LUCERA (lat. Luceria apula; A. T., 27-28-29)
Cittadina della provincia di Foggia, posta a 240 m. s. m. su un'altura isolata, nella sezione occidentale del Tavoliere; ha una bella vista panoramica sulla Capitanata settentrionale, dal semicerchio delle colline subappenniniche al Gargano: da tale posizione, naturalmente forte, ha tratto origine e importanza storica. La collina su cui sorge è fiancheggiata a occidente e a settentrione dal torrente Salsola. Lucera ha bei palazzi e notevoli edifizî pubblici; è stata fino al 1923 la città giudiziaria della Capitanata, dotata di un tribunale (che appunto in quell'anno fu trasferito a Foggia) e fiera di una nobile tradizione forense; è città attiva e colta, notevole centro di studî, ricca di un museo e di una buona biblioteca con oltre 35.000 volumi. La numerazione dei fuochi fatta nel 1532 assegnava a Lucera circa 2600 abitanti, i quali salivano a 6500 nel 1561 e a 8500 nel 1595; nei secoli XVII e XVIII, per le gravi epidemie e per lo stato di profonda depressione economica che afflissero tutte le provincie napoletane, anche Lucera vide contrarsi sensibilmente la sua popolazione, che si calcola raggiungesse 6700 ab. nel 1669 e 5900 nel 1737; alla fine del sec. XVIII gliene venivano attribuiti circa 9000. Negli ultimi 70 anni, Lucera presenta nel complesso un limitato aumento nella sua popolazione: nel censimento, anzi, del 1871 (14.014 ab.) si rileva una diminuzione rispetto a quello del 1861 (14.787), così come si riscontra nel 1911 (16.922) rispetto al censimento del 1901 (17.515). Nel 1921, la città contava ab. 17.593, di cui soltanto il 9% figurava sparso nelle campagne. Con il censimento del 1931 essa saliva a 18.792 abitanti. La notevole diffusione delle argille specie sulle fiancate di ovest e di sud dell'altura su cui sorge la città ha favorito sin da tempo antichissimo la fabbricazione dei laterizî; altre attività industriali sono quella molitoria, l'oleificio, la produzione della lana e dei formaggi. Il territorio comunale è molto vasto (339 kmq.) e si estende dalla pianura del Tavoliere alle propaggini del Subappennino: è coltivato prevalentemente a cereali e a viti, e vi è molto diffuso anche il pascolo (seminativi: circa 20 mila ha.; pascoli: 9 mila ha.; vigneti: 1200 ha.).
Lucera è testa di linea di un breve tronco ferroviario che la unisce a Foggia da cui dista circa 18 km.; essa è peraltro legata, mercé servizî automobilistici, con i varî comuni subappenninici che le fanno corona da sud-ovest verso nord-ovest: Biccari e Roseto Valfortore, Volturino, Motta Montecorvino e Volturara Apula, Castelnuovo della Daunia e Casalnuovo Monterotare.
Monumenti. - Molti e importanti avanzi della città antica si ritrovano sotto la moderna città. Particolarmente notevoli i resti dell'anfiteatro, di un edificio, detto il palazzo imperiale, e di alcune cisterne d'acqua entro il recinto del castello di Federico II. Abbiamo notizia di un celebre tempio di Minerva, la cui identificazione è incerta, di varî altri templi e di un circo.
Sul terrazzo dirupato del colle dove fu l'acropoli dell'antica Luceria si eleva il castello, innalzato nel 1233 da Federico II, poi ampliato (1269-83) da Carlo I d'Angiò. Altissime cortine recingono il fortilizio angioino, a pianta di pentagono irregolare, rinforzato tutto intorno lungo i lati da torri quadrilatere e pentagonali: enormi e saldissime le due belle torri cilindriche "del Leone" e "della Leonessa". Oltre tre ingressi ogivali secondarî, l'entrata principale ha un ampio portale a sesto ribassato all'esterno e a sesto acuto all'interno.
Entro il recinto angioino, risalgono forse all'età sveva i ruderi della rocca in forma di alta torre irrobustita al piede dalle vòlte rampanti: visibili ancora sono pure le rovine della chiesa di S. Francesco costruita da Carlo II d'Angiò. Dal medesimo re angioino fu pure iniziato il duomo (1300) misto di forme romanico-gotiche, fiancheggiato da una torre campanaria cuspidata con due piani di eleganti bifore e monofore. Nll'interno, in tre navate a tetto e arcate gotiche, notevoli l'altare maggiore, un ciborio, un pulpito e sculture e affreschi del Rinascimento. Particolari modi strutturali del duomo, in specie negli sporgenti contrafforti dell'abside poligonale, ripete la chiesa gotica di S. Francesco, anche fondata da Carlo II d'Angiò: nell'interno sepolcro cinquecentesco di Giovannella Falcone e Antonio Santo y de Paglias. Nella chiesa di S. Domenico, coro ligneo di bella fattura barocca opera di Fabrizio Iannulo da Monopoli (1640).
