PULCI, Luca
Nacque nel Mugello il 3 dicembre 1431, primogenito dei nove figliuoli di Iacopo e Brigida de' Bardi, dei quali alla morte del padre, nel 1451, rimanevano in vita tre maschi, Luca, Luigi e Bernardo, e due femmine. Nel 1458 andò a Roma a esercitare l'arte del cambio nel banco Arrighi; l'anno seguente sposò Piera di Raimondo d'Amaretto Mannelli; due anni dopo egli ha in Firenze un banco con altri soci e col fratello Bernardo ventenne. Ma nel 1465, ritornato a Roma, aveva da poco cominciato le operazioni con un'altra compagnia, quando fece fallimento; ciò portò lo scompiglio nella famiglia, ed egli finì con l'andare in carcere alle Stinche, dove morì il 26 o 29 aprile 1470, lasciando due figliuole e un bambino nato postumo, i quali trovarono rifugio e mantenimento in casa di Luigi e di Bernardo.
Copiosa è la sua produzione poetica, che pare l'abbia assorbito più dell'arte del cambio. Dal Mugello sono ispirate le due principali opere, il Driadeo d'Amore e il Ciriffo Calvaneo: tutt'e due dedicate, come l'altra sua opera, le Epistole, a Lorenzo de' Medici al quale si dimostra devotissimo. Nel Driadeo, poemetto in ottave in quattro parti, si cantano le origini mitiche di fiumi e di rupi, mediante una storia sul tipo del Ninfale Fiesolano del Boccaccio, proveniente dalle Metamorfosi di Ovidio: la storia degl'infelici amori di un satiro, Severe, con la ninfa di Diana, Lora. È la figurazione d'un mondo idillico di ninfe e pastori che parlano anche nella nuova forma assunta di alberi o fiumi, narrando i loro casi; tutto vi è classico e zeppo di reminiscenze della mitologia e della poesia antica. La tela è semplicissima; l'incontro di Severe con Lora, l'innamoramento, il castigo della dea Diana, la metamorfosi dell'uno e dell'altro rispettivamente in due rivi che vanno a confondere le loro acque; e lo svolgimento sta nella prima e nell'ultima parte del poemetto. Tra l'una e l'altra sono racconti recitati dai personaggi, e canti amebei a imitazione delle singole egloghe di Virgilio, che sembrano costituire la Parte principale e più attraente del poemetto; e sono infatti la migliore per perfezione di forma. Ora appunto per questo è comune opinione che essa non sia di mano di Luca ma di Luigi, tanto più che nella favola di Alcmena la figura di Sosia è simile a quella di Margutte del Morgante. A conferma, si avrebbe che le due prime edizioni del Driadeo portano il nome di Luigi. Ma bisogna andar cauti nell'accettare questa opinione: se Luca si dimostra disuguale, innegabile è la ricchezza della sua vena, e certa originalità nel trarre dagli antichi poeti le sue fantasie. E intanto alla fine del suo poemetto egli annunzia che canterà il suo paese, e i colli Calvanei con altre più vistose opere; così annunzia il Ciriffo Calvaneo.
Questo poema nelle più antiche edizioni è presentato come di Luca P., e poi come continuato da suo fratello Luigi e ripreso da Bernardo Giambullari, che nel 1514 lo pubblicò come cominciato da Luca e seguitato da Luigi, sicché si fa questione su quel che spetta all'uno o all'altro; se l'opera era stata portata da Luca non oltre la prima parte o primo canto, e continuata poi sino alla fine da Luigi, ovvero se a questo appartengano solo le ultime 29 stanze. Probabilmente Luigi avrà molto curato e ritoccato l'opera del fratello, riserbandosi di scriverne una continuazione, che è annunciata nel Morgante (XXVIII, 118 e 129) e forse nella penultima di queste 29 stanze, senza poter mai attuare il disegno essendo troppo occupato nel suo Morgante. Come sta ora, il Ciriffo si può dire compiuto, perché è un racconto episodico della guerra fra re Tibaldo di Arabia e Luigi re di Francia, della quale si fa parola nelle Storie Narbonesi, e le avventure che vi si narrano, di Ciriffo e del Povero Avveduto, si svolgono per un ciclo che può ben ritenersi chiuso.
Quanto al valore intrinseco dell'opera, l'autore non ha altro di mira che il gradimento e diletto del popolo, con un bel fondo di religione e di sentimento di famiglia; tutto lo studio è volto a presentare avventure straordinarie, quali si narravano sin nei vecchi romanzi bizantini, e poi nei moderni dell'Occidente, e insieme grandi, ben riuscite descrizioni di battaglie. C'è un disegno sobriamente immaginato e condotto; alcuni personaggi sono accuratamente ritratti, magnanimi e valorosi, tra i quali si mischia quel Falcone, inesauribile furfante, che sembra quasi dirigere l'azione e riesce interessante, ed è stato, a torto, creduto simile al Margutte di Luigi; infine vi figurano sedici mostruosi e buffi giganti venuti dai più strani paesi, che fanno al re Tibaldo più paura quasi degli stessi nemici. Si può contare questo poemetto tra i più notevoli, ma non esagerarne con ciò i meriti, perché dà stanchezza in luogo d'interesse. C'è la solita abbondanza di reminiscenze della mitologia e storia antica, non dissimulata come suole avvenire in Luigi, ma ingombrante, e difetto di chiarezza nella narrazione e di rilievo, lingua popolaresca, non dissimile da quella di Luigi, sfoggi di artifici grossolani, ma di quando in quando brio e vivacità, la quale viene a perdersi, purtroppo, a causa di un parlar furbesco o non intelligibile a tutti. Luca mancava di disciplina d'arte.
A imitazione delle Eroidi di Ovidio, Luca scrisse in terza rima 17 lettere di famosi amanti dell'antichità, premettendone una di Lucrezia Donati a Lorenzo de' Medici, al quale vuol dedicato tutto il libro: non hanno pregio se non di curiosità, e possono valere a far conoscere come Luca (che qui muta il suo nome in Lucio Pulcro) si fosse impadronito di tutto il mondo favoloso del tempo antico. Tra queste Eroidi si possono segnalare quelle di Iarba a Didone, del Ciclope a Galatea e del seduttore sacerdote Egisto a Clitennestra.
Ediz.: Il Driadeo d'Amore, a cura di F. Torraca, in Poemetti mitologici dei secoli XIV, XV e XVI (Livorno 1888); a cura di P. E. Giudici (Lanciano 1916); Ciriffo Calvaneo di Luca P. con la Giostra del Magnifico Lorenzo de' Medici insieme con le Epistole composte dal medesimo P. (Firenze 1572); a cura di S. L. G. Audin (Firenze 1834.); Pistole di Luca P. al Magnifico Lorenzo (Firenze 1481 [stile fior.]).
Bibl.: v. pulci, bernardo; pulci, luigi. Inoltre: F. Flamini, Spigolature di erudizione e di critica, Pisa 1895, p. 46 segg.; L. Mattioli, L. P. e il Ciriffo Calvaneo, Padova 1900.