MARENZIO, Luca
Compositore, nato a Coccaglio (Brescia) nel 1553, morto a Roma il 22 agosto 1599. Studiò contrappunto e canto con Giovanni Contino (un allievo del parmigiano G. M. Lanfranchi); appartiene quindi a quella scuola bresciana dalla quale, insieme a lui, uscirono Lelio Bertani, Giuliano Paratico, Gregorio Turini, Gianpaolo Caprioli, Costanzo Antegnati, e altri. Un primo libro di Madrigali a 5 voci di M., stampato a Venezia nel 1580 e offerto come raccolta di primizie al cardinale Luigi d'Este, guadagnò al maestro le simpatie di questo porporato, che l'anno seguente elevò M. alla carica di direttore della sua cappella musicale. Con l'assunzione di M. al servizio del cardinale estense si può dire che sia cominciato il periodo fruttuoso della sua attività artistica. Ché, nello stesso anno 1581, M. faceva apparire il suo primo libro di Madrigali a 6 voci, dedicato al duca Alfonso d'Este, nonché il secondo libro (a 5 voci), in omaggio a donna Lucrezia d'Este, duchessa di Urbino. Lasciato nel 1586 il servizio del cardinale d'Este, M. passò alla corte dl Sigismondo III di Polonia, ove rimase fino al 1591, lautamente stipendiato. Due anni dopo lo si ritrova a Roma in funzione di maestro di cappella del cardinale Aldobrandini, finché non lo raggiunge, nel 1596, la nomina di cantore della Cappella pontificia. Pare che un amore contrastato abbia affrettato la fine di M.
La serie delle pubblicazioni musicali madrigalesche di M. crebbe copiosamente dopo il 1581 e tanta fu la rinomanza che esse gli guadagnarono, da farlo designare principe dei madrigalisti del suo tempo, e "il più dolce cigno d'Italia". E la sua fama fu pari al merito, riconosciuto dai maggiori maestri che seguirono M., C. Monteverdi compreso, e confermato dalla ristampa moderna delle opere, iniziata recentemente a cura di A. Einstein. Anche per la quantità delle opere, la produzione madrigalesca di M. s'impone e attesta la facilità, la spontaneità e il magistero del polifonista. Le apparizioni dei sei libri di Madrigali a 6 voci avvenute fra il 1581 e il '94, si alternarono, fra il 1580 e il '99, con quelle di nove libri di Madrigali a 5 voci, di cinque libri di Villanelle a 3 voci e di altre stampe di Madrigali a 4 voci (1585) e di Madrigali spirituali a cinque voci (1584). Alla musica sacra, M. diede i Completorî e le Antifone del 1595, e una quantità di Mottetti a quattro e a dodici voci, pubblicati come opere postume nel 1614 e '16. Musiche, queste, che portano degnamente il nome del loro autore, senza però uguagliare l'importanza e la popolarità delle composizioni madrigalesche, diffuse in numerose edizioni e ristampate ad Anversa e a Norimberga facendo un solo corpo dei libri a 6 e a 5 voci.
Nel movimento musicale del secondo Cinquecento, M. rappresenta il perfezionamento dello stile madrigalesco, giunto alla sua maggiore elevazione polifonica, senza abbandonare la composizione vocale "a cappella". Fra le espressioni di tipo mottettistico, non sempre esenti da formule scolastiche, dei madrigalisti anteriori e gli estremi del colorismo armonico toccati da Gesualdo da Venosa, del programmatismo di G. Croce, A. Striggio, A. Banchieri, e dei disegni melodici tracciati con finalità mimetiche dal più maturoMonteverdi, la maggior parte della produzione di M. occupa un posto centrale, ove gli elementi musicali migliori proprî di quei due periodi si trovano equilibrati insieme. Accogliendo la tendenza comune al suo tempo, M. concentrò l'attenzione sopra l'espressione musicale delle parole, che applicò con intendimenti di classico polifonista e non di monodista innovatore. Giunto al 1588, egli si dichiarò seguace di questo postulato estetico nella dedica al conte M. Bevilacqua di Verona di un primo libro di Madrigali a 4, 5 e 6 voci: "composti con maniera assai differente dalla passata havendo, et per l'imitatione delle parole, et per la proprietà dello stile, atteso ad una (dirò così) mesta gravità". Tale tinta di melanconia sentimentale - resa vaga e nuova dalle improvvise modulazioni del cromatismo sottolineante le parole e sostenuta dal sapiente gioco polifonico delle voci, alleggerito per opportune concessioni agli atteggiamenti declamatorî dell'omofonia corale -, conferì ai madrigali di M. un profumo di romanticismo, che rimase tipico nelle musiche migliori dell'epoca da lui rappresentata.
Bibl.: F. X. Haberl, in Kirchenmusikal. Jahrb., 1900; P. Guerrini, in S. Cecilia, Torino 1908; id., in La critica musicale, 1918; H. Engel, L. M., in Rassegna musicale, 1932.