BAGLIONI, Luca
Nacque, intorno al 152o, a Perugia e appartenne quasi certamente alla nobile e potente famiglia cittadina (cfr. C. Cartari, Advocatorum Sacri Consistorii Syllabum, Romae 1656, p. LX).
G. Negri nell'Istoriadegli scrittori fiorentini,Ferrara 1722, p. 313, lo dice per errore fiorentino e G. B. Vermiglioli nella Biografia degli scrittori perugini,Perugia 1828, p. 92, addirittura veneziano, pur senza offrire alcuna prova a sostegno di questa sua affermazione.Poche notizie si hanno della vita del B., e tutte si ricavano dal suo libro L'Arte del predicare, che fu pubblicato a Venezia nel 1562. Il B. vestì assai presto l'abito dei frati minori osservanti, iniziando giovanissimo, e con molto successo, la sua attività di predicatore. Ebbe come maestro di teologia un dottore parigino, del quale egli tace il nome. Nel 1559 predicò a Roma in S. Giacomo degli Spagnoli e nel 1562, quando diede alle stampe il suo trattato, aveva cominciato da poco il quinto anno di predicazione a Venezia. Fu molto imitato, a suo dire, dagli oratori contemporanei; sembra anzi che alcune prediche, dal B. incautamente diffuse, fossero pubblicate come proprie da altri. Ebbe in mente di riunire, in quattro libri, un'antologia delle sue orazioni sacre che abbracciasse "quanto mai si può predicare e leggere di Dottrina Cristiana", ma la compilazione, a quanto risulta, non avvenne. Ignoriamo quando, e dove, il B. sia morto.
Il trattato L'Arte del predicare, dedicato (8 ott. 1562) al generale dell'Ordine P. F. Zamorra, è diviso in tre libri, nel primo dei quali si discutono i problemi fondamentali dell'oratoria sacra nei suoi rapporti con quella profana, nel secondo si parla "de' precetti rhetorici", nel terzo infine "delli colori rhetorici, delli gesti et esclamationi evangeliste". A chiusura del volume il B. pone alcuni sonetti in sua lode, di D. Veniero, di G. B. Valiero, di Celio Magno, di G. M. Verdizotti.
L'Arte del predicare è condotta secondo le regole della retorica aristotelica, e inoltre il B. conosce molto bene s. Agostino, Cicerone, e forse Quintiliano, e si serve spesso, pur senza mai citarlo, dell'Ecclesiastae di Erasmo da Rotterdam. Ma l'esposizione trae tutta la sua vivacità dai continui riferimenti del B. alla sua diretta esperienza, e si fonda sopra l'esigenza di un'oratoria convincente e pacata che possa agevolmente insinuarsi nell'animo degli ascoltatori rinunciando agli effetti più vistosi e declamatori. In questi intenti, suggeriti dal nuovo clima del concilio di Trento, è da ravvisare un'anticipazione di quella che sarà la riforma nel campo della predicazione di Francesco Panigarola.
Nella polemica contro gli eretici il B. propone di abbandonare i metodi tradizionali della confutazione dialettica, che da sola non basta a convincere, e delle ingiurie, che disgustano, e infine allontanano dalla Chiesa. A questa pratica egli vuol sostituire un'esposizione semplice e serena dell'ortodossia cattolica, sì che si giunga a confutar l'eresia quasi senza farvi riferimento.
Scarsa fortuna ebbe quest'opera, ma fu una dimenticanza immeritata, ché il suo stile è piacevole, il contenuto interessante, la forma scorrevole e piana. Le nocque forse una certa improvvisazione di cui lo stesso B. si vanta, e che traspare sovente nel dettato.
Bibl.: A. Oldoini, Athenaeum Augustum,Perusiae 1678, p. 212; G. M. Mazzuchelli, GliScrittori d'Italia,II, 1, Brescia 1758, p. 49; C. Dejob, De l'inguence du Concile de Trente sur la littérature et les beaux-arts,Paris 1884, pp. 112, 117 s.; C. Trabalza, La critica letteraria,II, Milano 1915, p. 146; G. G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum S. Francisci,II,Romae 1921, p. 174; F. Sarri, L'arte del predicare di P. L. B. de l'Ordine de' Frati Minori,in Studi francescani,X(1924), pp. 1-18.