MONTEMAGGI, Loretta
MONTEMAGGI, Loretta. – Nacque a Poggibonsi (Siena), l’11 maggio 1930 da Inigo e da Caterina Bardotti. Nel 1939 si trasferì con la famiglia a Pontassieve, in provincia di Firenze.
Le motivazioni che nel 1944, all’età di 14 anni, la portarono a iscriversi al Partito Comunista Italiano (PCI) rimandano a esperienze e ragioni diffuse nella sua generazione: la guerra, la tradizione familiare, l’antifascismo appreso da bambina, l’aspirazione alla giustizia sociale. La scelta aveva però anche un segno più personale, un desiderio incontenibile di libertà. La sua era una famiglia di comunisti, che alle idealità professate di eguaglianza opponeva tratti di forte autoritarismo nell’educazione della figlia e nelle relazioni familiari. Un opuscolo di Rita Montagnana, tra i tanti della propaganda comunista che il padre portava a casa, le schiuse ≪un universo ≫ (Intervista, 1995, p. 1). Vi si parlava del rispetto per i giovani in Unione Sovietica e dell’attenzione alle loro aspirazioni: in quella lettura Loretta intravide ≪una liberazione personale≫ (ibid.). Ancora un opuscolo di Montagnana, questa volta sulle donne, fu alimento al suo bisogno di autonomia, a un’idea di sé che già appariva ribelle verso i vincoli imposti dalla discriminazione sessuale.
L’inizio dell’attività politica, nella sezione del partito a Pontassieve, coincise con l’ultimo periodo di sfollamento, quando si ricominciava a frequentare i paesi. L’impulso primo, quel ≪bisogno di rivoluzionare tutto≫ (ibid.) che l’aveva portata a iscriversi al PCI trovò conferma nel nuovo spazio di libertà offerto dalla politica: ≪Io ero giovane, potevo andare e venire, e per la prima volta avevo diritto alla parola: parlavo, dicevo quello che volevo, nessuno mi poteva censurare, e ho capito che quello per me era uno scudo. Diventava per me il punto di forza che rompeva la gabbia. E io di quello ho approfittato fortissimamente≫ (Intervista, 1998). Del suo esordio in politica, ciò che ricordava meglio negli ultimi anni di vita era proprio l’esercizio di questo inedito diritto di presa di parola: ≪tutto a un tratto, subito dopo la guerra, questa enorme catarsi, l’uscita, l’emergere. Ci siamo trovate libere di poter dire anche noi≫ (Intervista, 1995, pp. 2 s.).
Nell’ambiente familiare della sezione parlava in modo improvvisato esercitando un grande ascendente; nel corso del tempo imparò a vincere l’emotività e acquisì l’eloquenza sobria e rigorosa che fu un tratto non secondario della sua figura pubblica. La sua generazione non aveva partecipato alla lotta clandestina e alla guerra di Liberazione. Per lei un riferimento significativo furono piuttosto i discorsi di Palmiro Togliatti sull’emancipazione femminile alle prime conferenze delle donne: troppo giovane per parteciparvi, ne avvertì l’importanza quando più tardi ebbe occasione di leggerli. Anche l’età – ≪noi ragazzine che venivamo su dopo la guerra≫ (Intervista, 1998) – la portava ad aderire al ≪partito nuovo≫, quello della via democratica: ≪per me era una cosa di pelle≫, ricordava (ibid.).
A soli 18 anni, divenne dirigente della sezione del PCI di Pontassieve. Un’esperienza significativa fu, nel 1951, la scuola di partito a Faggeto Lario. Insofferente delle convenzioni, non le piacque la disciplina della scuola, la diffidenza verso le individualità troppo spiccate, il moralismo. Le piacquero invece lo studio, la lettura dei giornali, la discussione politica che seguiva le letture. Ottenne un giudizio positivo, ma l’annotazione che l’accompagnava, ≪piccolo borghese≫, non la condivise mai. A 21 anni divenne funzionaria del partito a Firenze. Dopo la guerra aveva dovuto interrompere gli studi e, come molte giovani della sua età, non aveva avuto modo di maturare competenze professionali; la sua formazione avvenne direttamente nell’attività politica che, nel corso del tempo, si trasformò in un lavoro.
Una parte decisiva nel promuovere il suo percorso politico ebbe Adriana Fabbri Seroni, che la volle funzionaria a Firenze e ne decise l’impegno nell’Unione donne italiane (UDI), un’esperienza di fondamentale rilievo per il suo approccio alle tematiche femminili. Si trovò così ad affrontare le battaglie per la tutela della maternità, le problematiche legate alle condizioni delle donne nelle campagne, i temi della parità. Nella politica dell’UDI di quegli anni riconobbe sempre una forte aderenza ai bisogni concreti delle donne.
L’11 maggio 1954, intanto, si era sposata con Silvano Sandonnini, dal matrimonio con il quale il 27 febbraio 1956 sarebbe nata la figlia Mirella.
