Lotta biologica
La lotta contro gli organismi nocivi (pest control) è rappresentata da qualsiasi azione deliberatamente intrapresa, continuata o intensificata dall'uomo, avente come oggetto la prevenzione, la riduzione o l'eliminazione del danno causato da un organismo nocivo. Sono possibili diversi tipi di lotta a seconda dei mezzi ‒ fisici, chimici, biochimici oppure biologici ‒ impiegati per attuarla. Intesa in maniera restrittiva, la lotta di tipo biologico venne concepita inizialmente come l'uso, da parte dell'uomo, di organismi viventi al fine di limitare o evitare i danni provocati da organismi nocivi. A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, però, la definizione di lotta biologica è stata molto ampliata, fino a includere non solo interventi in agricoltura, ma anche in medicina, compresa quella veterinaria, e in altre scienze applicate che hanno a che fare con patogeni od organismi nocivi di varia natura. Attualmente può essere designato come lotta biologica l'impiego di qualsiasi entità biologica vivente, oppure derivata da organismi viventi, che riesca a contenere l'attività di un patogeno o di un parassita. Talvolta vengono inclusi nella lotta biologica anche gli interventi realizzati con metodi biologici per contrastare l'effetto di una malattia causata da agenti del tutto abiotici, come freddo o siccità. A seguito di questo ampliamento, i confini del concetto di lotta biologica tendono a divenire sempre più vaghi e quindi a comprendere addirittura casi come, per esempio, la pratica di estirpazione manuale delle malerbe dai campi coltivati.
La lotta biologica in agricoltura impiega entità biologiche o molecole derivate da organismi viventi per controllare la crescita di organismi patogeni o parassiti e contenerne l'attività nociva. C'è un rinnovato e crescente interesse verso questa pratica complessa e multidisciplinare utilizzata inizialmente per combattere insetti, acari ed erbe infestanti e poi estesa anche ai microrganismi fitopatogeni e ad alcuni Vertebrati. Oggi si realizzano programmi di lotta biologica utilizzando virus, batteri, funghi, Protozoi, Nematodi e Vertebrati (con l'esclusione di uomini e Vertebrati superiori) e sostanze da essi derivate che si ottengono per estrazione o anche per sintesi chimica. Si potrebbe semplicemente assumere che la lotta biologica rappresenti il metodo di controllo dei patogeni praticato in regime di agricoltura biologica. Tuttavia, la lotta 'genetica' e la lotta integrata, metodi da molti considerati ascrivibili alla lotta biologica, sono per ora incompatibili con l'agricoltura biologica. D'altro canto, l'uso dello zolfo e del rame, una pratica antiparassitaria consentita in agricoltura biologica, non rientra nella lotta biologica. Le tecniche molecolari sviluppate negli ultimi venti anni hanno dato un forte impulso all'allargamento del concetto e della pratica di questo tipo di lotta alle fitopatie. Le attuali conoscenze sui meccanismi d'interazione tra gli organismi patogeni/parassiti e i loro ospiti hanno permesso lo sviluppo di nuove biotecnologie per il controllo dei patogeni basate non solo sull'uso di agenti vivi ma anche sui loro metaboliti, geni e prodotti genici.
Gli Insetti sono i maggiori consumatori di piante tra gli organismi viventi. Per contenere gli insetti dannosi sono stati sviluppati vari metodi di lotta biologica, tra cui l'introduzione di nemici naturali e piante resistenti, l'uso di maschi sterili, l'applicazione di feromoni e sostanze vegetali tossiche repellenti (fagodeterrenti) o attrattive (fagostimolanti). L'uso di nemici naturali si basa su tre strategie: la ricostituzione e conservazione degli equilibri naturali, l'introduzione di nuove specie di nemici e l'applicazione del metodo 'inondativo'. Nel primo caso, si cerca di recuperare gli equilibri naturali alterati dalla pratica agricola o da altre attività antropiche e di ricostruire i rapporti tra fitofagi e loro antagonisti che vivevano un tempo nello stesso areale. Con questa tecnica è possibile oggi controllare cocciniglie e aleirodi degli agrumi, afidi del melo, cocciniglie del pesco e molte altre specie nocive. Tuttavia per i fitofagi esotici o introdotti è difficile trovare nemici naturali efficaci nell'area interessata, e quindi si ricorre all'introduzione di nuove specie spesso derivate dalle stesse aree di origine delle specie nocive. Il metodo inondativo, invece, prevede la riproduzione massiva dell'agente di lotta biologica e il suo rilascio in quantità inversamente proporzionale alle sue capacità di riprodursi nell'habitat di applicazione. L'uso dei parassitoidi, Artropodi che completano il loro ciclo su un solo ospite uccidendolo, è probabilmente il metodo più diffuso. Gli ordini più utilizzati sono sostanzialmente quello degli Imenotteri e in misura minore quello dei Ditteri. Particolarmente utili sono i ragni anche se, per la loro mancanza di specificità, non si possono utilizzare in maniera mirata contro un singolo insetto. Anche gli uccelli insettivori, piccoli Mammiferi, Rettili, Anfibi e Pesci sono stati in alcuni casi utilizzati come predatori di insetti fitofagi.
