LUCA da Perugia
Di questo pittore non sono noti il luogo e la data di nascita, da ricondursi approssimativamente, grazie alle iscrizioni da lui apposte sulle poche opere note, alla città di Perugia e alla seconda metà circa del Trecento.
Non sussistono tracce, tuttavia, di una prima attività di L. nel capoluogo umbro; così come non trova riscontro documentario un'ipotesi di Gnoli, seguita da Galetti - Camesasca, secondo la quale L. potrebbe identificarsi con Luca d'Antonio di Mona, residente a Perugia a Porta S. Susanna, iscritto all'arte dei miniatori per la quale ricoprì le cariche di priore nel primo bimestre del 1411, camerlengo nei semestri primo del 1407 e secondo del 1416 quando fu sollevato dall'incarico perché coinvolto nella rivolta di Castel della Pieve ove era castellano del cassero. Risulta difficilmente riferibile alla stessa figura l'inventario del 14 febbr. 1404 riguardante un non meglio specificato Luca residente già a quella data a Bologna, parrocchia di S. Petronio, e ricondotto a L. da Filippini - Zucchini a causa del ruolo centrale, se non esclusivo, rivestito dalla basilica felsinea nell'attività conosciuta del pittore.
Nel 1417, infatti, L. firmò e datò l'affresco visibile sulla parete destra della cappella petroniana di S. Brigida, o Pepoli, a quella data, e fino al 1451, ancora dedicata a s. Tecla. L'opera, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino, i ss. Ambrogio, Antonio, Petronio, Bartolomeo, Cosma, Gottardo, Damiano e il donatore, fu commissionata a L. dal merciaio Bartolomeo da Milano, come dichiara l'iscrizione tuttora leggibile al di sotto della cornice dipinta - "hoc opus fecit fieri magister Bartholomeus de Mediolano pro anima sua MCCCCXVII de me(n)se iulii" - ed entrò dunque a far parte della prima campagna decorativa della cappella in cui furono eseguiti anche gli affreschi di Francesco Lola (1419) e quelli poco più tardi di Michele di Matteo (1430).
Ricordato sembrerebbe per la prima volta nella seconda metà del Settecento da Marcello Oretti (in Supino), l'affresco ha goduto di una pressoché invariata fortuna critica tesa a porne in risalto lo scarto stilistico rispetto alle vicende del tardo gotico bolognese. Nel suo complesso, infatti, la lingua di L. risulta scarsamente ricettiva alle novità introdotte nel cantiere petroniano da Giovanni da Modena e tradisce legami più stretti con la cultura eugubina, nella declinazione di Ottaviano Nelli, e con quella veneto-marchigiana (Bombe; Van Marle; Volpe; Grandi; Medica), tali da lasciare ipotizzare in queste aree lo svolgimento del suo precedente iter formativo. Sono in particolare le proporzioni e fisionomie dei santi, tra i quali i medici Cosma e Damiano rappresentati in abiti contemporanei (Capparoni), a trovare i precedenti "umbri" più stretti in due trittichetti devozionali della fine del Trecento e di paternità ignota (Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria, inv. nn. 73, 83; Salmi).
Presumibilmente più tardo, a giudicare dal lieve aggiornamento della cifra stilistica sulla "tradizione più pittoricamente schietta dei trecentisti bolognesi" (Volpe), è un altro affresco firmato da L. sulla porzione inferiore sinistra del pilastro di separazione tra le cappelle di S. Brigida e della Pace nella medesima basilica, malamente sopravvissuto agli interventi sette-ottocenteschi. Nella scena frammentaria, raffigurante originariamente il Martirio di s. Caterina d'Alessandria, il brano di maggior leggibilità è quello in alto a sinistra, con la figura dell'Eterno benedicente i cui tratti fisionomici presentano evidenti tangenze con quelli dei santi affrescati da L. nella cappella di S. Brigida.
