FORTUNA, Loris
Nacque a Breno (Brescia) il 22 genn. 1924 da Mario e da Luigina Dotti. Poco dopo la sua nascita il padre divenne capo cancelliere presso il tribunale di Udine e vi si trasferì con la famiglia. Dopo aver conseguito la maturità al liceo "Stellini", il F. partecipò alla lotta di liberazione come partigiano nelle formazioni "Osoppo" e "Friuli". Nell'aprile 1944 venne catturato dai nazisti, processato da un tribunale tedesco dell'Adriatisches Küstenland e condannato ai lavori forzati nel penitenziario di Bernau, in Alta Baviera, donde poté tornare solo dopo la fine della guerra.
Il F. - il cui padre era stato rappresentante del Partito comunista italiano (PCI) in seno al Comitato di liberazione nazionale di Udine - s'iscrisse al PCI e s'impegnò nel movimento di lotta dei braccianti e salariati agricoli. Dal 1946 al 1948 diresse il settimanale Lotte e lavoro, col quale condusse battaglie politiche e culturali anche a fianco di P.P. Pasolini.
Nel 1949 si laureò in giurisprudenza all'università di Bologna con una tesi su "Diritti di sciopero e non collaborazione". Gli esordi del F. nella professione forense furono legati alla sua militanza politica. Per diversi anni fu infatti il legale della Federazione dei lavoratori della terra e delle Camere del lavoro di Udine e di Pordenone.
Consigliere comunale, nel 1956 si dimise dal PCI dopo gli avvenimenti d'Ungheria. L'anno successivo aderì al Partito socialista italiano (PSI), di cui divenne segretario provinciale. Alle elezioni del 28 apr. 1963 fu eletto deputato per la circoscrizione di Udine. Rivelò subito quella che sarebbe stata una costante del suo impegno parlamentare, facendosi promotore di una serie di proposte di legge per l'ampliamento dei diritti civili e la piena attuazione dei principî costituzionali.
Nella sua prima legislazione propose, tra l'altro, modifiche del codice civile per quanto riguardava i rapporti di lavoro, del codice penale in merito alla utilizzazione contra legem di manodopera minorile e femminile, del codice di procedura penale in relazione ai limiti della custodia preventiva, ai poteri e alle facoltà di assistenza e di intervento del difensore in ogni stato e grado del dibattimento. Propose anche la revisione del codice penale militare di pace.
Tutte queste proposte rimasero però ferme presso la commissione Giustizia della Camera dei deputati e la stessa sorte toccò alla prima proposta di legge, presentata dal F. il 1° ott. 1965, sui "Casi di scioglimento del matrimonio". Questo progetto, che venne subito definito "piccolo divorzio", non trovò infatti le condizioni politiche e parlamentari per andare avanti, sebbene la commissione Giustizia della Camera avesse incominciato (giugno 1967) a esaminarlo in sede referente. Oltre alla netta opposizione della Democrazia cristiana (DC), l'iniziativa del F. si scontrò con le resistenze di chi, all'interno dello stesso PSI, temeva di compromettere i rapporti di collaborazione governativa tra i due partiti in questione. Queste ragioni di opportunità politica indussero P. Nenni a intervenire sul F. affinché desistesse dal portare avanti la proposta di legge. Il F. ritenne allora opportuno appoggiarsi a un movimento di opinione pubblica che reclamasse l'introduzione del divorzio in Italia.
Questo movimento raccolse l'adesione di quei cittadini, legalmente separati, ai quali la legge vigente precludeva la possibilità di formarsi una nuova famiglia. Le esigenze dei separati vennero fatte proprie dal Partito radicale, che non aveva rappresentanti in Parlamento, e dal settimanale popolare ABC, che promosse tra i suoi lettori l'invio di cartoline per indurre le Camere a discutere e approvare il progetto di legge Fortuna. Cominciò così ad assumere una precisa fisionomia il movimento divorzista, composto in prevalenza da ceti medi direttamente interessati all'introduzione del divorzio e in massima parte estranei all'impegno politico.
Per conferire maggiore incisività a questa campagna d'opinione, all'inizio del 1966 gli esponenti radicali M. Mellini e M. Pannella annunciarono la costituzione della Lega per l'istituzione del divorzio (LID). La LID - alla quale aderirono, in posizione preminente, oltre allo stesso F., diverse personalità del mondo laico - fu attiva nel promuovere numerose manifestazioni in tutta Italia e quando, nel dicembre 1967, tenne il suo primo congresso, il movimento divorzista aveva ormai una notevole forza di pressione nei confronti del Parlamento.
Di pari passo era cresciuta la popolarità del F., come dimostrarono gli ampi consensi elettorali che riscosse nella consultazione del 19 maggio 1968, nonostante il risultato negativo per le liste socialiste. Presentato sia nella circoscrizione di Milano-Pavia sia in quella di Udine-Gorizia-Belluno risultò eletto in entrambe, optando poi per la seconda.
Forte degli accresciuti consensi, il 5 giugno 1968 il F. ripresentò la sua proposta di legge, firmata questa volta, sia pure a titolo personale, da altri 57 deputati socialisti, socialproletari, comunisti e repubblicani, mentre il 7 ottobre il deputato liberale A. Baslini e altri presentarono un'analoga proposta di legge sulla "Disciplina dei casi di divorzio".
