CASSANA (Cazzana, Cazona), Luca
Genovese, figlio di Bartolomeo, dalla metà del Quattrocento lo troviamo installato ad Angra, nell'isola di Terceira, dove svolgeva con molto successo le sue attività di uomo d'affari nel quadro della colonizzazione delle Azzorre. Nell'ultimo decennio del secolo venne a raggiungerlo suo fratello Andrea, che si era trasferito da Siviglia avendo ottenuto dal principe Emanuele, duca di Beja, il privilegio esclusivo della coltivazione nell'isola, per sei anni, del guado, una pianta introdotta di recente in Portogallo che, per la materia colorante di cui era ricca, offriva prospettive molto seducenti ai pionieri della nuova economia atlantica. Perché potesse esercitare tale privilegio senza impedimenti, il 3 marzo 1490 re Giovanni II gli aveva concesso la più ampia facoltà di commerciare liberamente non solo nel suo regno, ma persino in "terra de Mouros". Ad Angra Andrea si sposò con Domenica Vieira de Azevedo.
Non sappiamo molto di più sulle attività dei due intraprendenti genovesi, se non che erano in collegamento con un altro fratello, Francesco, il quale aveva la sua base a Siviglia. 16 a lui che il C. si rivolse per il finanziamento di una spedizione ad un'isola oceanica sconosciuta, che per l'Almagià potrebbe essere quella delle Sette Città o l'Antillia della cartografia quattrocentesca.
L'isola - come si apprende da Fernand Colombo - era stata avvistata dal pilota portoghese Vincente Dies, di Tavira, che probabilmente è da identificarsi col "patron" della caravella di Alvise Da Mosto nel suo viaggio del 1455. Gli era parso di intravederla navigando dalla Guinea, dopo aver superato Madera, ed ebbe "per certo che veramente fosse terra". Infiammato dal desiderio di farsene padrone, il C. ottenne dal re la prescritta autorizzazione, senza dubbio con tutte le concessioni e i privilegi di rito. Invitato a parteciparvi armando una nave, suo fratello Francesco "si fece beffa" dell'impresa; tuttavia il C. volle egualmente organizzarla. Per conto di lui il Dies andò tre o quattro volte a cercare l'isola, allontanandosi da Terceira per centoventi o centoquaranta leghe, ma non la trovò mai, senza che per questo venisse meno la speranza che le spedizioni potessero essere infine coronate dal successo.
La data dei viaggi è ignota, ma la circostanza che direttamente da Francesco ne abbia appreso le vicende Cristoforo Colombo - così attento, nella fase preparatoria della sua navigazione transoceanica, alle esperienze marittime portoghesi - permetterebbe di collocarli prima del 1492. Non c'è motivo di dubitare che non siano stati effettuati, benché ce ne manchino testimonianze più ampie.
Essi s'ispiravano a quell'ansia di scoperta di isole occidentali che nell'ultimo quarto del Quattrocento animò i Portoghesi non meno della ricerca di un collegamento marittimo con l'Asia delle spezie Al di là dell'avventura marittima, prodotto non raro di un ambiente nel quale era connaturata, ciò che sappiamo del C. documenta la solida presenza genovese nelle Azzorre, così come negli altri arcipelaghi atlantici dell'Africa, e il posto che essa occupa come elemento estremamente dinamico di propulsione della messa in valore di questi gruppi di isole all'epoca delle grandi scoperte geografiche.
Fonti e Bibl.: F. Colombo, Le Historie della vita e dei fatti di Cristoforo Colombo, a cura di R. Caddeo, Milano 1957, I, p. 78; O. Tadini, I marinai italiani in Portogallo, in Riv. marittima, XX (1887), pp. 200, 205; S. Viterbo, Algumas achegas para a historia da tinturaria em Portugal, Lisboa 1902, pp. 8 ss.; P. Peragallo, Cenni intorno alla colonia ital. in Portogallo nei secc. XIV, XV e XVI, in Mise. di storia ital., s. 3, IX (1904), pp. 399 s.; R. Almagià, Iprimi esplorat. dell'America, Roma 1937, pp. 45, 461; G. Po, La collaborazione italo-portoghese alle grandi esploraz. geografiche ed alla cartografia nautica, in Relaz. stor. fra l'Italia e il Portogallo, Roma 1940, p. 282; F. Borlandi, Note per la storia della produzione e del commercio di una materia prima. Il guado nel Medio Evo, in Studi in onore di G. Luzzatto, Milano 1950, I, p. 317; A. Sapori, I beni del commercio internaz., in Studi di storia econ., Firenze 1955, I, p. 552..