PEROSI, Lorenzo
Musicista, nato il 20 dicembre 1872 a Tortona. Ricevette i primi insegnamenti musicali dal padre, Giuseppe, maestro di cappella nella cattedrale di quella città, rivelando ben presto spiccate attitudini alla composizione. Proseguì gli studî con Michele Saladino del Conservatorio di Milano e a diciotto anni passò a Montecassino, quivi invitato a insegnare musica agli allievi del seminario. Il soggiorno nella celebre abbazia influì grandemente sulla sua cultura musicale e sulla vocazione sacerdotale. Nel 1892, iscrittosi al Conservatorio di Milano, vi compì gli studî, e nel 1893, con l'aiuto, fra gli altri, del conte Francesco Lurani, poté recarsi a Ratisbona, dove si perfezionò a quella scuola di musica sacra, avendo a maestro F. S. Haberl, l'editore delle opere del Palestrina. Al suo ritorno in Italia assunse la direzione della scuola corale al seminario di Imola, e ivi, nell'aprile del 1894, vestì l'abito sacerdotale. Nello stesso anno rinunziò alla cattedra di organo del Conservatorio di Parma, per coprire la carica di direttore della cappella di S. Marco in Venezia. La fama del giovane musicista si era già solennemente affermata con i trionfi riportati nei suoi primi oratorî, quando, nel 1898, il pontefice Leone XIII lo chiamò a dirigere la Cappella Sistina in aiuto al vecchio maestro D. Mustafà, nominandolo poi, nel 1902, direttore perpetuo. Nel frattempo, e così pure in seguito, alle cure dell'ufficio e alle feconde fatiche della composizione, alternò i frequenti viaggi in molte città d'Italia, di Francia e di Germania, invitatovi a dirigere i proprî oratorî, suscitando dappertutto i più vivi consensi, meno che in Germania, dove incontrò una certa riservatezza. Dal 1930 è membro dell'Accademia d'Italia.
L'importanza e l'interesse musicale del P. si concentrano principalmente sulla sua produzione oratorica, che gli assegna un posto incontrastato nella storia della musica moderna italiana. Sorta in pieno dilagare dell'operismo teatrale, la musica perosiana ebbe il significato di un'affermazione di cultura e, per quanto concerne il suo carattere, di una restaurazione dello spirito religioso nella musica sacra. La cosiddetta teatralità del P., luogo comune nella critica a lui ostile, non è che la risonanza dell'ambiente retorico del teatro: non elemento essenziale allo spirito perosiano, profondamente religioso, ma residuo e riflesso del clima in cui il giovane artista si trovò a operare.
La vita di Gesù Cristo, nei suoi aspetti divini e umani, così come l'hanno tramandata, nella serena efficacia del loro linguaggio, gli evangelisti, Íorma l'argomento principale dell'ispirazione perosiana. E nel rievocare per il primo con felice intuito storico la tradizione, squisitamente italiana di forme e di spiriti, dell'oratorio, il P. si riallacciò in un certo senso alla forma classica del Carissimi e, a differenza della consuetudine tedesca, ritornò al testo latino puro e semplice, rifuggendo dalle libere parafrasi del testo evangelico.
Portato dalla vastità dei suoi studî ad ammirare tanto Palestrina, i Gabrieli, da Victoria, Lasso, quanto Händel e Bach, e sensibile alla voce dei grandi romantici fino a Wagner, non riuscì a sottrarsi al loro influsso, onde il suo stile risulta alquanto eclettico, ma non tanto tuttavia da impedire alla sua indubbia personalità di affermarsi con una fisionomia di reale interesse musicale: fisionomia che si caratterizza in un candido senso quasi di pudore, in un'intima dolcezza di accento umano, in una toccante espressività penetrata da un sentimento che immette nel canto gregoriano, rivissuto non solo come elemento decorativo, bensì anche come una seconda natura. Finché il P. si tenne lontano dal dialogo rappresentativo e preferì le narrazioni svolte, per antica tradizione, da un personaggio ideale chiamato "Storico" e la sua parlata fu quella del latino della Chiesa e la sua espressione non fu corrotta da ridondanze enfatiche, non vi fu contrasto tra la vita terrena di cui la sua musica respira e l'austerità dell'argomento trattato: il lirismo si risolve tutto in una mistica letizia. Qui è il vero Perosi.
