STROZZI, Lorenzo
STROZZI, Lorenzo. – Fratello maggiore di Filippo (il Giovane; v. la voce in questo Dizionario), nacque a Firenze l’11 agosto 1482 da Filippo (il Vecchio; v. la voce in questo Dizionario) e da Selvaggia Gianfigliazzi.
Il primogenito Alfonso (1467-1534), nato da un precedente matrimonio del padre, fu continuamente in contrasto con i fratelli, anche per la sua persistente avversione ai Medici.
Si sa poco della prima formazione di Lorenzo. Secondo la biografia scritta da Francesco Zeffi (Le vite..., 1892), Lorenzo rimpiangeva di non aver ricevuto un’istruzione letteraria soddisfacente, ma cercò di rimediare in anni più maturi, studiando sotto la guida di Bartolomeo Della Fonte e frequentando, insieme al fratello Filippo, le lezioni di Francesco Cattani da Diacceto, allievo di Marsilio Ficino; nel 1502 il nome di Lorenzo è registrato tra gli studenti di umane lettere allo Studio pisano.
Nel 1503 si congiunse in matrimonio con Lucrezia di Bernardo Rucellai e dall’unione nacquero Giovan Battista (1505), Niccolò e Palla (1510) e Selvaggia.
Ebbe interessi molteplici, condivisi con il fratello Filippo. In più occasioni dette dimostrazione pubblica della sua inclinazione per lo spettacolo: nel 1507, interpretando in modo originale la tradizione delle mascherate fiorentine, organizzò un memorabile Trionfo della Morte, che rivela in lui un gusto del macabro documentato anche da altre fonti e da diverse sue opere.
Il matrimonio del fratello Filippo con Clarice (1508), figlia dell’esule Piero de’ Medici, segnò una nuova fase per tutta la famiglia Strozzi: anche Lorenzo trascorse lunghi periodi a Roma ed entrò in rapporti molto stretti con il cardinale Giovanni de’ Medici (futuro papa Leone X) e con l’allora cavaliere gerosolimitano Giulio (poi papa Clemente VII). Lorenzo condivise per un certo tempo con Filippo l’impegno nell’attività bancaria, ma nel 1522 uscì dalla società e investì i suoi capitali in proprietà terriere. Intanto riuscì a inserirsi negli ambienti culturalmente più aggiornati della scena fiorentina, come il circolo classicistico degli Orti Oricellari e la medicea Sacra Accademia.
Per quanto concerne la vita politica, si mantenne sempre in posizione defilata, anche se in qualche frangente, soprattutto dopo il rientro dei Medici nel 1512, ricoprì quelle cariche pubbliche che si confacevano al prestigio e all’alta condizione sociale della sua famiglia. In diverse circostanze fu scelto per importanti ambascerie o missioni politiche: fra tutte spicca quella del 1530, quando, alla caduta della Repubblica, fu uno dei quattro patrizi incaricati di concordare la resa della città alle truppe spagnole.
Alla fine del 1528, anche in conseguenza di una lunga e grave malattia, risale il proponimento di dedicarsi con più costanza agli studi. Proprio a questo periodo fa riferimento il libro di ricordi conservato nell’Archivio di Stato di Firenze, da ora ASF (Carte Strozziane, Serie quinta, 105), mai considerato dagli studiosi e ricco di informazioni sulla sua gestione patrimoniale.
L’interesse degli studiosi per la figura di Strozzi si deve soprattutto ai suoi rapporti con Niccolò Machiavelli, che fu da lui introdotto nella cerchia medicea. Come conferma il recente lavoro di William J. Landon (2013), più che di una relazione di amicizia si deve parlare, visto il netto dislivello sociale fra i due, di una sorta di patronato esercitato da Strozzi nei confronti di Machiavelli, sviluppatosi soprattutto nei primi anni Venti; il che non esclude una collaborazione culturale, di cui ci restano, infatti, tracce cospicue. Oltre alla dedica a Strozzi dell’Arte della guerra, uscita a stampa presso Giunti nel 1521, occorre ricordare la presenza di un epigramma attribuibile a Machiavelli in un’importante antologia poetica raccolta da Strozzi (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, da ora BNCF, Magl. VII. 1041) e la copia di mano del segretario della cosiddetta Commedia in versi e della Pistola fatta per la peste (BNCF, Banco Rari 29): per tutti e due questi testi si registra un’attività elaborativa da parte di Strozzi, distribuita su più manoscritti, e una più limitata collaborazione machiavelliana. Questa dinamica correttoria, oltre a stringenti elementi stilistici, impedisce di ritornare alla vecchia tesi della paternità machiavelliana di queste opere, recentemente riproposta da Pasquale Stoppelli (2016).
