. Interviste alla storia, di M. Pezzetti e L. Picciotto Fargion, Fondazione CDEC di Milano - video, 1995; La memoria del bene: L. N., di A. Guadagni, in Diario della settimana, 2/8, 1997, pp. 14-21; L. N. Momigliano. Survivors of the Shoah, di V. Metta Rose, Survivors of the Shoah Visual History Foundation, video, 1998. Sitografia: V.P. Babini, L. N. Momigliano, in Scienza a due voci. Le donne nella scienza italiana dal Settecento al Novecento, http://scienzaa2voci. unibo.it.