VALERIO, Lucia
VALERIO, Lucia. – Nacque a Milano il 28 febbraio 1905. Figlia di Guido (ingegnere della Pirelli, calciatore e uno dei cinque fondatori, nel 1899, della società calcistica Milan) e di Olga Kogan (erede di una famiglia di produttori e commercianti di cereali originaria di Odessa), sorella di Giorgio (v. la voce in questo Dizionario) e di Giancarlo e Mario.
Cresciuta in una famiglia borghese, a differenza dei suoi tre fratelli destinati agli studi universitari, Lucia venne fin da piccola indirizzata alla carriera sportiva, allora prerogativa dell’alta società. Cominciò con gli sci, l’equitazione e la scherma, ma ben presto decise di dedicarsi in maniera esclusiva al tennis, sport che piaceva molto anche a suo padre. Fu una scelta lungimirante e moderna.
Agli inizi del Novecento in Italia il tennis era uno sport poco conosciuto e ancora meno praticato. I primi campi furono costruiti nel 1878 in Liguria, il Bordighera lawn tennis club. Negli anni successivi fu il turno di Torino nel 1880, di Roma nel 1890, di Milano e Genova nel 1893. Costruiti i campi, mancavano però i giocatori, che negli ultimi anni dell’Ottocento erano meno di duecento in ogni grande città, ed erano soprattutto uomini. Un passo importante per lo sviluppo del tennis avvenne nel 1910 quando, dopo un primo e fallimentare tentativo avvenuto nel 1896, venne fondata a Firenze la FILT (Federazione Italiana Lawn Tennis, che diventò FIT nel 1933), nata con l’obiettivo di promuovere e far sviluppare la nuova disciplina in tutto il Paese. Nel 1922 il numero di tesserati classificati della FILT era di 419 unità, 307 uomini e 112 donne, cifre destinate ad aumentare progressivamente, soprattutto nel Nord Italia, nel corso degli anni Venti.
A partire dai dieci anni il tennis diventò l’unica attività di Lucia Valerio: assecondata dal padre, che fece costruire un campo da tennis personale nel giardino della loro casa milanese di via Borgonuovo 24, trascorse tutti i suoi pomeriggi a colpire palline, e si costruì uno stile di gioco solido, basato principalmente sulla regolarità da fondo campo. Era infatti dotata di due ottimi fondamentali; in particolare il diritto fu sempre più potente rispetto al rovescio, che, in un’ epoca in cui non esistevano maestri e istruttori, erano in pochi a saper fare. Da autodidatta, Lucia fu anche una delle prime donne a imparare il servizio dall’alto, allora prerogativa degli uomini.
La sua carriera agonistica cominciò nel 1926, e fu caratterizzata dalla stabilità ai vertici della classifica italiana. Non conobbe infatti stagioni negative. A ventuno anni partecipò per la prima volta ai Campionati italiani assoluti, che allora si giocavano a Trieste. Conquistò il titolo alla prima apparizione, sia nel torneo di singolare signorine – come veniva chiamato all’epoca – sia in quello di doppio misto, in coppia con Leonardo Bonzi, uno dei migliori tennisti della sua generazione, oltre che alpinista e aviatore. Lucia Valerio conquistò dieci edizioni consecutive dei Campionati, dal 1926 al 1935, confermandosi la migliore giocatrice italiana dell’epoca. Nel 1927, oltre al singolare femminile, vinse nel torneo di doppio femminile insieme a Giulia Perelli e nel doppio misto con Carlo D’Avalos.
Gli anni Trenta furono il momento della consacrazione, sia per il tennis italiano che per la sua carriera. Nel 1930 i tennisti classificati per la FILT erano 2367 – 1574 maschi e 793 femmine: di queste, la numero uno d’Italia era Lucia, tesserata per il Tennis Club Milano. Fu proprio nel suo circolo che nel maggio del 1930 si disputò la prima edizione dei Campionati internazionali d’Italia (gli odierni Internazionali d’Italia che si giocano ogni anno al Foro Italico di Roma). Lucia fu una delle protagoniste della manifestazione: in singolare fu battuta soltanto in finale dalla spagnola Lilì de Alvarez in tre set, 3-6, 8-6, 6-0. La giocatrice italiana si consolò nel doppio femminile: lei e de Alvarez sconfissero la coppia francese formata da Leyla Claude-Anet e Arlette Neufeld 7-5, 7-5. Nel doppio misto non riuscì invece ad avere la meglio contro la sua rivale spagnola, che vinse anche l’ultima finale del torneo in coppia con l’italiano Uberto De Morpurgo. Lucia Valerio e il suo compagno britannico Pat Hughes furono sconfitti in tre set, dopo aver vinto il primo, 4-6, 6-4, 6-2. L’anno successivo, nel 1931, Valerio ottenne uno dei più prestigiosi successi della sua carriera. Al Tennis Club Milano, per la seconda edizione dei Campionati internazionali, conquistò due trofei, nel singolare femminile e nel doppio misto. Nel primo vinse in finale contro l’inglese Dorothy Andrus 2-6, 6-2, 6-2, nel secondo, sempre in coppia con Hughes, ebbero la meglio su Dorothy Andrus e Alberto Del Bono. Un mese dopo partecipò agli Internazionali di Francia (conosciuti anche come Roland Garros), i campi che negli anni Venti videro il dominio della Divina del tennis mondiale: Suzanne Lenglen, a cui oggi è intitolato il trofeo del singolare femminile. Lucia Valerio raggiunse il suo miglior piazzamento a Parigi, qualificandosi per i quarti di finale dove perse dalla tedesca Cilly Aussem.