Il ruolo determinante svolto da Strozzi per lo sviluppo della commedia fiorentina di primo Cinquecento si manifestò, oltre che nella produzione di testi, anche nella collaborazione con i più importanti autori fiorentini dell’epoca: come Machiavelli, anche Jacopo Nardi trovò in lui un generoso patrono, a cui dedicò la sua commedia Amicitia; agli anni Trenta risale la fase più intensa della collaborazione di Strozzi con Donato Giannotti, incentrata proprio sui comuni interessi teatrali.
Un’altra delle sue passioni fu quella per la musica, testimoniata fra l’altro dalla trascrizione di poesie del repertorio dell’Ars nova trecentesca (BNCF, Magl. VII.1041), dall’acquisto di strumenti e codici musicali e dagli stretti rapporti tenuti con alcuni dei maggiori musicisti operanti a Firenze e altrove.
Nessuna delle sue numerose opere approdò alla stampa se non in epoca moderna e sono molte quelle inedite e in alcuni casi ancora ignote. Si ricorderà in primo luogo la produzione poetica, affidata per lo più a due manoscritti, solo in parte autografi (Biblioteca Medicea Laurenziana, da ora BML, Ashburnham 606 e 1073). Altre sue liriche si trovano nella vasta antologia poetica (BNCF, Magl. VII.1041) da lui raccolta e nei quaderni conservati fra le Carte Strozziane nell’Archivio di Stato di Firenze. Dopo i pionieristici studi di Pio Ferrieri, l’attenzione della critica verso questa variegata produzione, che spazia dalla lirica d’imitazione stilnovistica a prove più in linea con il petrarchismo cinquecentesco, fino a testi d’ispirazione comica (sonetti e canti carnascialeschi), è stata minima. La predilezione di Strozzi per il genere lirico trova conferma anche nella collazione di alcuni testimoni delle canzoni dantesche, i cui esiti sono testimoniati dai manoscritti Chig. M.IV.79 e Riccardiano 1156.
Delle sue tre prove teatrali la più importante è senza dubbio la Commedia in versi.
Ambientata a Roma, la commedia mette in scena due coppie infelici, costituite da Catillo e Virginia e Camillo e Panfila, le cui vicende amorose trovano una composizione nel duplice matrimonio finale promosso dal senex Cremete, che congiunge gli amanti in maniera più conforme alle loro affinità.
Più tarde le altre due commedie, la Pisana (denominata però nel prologo la Nutrice) e la Violante, caratterizzate da un moralismo verboso che irrigidisce l’azione scenica, anche per l’uso dello sciolto che favorisce le tirate monologiche.
Venendo alla produzione prosastica, la Pistola fatta per la peste offre notevoli indizi delle capacità mimetiche di Lorenzo, che descrive una Firenze spettrale, flagellata dalla peste, in uno stile di stretta imitazione boccacciana. Dedicò molte cure a una vasta raccolta di biografie dei membri più illustri della sua famiglia (fra cui spiccano quelle del padre Filippo e dell’omonimo fratello) e numerosi altri indizi ci parlano del suo culto delle memorie familiari: basti ricordare che gli appartenne, come ricorda la nota di possesso datata 1528, un elegantissimo manoscritto pergamenaceo contenente le Vite degli Strozzi di Vespasiano da Bisticci (ASF, Strozzi di Mantova, 4080).
Negli anni Trenta, il progressivo deterioramento dei rapporti del fratello Filippo con i Medici lo portò a ritirarsi nella villa del Santuccio, presso San Donnino, cercando di indurre alla moderazione il fratello, ormai divenuto una riluttante ma autorevole figura di riferimento dell’opposizione antimedicea. Benché estraneo alle trame del fratello, quando Filippo fu catturato a Montemurlo (1537), Lorenzo fu arrestato e detenuto nel Castello di S. Giovanni Battista (l’attuale Fortezza da Basso) per quattro giorni, fino a quando il fratello non fu condotto nella medesima prigione.
Nel complesso, si può sottoscrivere il parere, pur tendenzioso, di Zeffi (la cui biografia mira a ricostituire una verginità politica allo Strozzi, che viene fatto passare per un repubblicano di ferro, emarginato durante il periodo mediceo), secondo cui non v’era uomo «che meglio e più saviamente accomodare si sapesse ai tempi che Lorenzo, senza adulazione e diminuzione del grado suo [...] onde seppe la sua barca nelli tempestosi tempi della Repubblica Fiorentina tranquillare; sì che per nissuna mutazione gli mancò il sicuro porto, vivendo a’ principi accetto e accettissimo al popolo» (Le vite..., 1892, p. XV).
