Pintilie, Lucian
Regista cinematografico e teatrale romeno, nato a Tarutino (Bessarabia, od. Ucraina) il 9 novembre 1933. Irruento esponente del rinnovamento del cinema romeno (v. Romania) negli anni Sessanta, ha introdotto nella produzione del suo Paese novità di contenuto e forma, parallelamente al contemporaneo movimento europeo della Nouvelle vague. Soprannominato 'il selvaggio' da E. Ionesco, con Terminus Paradis (1998) ha vinto il Gran premio speciale della giuria alla Mostra del cinema di Venezia.
Formatosi all'Istituto d'arte teatrale e cinematografica (IATC) di Bucarest, esordì nel 1959 e nel decennio successivo si impose come l'esponente più significativo del nuovo teatro romeno, proponendo nel teatro L.S. Bulandra innovative regie di opere di M. Gor′kij, G.B. Shaw, M. Frisch, A.P. Čechov, N.V. Gogol′, I.L. Caragiale, F. Dürrenmatt. La formazione teatrale, l'abilità nella direzione degli attori, l'uso di un dialogo insensato, la visione di un universo paradossale e dominato dal caso, derivata dal teatro dell'assurdo, avrebbero influenzato anche il suo linguaggio cinematografico. Nel cinema, dopo aver lavorato come assistente del regista Victor Iliu (allievo di Sergej M. Ejzenštejn), esordì negli anni del 'disgelo', agli albori del regime di N. Ceauşescu, con Duminică la ora 6 (1965, Domenica alle sei) nel quale, con un linguaggio impressionistico, fenomenologico e onirico, rivoluzionario per la cinematografia romena, racconta la tragica storia d'amore di due ragazzi impegnati, l'uno all'insaputa dell'altro, nel movimento clandestino di resistenza al fascismo. Ancor più estremo dal punto di vista formale fu il suo secondo film, Reconstituirea (1969; La ricostruzione, noto anche come Il sopralluogo). Due studenti, dopo aver distrutto un bar e aggredito il cameriere che cercava di fermarli, sono obbligati dalle autorità a ricostruire il fatto davanti alla cinepresa, per realizzare un film educativo, ma, in un'atmosfera opprimente sempre più kafkiana, uno dei due rimane accidentalmente ucciso nella ricostruzione di una scena di violenza. Il film risultò un forte apologo morale, un invito rivolto alla presa di coscienza degli spettatori e alla ricerca della verità al di fuori delle manipolazioni del regime, e suscitò l'atteggiamento ostile delle autorità. Per sfuggire alla condanna, P. dovette abbandonare la Romania per trasferirsi in Francia, dove riprese, fortuna, l'attività teatrale. Dopo Paviljon 6 (1973, Il padiglione 6), tratto dal racconto di Čechov e prodotto per la televisione in Iugoslavia, nel 1981 tornò brevemente in patria per realizzare De ce trag clopotele, Mitică? (Perché suonano le campane, Mitică?), da una commedia di I.L. Caragiale, feroce ritratto di un ambiente di provincia ipocrita, gretto e immorale. Bloccato dalla censura, è uscito in Romania solo nel 1990.
Proprio nel 1990 P. è tornato definitivamente in patria ed è stato nominato direttore del settore cinema del Ministero della cultura. Nel 1992 ha girato Balanţa (La bilancia), seguito nel 1994 da Un été inoubliable (Un'estate indimenticabile), da un romanzo di P. Dumitriu, ricostruzione un po' algida ma di grande nitore figurativo del caso di coscienza di un ufficiale spedito in una sperduta guarnigione militare della Dobrugia a reprimere un moto contadino, e da Prea tîrziu (1995, Troppo tardi). Questi ultimi due film sono stati presentati in concorso al Festival di Cannes. Il regista ha ritrovato forza dirompente in Terminus Paradis, aspra e romantica storia di due innamorati allo sbando fra le disillusioni della devastata e angosciante Bucarest postcomunista, nella quale trionfano la povertà e la violenza. La libertà sintattica e l'impeto ribellistico di questo film hanno ricordato alla critica il cinema indipendente americano degli anni Settanta: il giovane protagonista, disperato, rabbioso e innocente, che finisce per sacrificare sé stesso, diventa il simbolo dell'annientamento delle speranze di una nazione. Qualche sospetto di formalismo cerebrale ha suscitato invece L'après-midi d'un tortionnaire (2001; Il pomeriggio di un torturatore), presentato in concorso alla Mostra di Venezia, nel quale P. ha affrontato il tema del confronto fra un'agghiacciante realtà e l'impossibilità di raccontarla e di risarcire l'ingiustizia della Storia. Nel 2003 ha diretto Niki et Flo, ancora un ritratto generazionale e una metafora sul presente della Romania, che vede protagonisti un colonnello in pensione e un nostalgico della vita bohémienne legati unicamente dal matrimonio dei rispettivi figli.
D. Nasta, Cinema rumeno, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 3° vol., L'Europa, t. 2, Torino 2000, pp. 1459-93.