BARTHOU, Louis
Uomo politico francese, nato a OloronSainte-Marie (Bassi Pirenei) il 25 agosto 1862. Suo padre era maestro elementare. Frequentò il liceo di Pau, dimostrandosi allievo diligente e d'intelligenza precocissima. All'università di Bordeaux partecipò a sei concorsi e in tutti conseguì i primi premî. Laureatosi in legge a 19 anni, anche prima di ottenere il titolo di avvocato, cominciò a scrivere sui giornali e a tener conferenze. Nel 1889 fu eletto deputato contro un vecchio parlamentare che portava un nome storico e lasciò la camera per il senato nel 1922. Tra il 1894 ed il 1914 fu più volte ministro, reggendo successivamente i dicasteri dei Lavori pubblici (1894-95 e 1906-1909), dell'Interno (1896-98), della Giustizia (1909-10 e 1913). Durante la guerra mondiale fu per poco, nel 1917, ministro degli Esteri, poi nel 1921-22 ministro della Guerra, nel 1922-24 ministro della Giustizia; ultimamente fu richiamato da Poincaré a reggere il dicastero della Giustizia nel ministero di unione nazionale (1926-29). Dappertutto lasciò traccia del suo ingegno acuto e versatile. Dal marzo al dicembre 1913 fu anche presidente del consiglio dei ministri (e ministro dell'Istruzione) e si acquistò una grande benemerenza facendo votare la legge sul servizio militare di tre anni che rese possibile il rafforzamento alla frontiera delle truppe di copertura destinate a resistere al primo urto nemico. La legge fu combattuta aspramente dalle sinistre e la discussione durò tre mesi, dando luogo a un interessante duello oratorio tra Barthou e l'eloquente leader socialista Jaurès. La sua dottrina politica s'impernia sull'affermazione dell'autorità dello stato, sulla necessità di un governo forte, sulla resistenza al radicalismo, al socialismo, alla demagogia. Ciò lo rese specialmente inviso alle sinistre, che non gli risparmiarono gli attacchi.
Per chiarezza, eleganza, ed efficacia può classificarsi tra i grandi oratori. La sua definizione dell'uomo politico ("uomo politico è chi esercita od aspira ad un mandato parlamentare") dimostra che egli, non concependolo fuori del parlamento, assegna ad esso un compito troppo ristretto e contingente. Meglio egli definisce la politica come l'arte, la volontà, la passione di governare.
È cultore assiduo di studî letterarî, bibliofilo, collezionista di edizioni e manoscritti rari, di documenti e curiosità inedite. Le sue pubblicazioni principali sono: Mirabeau (1913); Lamartine orateur (1914); Les amours d'un poète (1920, su Victor Hugo). Il libro su Mirabeau è il più personale. Sembra che l'autore abbia voluto esporre le sue idee per il tramite del grande tribuno della rivoluzione del 1789. Perciò il libro è più brillante che storicamente fedele; ma è tale quando classifica Mirabeau tra quella schiera di demagoghi arrabbiati che l'esperienza e il senso della responsabilità trasformano in uomini di stato.
Il libro su Lamartine è un trattato sull'arte oratoria; quello su Victor Hugo trascura il poeta per scrutare i più intimi recessi della sua vita privata, le sue infedeltà e le sue disavventure coniugali.
Nel 1918 il B. fu eletto membro dell'Académie Française, in quella che fu chiamata la promotion de la victoire. Nel discorso d'entrata disse di non poter aspirare al titolo di letterato, ma solo a quello di uomo politico che ha gusti letterarî.
Ama l'Italia, dove si reca spesso. Nel 1916 parlò alla Sorbona per la giornata italiana insieme con Anatole France che presiedeva la riunione e con Tittoni, ambasciatore d'Italia.
Nel 1921, alla conferenza di Genova, rappresentò la Francia, e fu l'interprete della politica di Poincaré rigidamente intransigente verso la Germania. Forse a tale atteggiamento contribuì l'animo suo esulcerato per la perdita dell'unico figlio, ucciso in guerra da un proiettile tedesco.