Negli ultimi anni della sua vita, si dedicò soprattutto a tradurre testi di autori classici – tra cui la Vita di Pomponio Attico di Cornelio Nepote (BML, Ashburnham 674/VIII) e la Calunnia di Luciano, indirizzata a maestro Girolamo Baccelli (Ashburnham 674/II) – e a comporre opere di argomento morale e devozionale, come la Pazienza e la Limosina, dedicate al duca Cosimo. Un sin qui ignoto Dialogo di frate Bernardino da Siena inanzi che deponessi l’abito degli Scappuccini (Ashburnham 674/I) fu dedicato alla duchessa di Camerino Caterina Cibo.
Le numerose lettere di Lorenzo non sono mai state censite, anche se alcune di esse sono state utilizzate dagli studiosi già dalla fine del XIX secolo; la maggior parte si trovano fra le Carte Strozziane.
Morì nel 1549.
Fonti e Bibl.: G.B. Niccolini, Filippo Strozzi. Tragedia corredata d’una vita di Filippo e di documenti inediti, Firenze 1847, pp. IX-CXXIV, 230, 310 s.; Rime inedite di L. S., a cura di P. Ferrieri, Pavia 1885; P. Ferrieri, Lorenzo di Filippo Strozzi e un codice ashburnhamiano, in Id., Studi di storia e critica letteraria, Milano-Roma-Napoli 1892, pp. 219-332; Le Vite degli uomini illustri della Casa Strozzi, commentario di Lorenzo di Filippo Strozzi ora intieramente pubblicato con un ragionamento inedito di Francesco Zeffi sopra la vita dell’autore, Firenze 1892; Canti carnascialeschi del Rinascimento, a cura di Ch.S. Singleton, Bari 1936, pp. 246-249; F. Neri, Il verso drammatico (dal Nardi allo Strozzi), in Giornale storico della letteratura italiana, 1942, n. 119, pp. 3-25; D. Giannotti, Lettere italiane (1526-1571), a cura di F. Diaz, II, Milano 1974, pp. 25 s., 36-39, 115-118; A. Verde, Lo Studio fiorentino (1473-1503). Ricerche e documenti, III, Firenze 1977, p. 575, IV, 1985, pp. 772, 1444; M. Bullard, Filippo Strozzi and the Medici. Favor and finance in sixteenth-century Florence and Rome, Cambridge 1980, ad ind.; Lorenzo di Filippo Strozzi, Commedie. Commedia in versi, La Pisana, La Violante, a cura di A. Gareffi, Ravenna 1980; Bartolomeo Cerretani, Dialogo della mutatione di Firenze, edizione critica secondo l’apografo magliabechiano a cura di R. Mordenti, Roma 1990, pp. XLII-XLVII; A. Gareffi, La scrittura e la festa. Teatro, festa e letteratura nella Firenze del Rinascimento, Bologna 1991, pp. 107-132, 137-149, 153 s., 157-159; N. Machiavelli, L’arte della guerra. Scritti politici minori, a cura di J.-J. Marchand - D. Fachard - G. Masi, Roma 2001, pp. 27-29; A. M. Cummings, Maecenas and the madrigalist. Patrons, patronage, and the origins of the italian madrigal, Philadelphia 2004, pp. 27-31, 35-39, 53-55, 62, 80-81, 170-174, 187-188; W.F. Prizer, Reading Carnival. The creation of a florentin Carnival song, in Early music history, 2004, n. 23, pp. 185-252 (in partic. pp. 192-202, 237-244); F. Bausi, Machiavelli e la commedia fiorentina del Quattrocento, in Il teatro di Machiavelli, a cura di G. Barbarisi - A.M. Cabrini, Milano 2005, pp. 8-21; W.J. Landon, Lorenzo di Filippo Strozzi and Niccolò Machiavelli. Patron, client, and the Pistola fatta per la peste / An epistle written concerning the plague, Toronto-Buffalo-London 2013; A. Decaria, Dintorni machiavelliani. L. S. e un nuovo epigramma attribuibile a Machiavelli, in Interpres, 2014, n. 32, pp. 231-270; R. Ruggiero, S., L., in Machiavelli. Enciclopedia machiavelliana, a cura di G. Sasso - G. Inglese, II, Roma 2014, pp. 580 s.; A. Decaria, Machiavelli copista, “filologo”, “capocomico”: sulla tradizione della «Commedia in versi» di L. S., in Filologia italiana, 2016, n. 13, pp. 109-138; P. Stoppelli, Un’altra commedia per Machiavelli, in Ecdotica, 2016, n. 13, pp. 7-38; A. Decaria, Poeti, copisti e filologi tra Quattro e Cinquecento, in La filologia in Italia nel Rinascimento, a cura di C. Caruso - E. Russo, Roma 2018, pp. 32-35.