Sulla base di queste opere certe Todini ha inserito nel catalogo di L. l'anconetta con Madonna col Bambino in trono e l'Eterno benedicente tra i ss. Antonio Abate e Agostino (già Firenze, galleria Bellini). Suscettibili di integrare il lacunoso quadro di riferimento dell'attività emiliana del pittore sono, invece, le riflessioni di Lucco riguardanti l'affresco conservato sopra la porta della cappella dell'Opera pia Omozzoli Parisetti di Reggio Emilia raffigurante una Madonna col Bambino. Risparmiata sulla superficie muraria originaria dai rifacimenti ottocenteschi e recante al di sotto la lapide commemorativa della fondazione dell'ospedale da parte di Matteo Omozzoli nel 1410, l'opera dovette essere stata eseguita tra secondo e terzo decennio del secolo secondo quanto suggeriscono dettagli stilistici e iconografici. In particolare, la Vergine è assisa su un elaboratissimo trono di matrice "altichieresca" la cui tipologia si diffuse con discreta fortuna dalla fine del Trecento anche in area figurativa emiliana; i tratti fisionomici delle due figure, inoltre, presentano singolari analogie con quelli del gruppo sacro nell'affresco petroniano di L. del 1417 in cui si riscontra anche, perfettamente sovrapponibile a quello dell'opera in esame e tale da lasciarne ipotizzare la stessa paternità, il tipo di nimbo del Bambino con "raggiatura incisa sull'intonaco, due cerchi concentrici e una serie di punti scavati sul bordo esterno" (Lucco).
Di L. non si conoscono il luogo e la data di morte.
Fonti e Bibl.: G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1820, pp. 237, 510; A. Rossi, L'arte de' miniatori in Perugia, in Giorn. di erudizione artistica, II (1873), 11-12, p. 311 (per Luca di Antonio di Mona); J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A history of painting in Italy, III, London 1908, p. 187; W. Bombe, Geschichte der peruginer Malerei bis zu Perugino und Pinturicchio: auf Grund des Nachlasses Adamo Rossis und eigener archivalischer Forschungen, Berlin 1912, p. 71; M. Salmi, Note sulla Galleria di Perugia, in L'Arte, XXIV (1921), p. 163; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria, Spoleto 1923, p. 24; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, IV, The Hague 1924, pp. 476, 478 s.; VIII, ibid. 1927, p. 366; P. Capparoni, I santi medici Cosma e Damiano in un affresco nella chiesa di S. Petronio, in Il Comune di Bologna, XIX (1932), 7, p. 23; F. Cavazza, I restauri compiuti nella basilica di S. Petronio dal 1896 a oggi, ibid., p. 12; G. Zucchini, Opere d'arte inedite, V, ibid., XXI (1934), 12, p. 61; I.B. Supino, L'arte nelle chiese di Bologna. Secoli XV-XVI, Bologna 1938, pp. 175 s., 194; G. Zucchini, Guida alla basilica di S. Petronio, Bologna 1953, p. 68; F. Filippini - G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna. Documenti del secolo XV, Roma 1968, pp. 113 s.; M. Boskovits, Pittura umbra e marchigiana fra Medioevo e Rinascimento. Studi nella Galleria nazionale di Perugia, Firenze 1973, p. 23; C. Volpe, Da Lippo di Dalmasio a Giovanni da Modena, in La basilica di S. Petronio in Bologna, I, Cinisello Balsamo 1983, pp. 280, 284, figg. 257, 267; M. Lucco, Pittore emiliano circa 1410/20, in Nuove letture e acquisizioni dei Civici Musei di Reggio Emilia 1984-1985, a cura di G. Ambrosetti, Reggio Emilia 1986, pp. n.n.; R. Grandi, La pittura tardogotica in Emilia, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, p. 226; M. Medica, ibid., pp. 670 s.; F. Todini, La pittura umbra. Dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, p. 97; II, p. 280, fig. 620; U. Galetti - E. Camesasca, Enc. della pittura italiana, II, Milano 1951, p. 1427; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 427.