Dal punto di vista tennistico, per lei furono anni molto intensi. Accompagnata dal suo autista, si iscrisse a tutti i tornei che si svolsero in Europa. Giocò ovunque: Monaco, Cannes, Mentone, Montreux, Atene, Napoli, Parigi e Londra. Proprio nel Regno Unito ottenne il miglior risultato della sua carriera, nel 1933: all’età di ventotto anni raggiunse i quarti di finale a Wimbledon, allora come oggi il torneo più prestigioso del mondo. Fu un risultato storico (soltanto Laura Golarsa nel 1989 riuscì a eguagliare l’impresa). L’erba di Londra e l’atmosfera dei Championships piacquero alla giocatrice milanese, che nel 1934 e nel 1935 conquistò il Plate, ovvero il piatto di consolazione, un torneo riservato ai giocatori e alla giocatrici che avevano perso al primo o al secondo turno della competizione principale. La giocatrice azzurra lo conquistò per ben due volte di seguito, sconfiggendo due britanniche, Alex McOstrich e Mona Riddell, dunque con tutto il pubblico contro.
In patria, intanto, l’architetto Costanzo Costantini per volontà di Benito Mussolini aveva progettato a Roma un nuovo impianto dedicato al tennis, lo Stadio olimpico della racchetta (l’attuale Foro Italico), un complesso con sei campi. Nonostante fosse un praticante e si fosse fatto costruire un campo nella sua casa, a villa Torlonia, Mussolini bandì il termine tennis dal vocabolario italiano perché si trattava di una parola straniera, e per di più di provenienza inglese, un Paese che detestava. Impedì il vocabolo ma non la sua pratica, e nel 1935 fece spostare i Campionati internazionali da Milano a Roma.
La sesta edizione dei Campionati internazionali vide anche l’ultima apparizione di Lucia Valerio. Nel 1931 la campionessa già aveva perso la sua seconda finale consecutiva, contro la danese Hilde Sperling con un punteggio di 6-4, 6-1. Fu una delle ultime sconfitte prima del suo ritiro. A trent’anni, conquistò il suo secondo e ultimo Plate a Wimbledon, ma dopo avere perso per la prima volta dopo dieci anni la finale degli Assoluti italiani contro Vittoria Tonelli decise che per lei era arrivato il momento di smettere.
Non fu soltanto una questione anagrafica: nello stesso anno il regime fascista aveva rivendicato la sua ambizione coloniale dando avvio alla campagna d’Etiopia. I suoi fratelli erano stati arruolati ed erano partiti per l’Africa, e Lucia decise di diventare volontaria per la Croce Rossa. Nel 1945 divenne ispettrice delle infermiere volontarie di Como, incarico che mantenne fino al 1973.
Non smise mai di giocare a tennis. Dopo aver accettato la nomina di capitana non giocatrice della nazionale femminile – allora composta da Lea Pericoli e Silvana Lazzarino (incarico durato meno di un anno) – Lucia non ricoprì più alcun ruolo all’interno della Federazione. Le bastò giocare a tennis nel suo amato circolo di Milano, che frequentò da praticante fino ai novant’anni. Lo sport fu davvero la passione più grande della sua vita: soprannominata affettuosamente ‘la signorina del tennis’, Lucia Valerio non si sposò mai. Morì a Milano il 26 settembre 1996, all’età di novantuno anni. A Casciago, in provincia di Varese, oggi villa Valerio, una delle case di proprietà della famiglia, è stata trasformata in un Tennis club.
Fonti e Bibl.: N. Aspesi - M. Mafai, Le donne italiane. Il chi è del ’900, Milano 1993, p. 32; S. Bartoloni, Donne al fronte. Le infermiere volontarie nella Grande guerra, Roma 1998, p. 6; G. Clerici, 500 anni di tennis, Milano 2007, pp. 239, 243 s., 441; M. Ansani et al., 1899 A.C. Milan. Le storie, Milano 2019, p. 40; L. Cirillo, Quando il tennis fece boom, Roma 2019, p. 281; M.A. Filippi, Milano nascosta: dalle pietre romane alla città che sale, Milano 2019, pp. 229 s. Si veda inoltre U. Maggioli, Commenti di fine stagione sull’attività tennistica, in La Stampa, 23 ottobre 1930; Id., Lo sviluppo del tennis italiano attraverso l’eloquenza delle cifre, ibid., 26 dicembre 1930; Circolare dell’onorevole Lessona in Lo sviluppo del tennis in Italia, ibid., 12 settembre 1931; G. Gerbi, I campionati internazionali d’Italia, ibid., 25 aprile 1932; G. Clerici, La signorina grande del tennis, in La Repubblica, 26 settembre 1996; C. Calza, L. V. La signora del tennis, in Il Tennis italiano, 30 dicembre 2009; G. Clerici, L’epopea di L. V. l’atleta con la racchetta, in La Repubblica, 1° agosto 2018.