Storia. - Pare che i Romani già vi ponessero piede nel 323 o 322; la dovettero abbandonare per effetto della clades caudina (321); la ricuperarono nel 315 o nel 314 e allora vi costituirono o ricostituirono una colonia latina, baluardo della latinità nell'Apulia. Dopo la guerra sociale fu municipio cittadino; una nuova colonia vi fu condotta probabilmente sotto Augusto. Fino al sec. III d. C. rimase come colonia latina, ebbe il diritto di coniare moneta; come comune cittadino appartenne poi alla tribù Claudia. Sotto Costantino fu capoluogo di una provincia.
Capoluogo di castaldato coi Longobardi; rovinata da Costante II (663); rimase avanguardia contro i Bizantini, anche quando la frontiera più vulnerabile di Puglia fu resa sicura dai fortilizî costruiti o rafforzati dal catapano Basilio Bogiano (1018). Federico II ne fece una delle più forti rocche d'Italia contro papi e guelfi; l'affidò ai Saraceni - trapiantati colà 1224-25, 1234-35, 1239, 1246) da Val di Mazzara, da Acerenza e Girifalco - che si mantennero poi sempre fedeli e costituirono il nerbo e il nucleo permanente dell'esercito di Federico II e resero la città fiorente e ricca. Cacciati il vescovo e i pochi cristiani, Lucera divenne tutta saracena. Federico II vi tormava volentieri. Lucera accolse Manfredi fuggiasco da Acerra e insidiato da milizie appostate fra Troia e Foggia; e dichiarataglisi presto fedele, lo fece trionfare del partito pontificio; si sollevò nel 1267 contro gli Angioini, sostenne bravamente sul campo Corradino, finché, bandita contro di essa la crociata dall'abate di Montecassino, fu presa e gravata d'un augustale a testa "pro exterminio Luceriae"; nuovamente ribelle nel 1270 essendo Carlo I crociato con il fratello Luigi IX, l'Angioino la riconquistò e sperando di assicurarsela lentamente, vi pose (1274-1278) 140 famiglie provenzali, cui concesse terre e privilegi. Ne derivò lotta serrata tra Provenzali e Saraceni; a metter fine al quale Carlo II ne ordinò la distruzione, dopoché Giov. Pipino di Barletta l'ebbe con inganno presa e devastata (26 agosto 1300). Dispersi i Saraceni in varie comunità, vendutili come schiavi, fondò, poco lontano dalla fortezza, la nuova città di S. Maria. Adescò i nuovi popolatori cattolici con immunità per un decennio, concessioni di terre e molti privilegi. Essendo città demaniale, la monarchia mantenne il diritto di eleggere il vescovo e nominare alle primarie cariche capitolari: nuovo potente vincolo fra la città e il principato. Carlo, duca di Calabria, che ebbe Lucera nelle mani dal 1316 alla morte (1328), e Roberto le confermarono i privilegi. Lucera sostenne Giovanna I, poi Carlo di Durazzo; patì danni nelle vicende della lotta fra Ladislao e Luigi II. Vide nuova prosperità iniziarsi con Ladislao che confermò e ampliò privilegi antichi e le concesse nuovi statuti per il suo governo amministrativo (1407). Il terremoto del 1456 rovinò parte del castello e 300 case; fu stretta d'assedio da Ferrante d'Aragona (1463), cui si diè l'anno dopo; fu baluardo di resistenza contro i Francesi nel 1496; centro di resistenza e di raccolta delle truppe di Navarro contro i Francesi di Lautrec nel 1528. Infeudata nel 1646, resisté per aver salvi diritti e privilegi, si eresse a repubblica nel 1648 in seguito al moto masanielliano, ma solo nel 1692 fu definita a suo favore la lite col feudatario e ritornò al demanio. Capoluogo della provincia di Capitanata e del contado del Molise, fu soppiantata nel 1806 da Foggia. Con la Vendita "La Virtù premiata" partecipò alla diffusione e al moto carbonaro del 1820-21; d'accordo col gen. G. Pepe e pochi Foggiani, preparò la rivolta ad Ariano. Con la "Propaganda", associazione repubblicana e mazziniana, partecipò ai moti del '48; in rappresentanza della Capitanata, aderì alla "Federazione delle cinque provincie" convocata a Potenza. I capi del movimento insurrezionale, pur immaturi alla vita politica, diversi per convinzioni e precedenti politici, avversati dalle masse agrarie e operaie indifferenti o ostili alla causa nazionale, seppero però con coraggio affrontare il carcere e l'esilio; e più tardi validamente cooperarono, in un ambiente di migliore intesa cittadina e regionale, all'unità d'Italia.
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