È da rilevare il largo predominio lasciato all'orchestra, la quale pur procedendo quasi costantemente per famiglie strumentali anziché per impasti timbrici, acquista talvolta un bel vigore emotivo, specialmente là dove prepara l'atmosfera necessaria all'azione ideale o quando la conchiude. Molte pagine strumentali degli oratorî perosiani possono ben riguardarsi come i primi esempî di musica sinfonica dell'Italia moderna. Negli oratorî il coro ha una grande importanza, ma procede quasi sempre per agglomerazioni armoniche, fuse con efficacia di sonorità con l'orchestra; gli sviluppi polifonici, raramente usati, si presentano, per lo più, in forma di fugati nelle chiuse finali.
Come autore di musica destinata alla liturgia, il P., per il suo ufficio di direttore della Cappella Marciana prima e della Sistina poi, è stato fecondissimo, rivelando anche in questo ramo quell'esuberanza di espressione lirico-drammatica che si riscontra negli oratorî: contenuta in forme e in limiti più consentanei alle esigenze del culto, essa si eleva spesse volte a una severa nobiltà d'ispirazione e a un'austera chiarezza di linee, come, ad es., nella Messa di requiem.
Il gruppo più importante degli oratorî forma un vero e proprio ciclo intorno alla figura e alla vita di Cristo e comprende: La Passione di Cristo, in tre parti, per soli, coro e orchestra (Milano 1897); La trasfigurazione di N.S. Gesù Cristo, in due parti, per soli, coro, organo e orchestra (Venezia 1898); La Risurrezione di Lazzaro, id. (ivi 1898); La Risurrezione di Cristo, id. (Roma 1898); Il Natale del Redentore, id. (Como 1899); L'entrata di Cristo in Gerusalemme, id. (Milano 1900). Seguono: La strage degli Innocenti (ivi 1900); Mosè, poema sinfonico vocale in un prologo e tre parti, per soli, coro e orchestra, su testo di Cameroni e Croci (ivi 1901); Il Giudizio universale, id. (Roma 1904); Transitus animae, per mezzo sopr., coro e orch. (Napoli 1910); Vespertina oratio, id. (Roma 1912). Ha scritto inoltre: Dies iste, cantata per soli, coro e orch. (ivi 1904); Stabat Mater, id. (1904); Cantata dell'anima (1907); Spes nostra (1909) e altre opere di minore importanza, in gran parte inedite. Dal 1922 al 1924 musicò undici Salmi di Davide per soli, coro e orchestra, dei quali solo il Salmo n. 2 (Quare fremuerunt gentes) eseguito nel 1923 a Fabriano.
Nella produzione liturgica si contano oltre trenta Messe, più che duecento pezzi vocali, salmi, inni, mottetti e alcune sequenze. Cultore appassionato anche della musica strumentale, il P. ha composto alcune Suites per orch. (1907-11) intitolate a varie città italiane (Roma, Venezia, Firenze, Torino, Milano, Genova, Messina), Tema con variazioni per orchestra (1902); Scherzo per orchestra (1902); Concerto per violino e orchestra; i poemi sinfonici Dovrei non piangere e La festa del villaggio; numerosi Quartetti per archi; moltissimi pezzi per organo, per pianoforte, per violino, ecc.
Nel 1934, in occasione della canonizzazione di don Bosco, il P. scrisse una Messa a doppio coro, eseguita in S. Pietro in Vaticano.
Bibl.: L. Torri, La passione di Cristo di L. P., in Riv. mus. it., V, p. 129; E. Adajewski, La resurrezione di Lazzaro di L. P., ibid., V, p. 837; id., L'entrée du Christ à Jerusalem de Don L. P., ibid., VII, p. 536; id., Le massacre des innocents, de Don L. P., ibid., VII, p. 746; G. Bressan, Il momento perosiano, ibid., VI, p. 385; A. Cameroni, L. P. e i suoi primi quattro oratorî, Bergamo 1899; R. Rolland, Musiciens d'aujourd'hui, Parigi 1908; G. Bellaigue, "In Patris memoriam" di L. P., in Revue des deux Mondes, 1911; A. Damerini, L. P., Roma 1924; E. Carabella e E. Mucci, L'oratorio mus. e "La Risurrezione di Cristo" di L. P., Milano 1924; G. Pannain, L. P., in Rass. mus., IV, p. 77.