Vari batteri, funghi, Protozoi, virus e Nematodi sono stati utilizzati e commercializzati per combattere gli insetti, e un particolare successo hanno ottenuto Bacillus thuringiensis, B. papilliae e B. sphaericus. Il B. thuringiensis uccide non solo le larve di Lepidotteri ma anche larve di zanzare e Coleotteri grazie all'azione a livello intestinale della tossina Bt. L'applicazione diretta di varie forme della tossina Bt e dei geni che la codificano trasferiti in microrganismi o piante rappresenta oggi un esempio classico di una biotecnologia applicata per la lotta biologica. Sono almeno una ventina le famiglie di virus che possono essere utilizzati come patogeni di insetti nocivi, tra cui i baculovirus sono quelli che hanno ricevuto maggiore attenzione vista la loro selettività nell'attaccare Lepidotteri e Imenotteri. Tuttavia, la necessità di allevare questi agenti in presenza dell'ospite rappresenta un fattore fortemente limitante per il loro utilizzo. Più facili da coltivare sono invece i funghi entomopatogeni, di cui quelli appartenenti ai generi Verticillium, Beauveria o Zoophthora spp. sono usati da tempo contro afidi in Australia e Israele. Altri formulati fungini sono utili per il controllo di alcuni Coleotteri e Lepidotteri specialmente in ambienti ad alta umidità relativa. Efficaci agenti di lotta biologica sono anche alcune specie di Protozoi del genere Nosema, capaci di controllare cavallette e altri fitofagi di Graminacee. Tra i Nematodi, infine, ne sono stati trovati alcuni che si comportano quasi come parassitoidi, uccidendo gli insetti durante lo sviluppo.
Le recenti ricerche sulle interazioni tra insetticidi naturali e insetti nocivi hanno permesso di sviluppare nuovi principî attivi per la lotta biologica. L'uso del B. thuringiensis come sorgente di tossine e geni insetticidi ha rivoluzionato i metodi e le prospettive di lotta biologica agli insetti. Il gene che codifica la tossina Bt è conosciuto come gene cry e rappresenta in realtà una famiglia di geni contenente almeno 130 membri. Questa δ-endotossina, con tutte le sue numerose varianti, viene oggi microincapsulata e applicata in agricoltura per il controllo non solo di Lepidotteri ma anche di una gran varietà di altri insetti, tra cui le zanzare.
Negli ultimi anni sono state individuate molte altre molecole insetticide. Per esempio, alcuni Streptomyces presenti nel terreno producono le avermectine, che sono capaci di bloccare il sistema nervoso centrale dei fitomizi. La nereistossina, un veleno prodotto da un anellide, è utilizzata per alterare la trasmissione nervosa e paralizzare gli insetti. Una varietà di molecole di origine vegetale, tra cui gli inibitori di proteasi e di α-amilasi e alcune lectine, sono in grado di interferire con i processi digestivi e di assorbimento di nutrienti nei fitofagi. Altre fonti di molecole bioinsetticide sono scorpioni, ragni e parassitoidi, le cui secrezioni contengono composti che interferiscono con il metabolismo dell'insetto fino a causarne la morte. Tra l'altro, gli stessi insetti producono molecole, quali le chitinasi e metalloproteasi, utili come bioinsetticidi o biofungicidi e capaci di degradare la membrana peritrofica che riveste l'intestino e il tegumento di insetti e acari.