L'iter parlamentare di questa fu lungo e tormentato. Dopo l'esame in commissione Giustizia della Camera vennero presentate due relazioni: una di maggioranza, favorevole al progetto, e una di minoranza, contraria, oltre che per ragioni di merito, per l'asserita incostituzionalità dell'introduzione del divorzio, in quanto avrebbe violato il concordato con la S. Sede. In Assemblea la proposta del F., abbinata a quella del Baslini, venne discussa in diverse sedute tra il 29 maggio e il 28 nov. 1969. Non accolti le pregiudiziali di incostituzionalità e numerosi emendamenti volti a limitare le cause legittimanti la richiesta di scioglimento, il testo venne infine approvato con modifiche e integrazioni. Dal 18 giugno al 9 ott. 1970 la proposta fu discussa dal Senato, che l'approvò con ulteriori modifiche, in particolare per quanto riguardava le garanzie della prole. La proposta dovette perciò tornare alla Camera, che l'approvò in via definitiva il 1° dic. 1970 (legge n. 898).
Veniva così coronata da successo la battaglia politica e parlamentare del F., che da quell'esperienza fu incoraggiato a impegnarsi ulteriormente per l'affermazione dei diritti civili e della laicità dello Stato, in un sodalizio sempre più stretto con il Partito radicale. All'inizio del 1971, il F. diede vita insieme con i radicali alla Lega italiana per l'abrogazione del concordato. Sostenne inoltre l'inapplicabilità del referendum a una legge come quella del divorzio, poiché essa tutelava le minoranze, ma un suo disegno di legge che recepiva questa interpretazione non venne accolto. Rieletto deputato nella stessa circoscrizione alle elezioni del 7 maggio 1972, il F. presentò, l'11 febbr. 1973, il primo progetto di legge per la parziale depenalizzazione dell'aborto. Dopo il referendum del 13 maggio 1974, che confermò la legge sul divorzio, prese slancio la campagna per un referendum abrogativo delle norme che punivano l'aborto, promossa dal settimanale L'Espresso e dalla Lega 13 maggio. Ancora una volta il F. fu in prima fila in questa campagna e il 1° dic. 1975, quando presero corpo in Parlamento tentativi volti a evitare il referendum, per protesta si dimise da deputato. Il referendum fu comunque rinviato a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, che fece altresì decadere la proposta del F. sull'aborto.
Alle elezioni del 20 giugno 1976 il Partito radicale, al quale il F. si era iscritto (avendo così una "doppia tessera"), presentò proprie liste in tutte le circoscrizioni, a eccezione di quella in cui il F. era presente per il PSI; qui i radicali diedero indicazioni di voto in suo favore. Riconfermato, di fronte al negativo risultato elettorale conseguito dai socialisti, il F. affermò che il PSI doveva stare "all'opposizione nei prossimi cinque anni per costruire l'alternativa insieme alle altre forze di sinistra" (Storia del socialismo italiano, VI, p. 251). Il F., che si riconosceva nelle posizioni autonomiste, venne escluso dalla nuova direzione eletta dal comitato centrale del PSI, che portò all'elezione di B. Craxi a segretario generale. Nel corso della legislatura fu eletto presidente della commissione Industria e Commercio della Camera. Rieletto nella stessa circoscrizione il 3 giugno 1979, il F. fu prima vicepresidente della Camera e poi, dal 1° dic. 1982 al 29 apr. 1983, ministro per la Protezione civile nel quinto governo Fanfani. Riconfermato alla Camera nelle elezioni del 26 giugno 1983, il F. presentò una proposta di legge sull'eutanasia passiva. Il 9 maggio 1985 venne chiamato a far parte del governo Craxi come ministro per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Egli svolse inoltre un'intensa attività professionale come avvocato penalista patrocinante in Cassazione.
Il F. morì a Roma il 5 dic. 1985.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Avanti!, 6 e 8-9 dic. 1985; Messaggero veneto, 6-7-8 dic. 1985; L'Unità, 6 dic. 1985; La Repubblica, 6 dic. 1985. A. Coletti, Il divorzio in Italia, Roma 1974, ad Indicem; F. Morabito, La sfida radicale. Il Partito radicale da Pannunzio a Pannella, Milano 1977, ad Indicem; M. Teodori - P. Ignazi - A. Panebianco, I nuovi radicali, Milano 1977, ad Indicem; G. Aghina - C. Jaccarino, Storia del Partito radicale, Milano 1977, pp. 33-36, 40, 57, 72, 86, 116; G. Galli, Storia della DC, Bari 1978, ad Indicem; P. Mieli, La crisi del centro-sinistra, l'alternativa, il "nuovo corso" socialista, in Storia del socialismo ital., diretta da G. Sabbatucci, VI, Dal 1956 ad oggi, Roma 1981, ad Indicem; M. Lizzero, L. F., in Storia contemporanea in Friuli, XV (1985), 16, pp. 197 s.; I deputati e i senatori del nono Parlamento repubblicano, Roma 1986, ad vocem; A. Chimenti, Storia del referendum, Bari-Roma 1993, ad Indicem; Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, II, ad vocem.