Allorché Mario Fabiani, nel 1956, divenne segretario della federazione fiorentina del PCI, Montemaggi fu tra le figure nuove chiamate a collaborare, in quella che fu una vera e propria rivoluzione nell’apparato di partito. Nel 1959 divenne la nuova responsabile della commissione femminile, incarico già ricoperto a suo tempo da Seroni. Svolse l’impegno con forte adesione personale e vi sostenne l’esigenza che le politiche femminili per essere efficaci, anziché restare separate dalla politica del partito, si legassero a un progetto di riforma complessiva della politica. Il suo percorso si intrecciò dunque con forza alle battaglie per l’emancipazione anche dentro gli apparati di partito. Difese il diritto delle donne al lavoro e all’indipendenza economica; anni dopo riconobbe con orgoglio come l’aver innestato la battaglia per l’occupazione femminile sul terreno dei diritti oltre che dei benefici economici fosse stata per quel tempo una vera e propria ≪rivoluzione culturale ≫ (Intervista, 1995, p. 8). Con le elezioni amministrative del 1960, entrò nelle vesti di consigliera comunale in Palazzo Vecchio e nel 1965, mentre era ancora responsabile della commissione femminile, in Consiglio provinciale. Nella politica aveva imparato ad agire il conflitto, ma l’apparato di partito le appariva come ≪una cappa di piombo≫ (Intervista, 1998); quando le fu proposto un incarico di assessore supplente nel governo provinciale lo accettò come una liberazione. Questa prima esperienza di responsabilità di governo, in particolare sulle tematiche delle politiche sociali, fu per lei occasione di formazione personale e di nuova acquisizione di autonomia. Nelle elezioni amministrative del 1970 fu eletta al Consiglio regionale della Toscana ed ebbe la presidenza della commissione Cultura e della commissione Sanità. Fu inoltre membro della commissione per il Regolamento dell’assemblea regionale. Il punto di approdo del suo percorso in Regione fu, nella successiva legislatura, la nomina nel 1975 alla presidenza del Consiglio regionale: incarico tenuto fino al 1984. Per la prima volta una donna era nominata a una carica pubblica di così elevato livello: fu questa una profonda rottura rispetto a una pratica di devalorizzazione delle donne in politica come nella società civile.
Già nel 1958 Fabiani le aveva proposto una candidatura in parlamento. Alla scadenza del secondo mandato in Regione la proposta fu rinnovata, ma di nuovo rifiutò. Preferì concludere il proprio percorso politico nel luogo che le consentiva spazi di concreta autonomia e un esercizio di responsabilità in prima persona. Fu, per lei, la terza e ultima legislatura in Regione, ancora come presidente. Successivamente ricoprì la carica di vicepresidente del Consiglio fino al termine del suo ultimo mandato, nel maggio 1985.
Nel tempo aveva sviluppato quel senso alto delle istituzioni che fu un tratto eminente della sua figura di amministratrice. Ritenne sempre la laicità delle istituzioni una condizione ineludibile della democrazia e proseguì pubblicamente l’impegno in difesa della laicità e dei diritti anche dopo la conclusione del suo percorso istituzionale. Fu presidente dal 1989 al 1993 della prima Commissione regionale per le pari opportunità che aveva contribuito a istituire. Una così prolungata attività nell’amministrazione pubblica e in luoghi di responsabilità parrebbe configurare una ≪carriera≫ politica, termine che Loretta Montemaggi non condivise mai. Le motivazioni profonde del proprio agire politico, furono sempre individuate nell’impegno vissuto come ragione di vita.
Morì a Firenze il 17 gennaio 2007.
Fonti e Bibl.: Commissione regionale per le pari opportunità della regione Toscana - Università degli Studi di Firenze - Dip.to di Studi sociali, Intervista di Loretta Montemaggi, in Il movimento delle donne in Toscana negli anni ‘50, a cura di G. Ceccatelli Gurrieri, II/2, Storie di vita. Interviste, Firenze 1995, ad ind.; Intervista rilasciata ad Anna Scattigno nel giugno 1998, parzialmente pubblicata in S. Salvatici - A. Scattigno, In una stagione diversa. Le donne in Palazzo Vecchio 1946-1970, Firenze 1998, in particolare la sezione Profili, Loretta Montemaggi. Una vita politica, pp. 251-263. Si veda anche: A. Rossi-Doria, Le donne sulla scena politica, in Storia dell’Italia repubblicana, I, La costruzione della democrazia, Torino 1994, pp. 780-846; G. Ceccatelli Gurrieri - G. Paolucci, Il paradigma dell’emancipazione. Donne e politica nella Toscana degli anni ‘50, Firenze 1995, ad ind. (ricerca promossa da Montemaggi quale presidente della Commissione regionale per le pari opportunità). Oltre il suffragio. Il problema della cittadinanza nella storia e nella politica delle donne in Italia, a cura di D. Dell’Orco, Modena 1997; A. Rossi-Doria, Diventare cittadine. Il voto alle donne in Italia, Firenze 1997; M. Orlandi, Loretta Montemaggi, una grande donna toscana. Il ricordo dell’assessore alle pari opportunità Susanna Cenni, in Toscana Notizie, Agenzia di informazione della Giunta regionale, 18 gennaio 2007; M. Casalini, Il dilemma delle comuniste. Politiche di genere della sinistra nel secondo dopoguerra, in Una democrazia incompiuta. Donne e politica in Italia dall’Ottocento ai nostri giorni, a cura di N.M. Filippini - A. Scattigno, Milano 2007, pp. 131-153; Id., Famiglie comuniste. Ideologie e vita quotidiana nell’Italia degli anni Cinquanta, Bologna 2010, p. 273.