L'uso dei cosiddetti 'feromoni' (o 'ferormoni') contro gli insetti rappresenta una tecnica virtualmente priva di impatti ambientali negativi ed è una delle pratiche più efficaci di lotta biologica. Il metodo sostanzialmente consiste nell'utilizzare gli attrattori sessuali allo scopo di allestire trappole ed eliminare dal processo riproduttivo i maschi di specie nocive. Sono oggi disponibili in commercio sostanze feromoniche per il controllo dei Lepidotteri, il cui uso è pienamente integrato nella pratica agricola comune. Anche sostanze ormonali che alterano la crescita, la muta, la diapausa, la metamorfosi, l'assimilazione dei nutrienti (fagostatici) e la riproduzione sono regolarmente utilizzate. Fra queste citiamo l'ecdisone (ormone della crescita) e l'ormone giovanile, che regolano sviluppo e riproduzione. La lotta 'genetica' a insetti e acari si è sviluppata a livello di applicazioni pratiche solo nell'ultimo decennio. Piante transgeniche che esprimono geni cry e producono la tossina Bt sono state introdotte su larga scala a partire dalla metà degli anni Novanta. Da allora l'estensione di coltivazioni di mais, cotone, tabacco, pomodoro, soia e patata protetti 'biologicamente' da questi geni batterici ha raggiunto i 50 milioni di ha. Altre strategie transgeniche per ottenere piante resistenti agli insetti si basano su geni che codificano per molecole capaci di regolare la risposta di difesa della pianta. Un esempio è la 'sistemina', un peptide capace di segnalare a tutta la pianta l'attacco di un fitofago e di determinare l'accumulo di sostanze insetticide anche in tessuti non ancora attaccati.
La lotta biologica contro microrganismi fitopatogeni, Nematodi e malerbe ha avuto un importante impulso nell'ultimo ventennio del XX sec., perché sono stati sviluppati nuovi biofitofarmaci e relativi metodi di applicazione. È stata, inoltre, individuata una gran varietà di funghi, batteri o virus utili come agenti di lotta biologica e sono state studiate in dettaglio le basi molecolari di molte interazioni. La lotta biologica a microrganismi si può basare sui seguenti meccanismi e processi: (a) l'antibiosi, cioè la capacità di produrre metaboliti dotati di attività antimicrobica e inibitoria nei confronti di microrganismi fitopatogeni; (b) la competizione per il substrato, cioè la capacità di sottrarre nutrienti al patogeno riducendone lo sviluppo o la capacità di colonizzare l'habitat; (c) il parassitismo diretto, cioè la capacità di attaccare direttamente il patogeno, parassitizzandolo; (d) il trasferimento dell'ipovirulenza, cioè la capacità di modificare geneticamente la virulenza del fitopatogeno, riducendone la capacità patogenetica; (e) l'induzione dei meccanismi di resistenza nella pianta, cioè la capacità di interagire direttamente con essa attivandone i meccanismi di difesa e aumentandone la resistenza ai diversi patogeni (resistenza indotta); (f) l'alterazione della comunità microbica, cioè la capacità di intervenire sulla comunità microbica presente nel terreno o sul filloplano e instaurare condizioni ecologiche sfavorevoli per il patogeno (per es., soppressività del suolo); (g) la resistenza transgenica in pianta, cioè il trasferimento in pianta di geni utili ad aumentare la resistenza a malattie; (h) il miglioramento genetico dell'attività antagonistica, cioè il miglioramento genetico di microrganismi agenti di lotta biologica per esaltarne la capacità di contrastare i fitopatogeni.
Sono oggi disponibili sul mercato di Stati Uniti, Europa e Giappone biofitofarmaci a base di batteri, come Agrobacterium radiobacter, Pseudomonas fluorescens, Pseudomonas syringae o varie specie di Bacillus, di streptomiceti (Streptomyces spp.) e di funghi, quali Trichoderma e Ampelomyces quisqualis. Il ceppo australiano K84 di A. radiobacter rappresenta un caso esemplare e può essere efficacemente utilizzato come antagonista di A. rhizogenes e altri agrobatteri che causano tumori alle radici e al colletto di piante da frutto, e in particolare delle drupacee. Tra i funghi i più diffusi sono ceppi di Trichoderma spp., che vengono utilizzati contro quasi tutti i più importanti funghi fitopatogeni terricoli e fogliari inclusi Fusarium spp., Rhizoctonia spp., Sclerotinia spp., Sclerotium spp., Verticillium spp., Pythium spp., Armillaria spp., Botrytis spp. e Penicillium spp. Questi antagonisti, oltre che competere con i funghi patogeni, stimolano lo sviluppo dell'apparato radicale e la crescita delle piante e inducono uno stato di resistenza sistemica a diversi patogeni. Per quanto riguarda l'applicazione di virus, si usano generalmente ceppi attenuati o modificati in laboratorio e che sono capaci di persistere nella pianta in forma latente impedendo lo sviluppo di virus dannosi. Interessante è il caso dell'uso dell'ipovirulenza per controllare il cancro della corteccia del castagno. Un micovirus (virus persistente che infetta un fungo) presente in ceppi poco virulenti del patogeno Chryphonectria parasitica può essere trasferito naturalmente a un ceppo di fungo virulento e, quindi, se si trattano le lesioni degli alberi malati con funghi ipovirulenti si ottiene un'attenuazione dell'aggressività dei ceppi infettanti.
