Uomo di stato francese (Parigi 1641 - Versailles 1691). Segretario di stato per la Guerra, contribuì alla formazione di un esercito moderno e nazionale con una serie di provvedimenti, tra cui un generale riordino delle truppe con adeguata fornitura di armi e uniformi e paghe regolari per i soldati, possibilità anche per i non nobili di entrare tra i cadetti, modernizzazione degli equipaggiamenti e delle armi. Brutale e spregiudicato nelle decisioni politiche, si alienò progressivamente i favori della corte e infine dello stesso re.
Figlio del cancelliere Michel Le Tellier, che fin dal 1654 gli assicurò la successione nella carica di segretario di stato per la Guerra, nella quale sostituì di fatto il padre nel 1666 (ufficialmente solo nel 1677), cominciò, poco più che ventenne, la sua personale, sistematica riforma dell'esercito. La sua amministrazione si basò su un diretto controllo dell'esercito da parte del governo: aveva in mente un esercito forte, numeroso, ben equipaggiato, sostenuto da una ferma disciplina; di qui la lotta a fondo contro ogni sorta di abusi e di venalità. Affidò ai commissari di guerra la parte economico-amministrativa, agli ispettori l'istruzione militare, stabilì gli avanzamenti con il solo criterio dell'anzianità e del merito. Creò nove corpi di cadetti, aperti anche alla gioventù borghese; riordinò l'esercito dando a tutte le armi un'uniforme, simbolo di ordine e di eguali doveri. Dotò la fanteria di baionetta (1678), sostituendo al vecchio moschetto il fucile, e diede impulso all'ingegneria militare accogliendo le geniali innovazioni di S. Vauban. Volle un reclutamento regolare per sorteggio (1688); fondò l'Hôtel des Invalides, l'archivio militare (Dépôt de la guerre). La sua onnipotenza, se pur contrastata da J.-B. Colbert, ottenne vistosi successi, tra i quali importante l'annessione di Strasburgo alla Francia (1681), anche se la sua brutale durezza, rivelatasi nella persecuzione degli ugonotti con la revoca dell'editto di Nantes (1685), e nei suoi stessi piani militari, come la spietata campagna di devastazione del Palatinato (1688), parvero giustificare l'ostilità a corte dei suoi nemici, e particolarmente di Madame de Maintenon, che non gli perdonavano la sua troppo lunga fortuna e il regno, da lui instaurato, della "vile borghesia". L'assedio di Cuneo (1691), ch'egli aveva voluto, col suo fallimento oscurò di colpo la fama di L., togliendogli il favore di Luigi XIV; la sua morte improvvisa, pare per un'emorragia interna, fece immaginare che fosse perito di veleno.