Per quanto riguarda la lotta alle piante infestanti, si utilizzano microrganismi patogeni specifici delle stesse specie vegetali dannose applicando il metodo inoculativo o inondativo. Il metodo inoculativo consiste nella introduzione di un patogeno specifico, non autoctono ma derivato dell'area di origine della pianta infestante, in un'area limitata rispetto a quella infestata in modo da ottenere un graduale sviluppo della malattia. La strategia inondativa, invece, consiste nell'applicazione di grandi dosi di inoculo per ottenere una rapida diffusione del patogeno. In questo modo è possibile passare da livelli endemici a livelli epidemici per una malattia causata da un patogeno autoctono, con risultati particolarmente efficaci negli agrosistemi intensivi. Esempi di bioerbicidi, o micoerbicidi se l'agente è un fungo, sono: Colletotrichum gloeosporioides, Phytophthora palmivora, Cylindrobasidium laeve, Chondrostereum purpureum e Xanthomonas campestris. Anche alcune pratiche agronomiche che incidono sugli equilibri ecologici instaurati tra i microrganismi possono essere inquadrate nella lotta biologica. La pacciamatura riscaldante o solarizzazione, per esempio, è una tecnica che, mediante copertura del terreno con teli di plastica, utilizza il calore del sole per ridurre la carica microbica prima dell'inizio della coltivazione. Questa pratica viene applicata in molte aree della fascia temperata (in particolare in Israele e in Spagna) e subtropicale ed è utile soprattutto per il controllo di patogeni terricoli. La tecnica è semplice, economica e sicura, ma richiede un'interruzione di alcune settimane del ciclo di coltivazione.
La lotta biologica per via genetica fa uso di piante e microrganismi geneticamente selezionati e/o geneticamente manipolati. In generale, lo scopo è quello di aumentare la resistenza di una pianta o la capacità antagonista di un microrganismo benefico verso uno dannoso. Geni di resistenza alle malattie, anche modificati in laboratorio per ampliare le loro capacità di riconoscere o inibire il patogeno, sono stati utilizzati per ottenere piante resistenti a vari tipi di agenti fitopatogeni e/o fitofagi. Nuove varietà meno dipendenti dai trattamenti antiparassitari possono essere ottenute utilizzando, per esempio, direttamente geni di difesa attivati dal riconoscimento di un patogeno e che codificano per enzimi litici (chitinasi e glucanasi), proteine che rafforzano la parete cellulare o enzimi che catalizzano la sintesi di sostanze antimicrobiche. Anche l'uso di geni e composti che regolano l'attivazione delle difese delle piante può migliorare la resistenza ai patogeni. Per esempio, il trattamento con acido salicilico, etilene, acido jasmonico o loro analoghi, fra cui anche l'aspirina, induce risposte di difesa efficaci contro diversi patogeni. Si applicano per lo stesso scopo e in forma più o meno purificata anche diverse molecole 'elicitrici', tra cui chitosani (polimeri dell'N-acetilglucosammina parzialmente deacetilati), arpine e altri derivati da batteri fitopatogeni, ed estratti di specie vegetali officinali contenenti differenti composti bioattivi. La lotta biologica in alcune areee geografiche contro ratti, maiali, conigli selvatici, capre, pecore e opossum, che possono degradare sia le coltivazioni sia gli habitat naturali originali, deve essere selettiva e sicura per le specie domestiche correlate a quelle nocive. Sono stati utilizzati con successo predatori, sia indigeni che esotici, e virus come un ceppo di mixoma manipolato geneticamente per aumentarne la specificità. Per la lotta ai Roditori sono stati applicati trappole attrattive, agenti chemosterilizzanti e predatori naturali come gufi e civette.
Un'effettiva sostituzione dell'uso dei pesticidi chimici o di altre pratiche a elevato impatto ambientale con prodotti fitosanitari biologici richiederà molto probabilmente una sempre più ampia integrazione fra diversi metodi di lotta. Per l'immediato futuro è prevedibile l'integrazione di metodi chimici e biologici e l'applicazione di nuovi fitofarmaci 'biointegrati' a base di prodotti di sintesi combinati con agenti biologici (biomolecole o agenti vivi). Fortunatamente, la disponibilità di geni, metaboliti e micro- o macrorganismi da utilizzare contro i parassiti sta crescendo in maniera esponenziale grazie alle moderne tecniche di biologia e genetica molecolare e di analisi dei genomi di piante, patogeni e potenziali agenti di lotta biologica. Sulle conoscenze che si stanno acquisendo oggi si baserà la lotta biologica di domani.
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