MARCELLO, Lorenzo
Nacque a Venezia il 19 sett. 1603, quartogenito di Andrea di Iacopo del ramo di S. Polo, dimorante a S. Vidal, e di Elena Priuli di Girolamo del ramo di S. Maurizio.
Dal matrimonio, celebrato il 29 apr. 1593, nacquero altri quattro maschi: Giacomo (1593-1648), cui spettò perpetuare il casato sposando Lucrezia Bembo di Filippo, Gerolamo (1597-1670), Bernardo (1602-75) e Pietro (1605), rimasti celibi, e quattro femmine (in alcune fonti però solo tre): Paolina, maritata con Paolo Cappello, Maria, sposata ad Alvise Querini, e Chiara e Laura, entrambe monache nel convento degli Angeli di Murano.
Il M. fin da adolescente sentì il richiamo del mare e nel 1618 si imbarcò come "nobile di nave" sulla galea del provveditore dell'Armata Antonio Pisani, per un anno di tirocinio. Abbracciata la carriera navale, ebbe la prima nomina, a sopracomito di galea sottile, il 2 marzo 1625, seguita il 7 maggio 1628 dall'elezione a patron all'Arsenale, con la riserva del posto finché non avesse terminato l'imbarco. Divenuto dal 16 giugno 1630 governatore di galea grossa (o galeazza), fu impiegato in diverse missioni di scorta alle galee da mercato sulla rotta per la Siria e partecipò alle operazioni contro i Turchi in Egeo e alle Cicladi. Il 30 apr. 1634 fu promosso capitano della guardia del Regno di Candia e con le unità al suo comando condusse un'aggressiva campagna contro i corsari "con la fuga e coll'incendio e con la preda" (Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 2325, c. 233), liberando quei mari dalle insidie al traffico mercantile. Il M. progredì ulteriormente nella carriera con la nomina a capitano delle galeazze, il 6 sett. 1637.
In tale veste partecipò alla scorta dei trasporti nel Mediterraneo orientale e a operazioni contro i pirati barbareschi che nel 1638 avevano effettuato un'incursione nel basso Adriatico saccheggiando le coste pugliesi. Allorquando la flotta veneta, nel mese di agosto, al comando di Antonio Cappello, strinse il nemico che si era rifugiato a Valona, il M. operò sotto il fuoco delle batterie dei forti, venendo gravemente ferito a un braccio da una scheggia. Rimase tuttavia al comando fino alla conclusione vittoriosa del combattimento guadagnandosi un elogio del Senato con un messaggio riecheggiante nel contenuto e nel tono i molti altri che riceverà negli anni successivi: "con caratteri di sangue più che con espressioni d'inchiostro avete voluto farci godere le prove indiscutibili di vostra determinata prontezza a ostenere con la vita et con li capitali più preciosi il decoro della patria"; la ferita ricevuta "sarà a voi testimonio continuo di gloria, a noi certa capara di quel molto che può attender la Republica dal vostro valore in ogni occorrenza" (ibid., c. 218).
Ritornato a Venezia, il 24 ag. 1638 fu ricompensato con la nomina a censore. Tornato in mare, il 3 maggio 1641, come capitano delle galeazze, il 12 maggio fu elevato all'alto rango di provveditore dell'Armata, carica seconda solo al capitano generale da Mar, e s'impegnò nella caccia ai pirati barbareschi, bombardando Senigallia da loro occupata. Nel 1644 fu tra i consiglieri ducali per il sestiere di Dorsoduro, uno dei rari incarichi domestici, che reiterò nel 1653 per il sestiere di S. Marco.
Allo scoppio della guerra di Candia, il 23 giugno 1645 il M., provveditore d'Armata, era di nuovo in mare con la flotta impegnata a contrastare l'afflusso di rinforzi turchi alla Canea occupata, riuscendo a intercettare presso Milo un convoglio di navi nemiche, catturandone una. Simili operazioni continuarono anche nell'inverno 1645-46, ma ai Veneziani era indispensabile assicurarsi il predominio sul mare con un'audace strategia offensiva. Erano gli obiettivi perseguiti e sostenuti dal M. che se ne faceva portavoce nelle riunioni, le "consulte", che decidevano i piani operativi. Carenza di mezzi finanziari, deficienze nei rifornimenti, mancanza di coordinamento tra i vertici di comando e il comportamento prudente e rinunciatario del capitano generale da Mar Giovanni Cappello procurarono dispiaceri al M., che non ne fece mistero nei dispacci al Senato. Se ne ebbe prova nel marzo 1646, quando, preparato un piano per attaccare i Turchi alla Canea, il M., uscito con 14 galee per unirsi alle altre squadre in vista di un'azione combinata, non trovò le forze di Cappello che era rimasto alla Suda e fu costretto a desistere. Non mancò l'opportunità invece nel maggio 1647, quando, nel corso di un'offensiva della flotta veneta, inseguì una squadra turca che da Chio era riparata a Napoli di Romania e, penetrando fin sotto i tiri delle batterie della fortezza di Cisme, catturò almeno 25 trasporti carichi di rifornimenti. Il comportamento determinato e coraggioso del M. fu portato a conoscenza del Senato nel rapporto del capitano generale da Mar Giovambattista Grimani: egli "con tenerezza" aveva "benedetto il provv. dell'armata [il M.] che puntualmente essequendo i miei comandamenti in quel giorno certo entrando vigoroso nel porto fu primo ad attaccar e condor fuori un grosso caranavale con una galera" (Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 2325, c. 219). Dopo aver operato nella primavera del 1648 nello Ionio e nel Golfo per difendere le rotte di navigazione minacciate, il M. tornò a riunirsi al grosso dell'armata navale, mostrandosi più favorevole di altri comandanti a una strategia aggressiva, in sintonia con l'orientamento del governo veneziano che, dopo il terribile naufragio di 105 navi venete nella primavera del 1648, pensò al M. per risollevare il morale dell'armata nominandolo, il 9 maggio 1648, "provveditore estraordinario in armata".
Nel corso del 1648 le operazioni navali veneziane, che già si estendevano dalla Dalmazia all'Egeo, s'indirizzarono con frequenti puntate verso i Dardanelli. Alle scelte di tipo offensivo che caratterizzarono, pur con esiti non decisivi, le campagne di quegli anni, contribuì in modo determinante il M., prudente ma non indeciso nel proporre opzioni ardite. Lo dimostrano sia i numerosi verbali delle consulte sia i dispacci al Senato e la corrispondenza privata. Altrettanta fermezza e schiettezza mostrò nel denunciare le carenze e i limiti materiali e umani dell'apparato militare della Serenissima, chiedendo con insistenza che vi si ponesse rimedio.
Tra il 1650 e il 1655 il M. trascorse periodi in patria e fu per quattro volte eletto senatore (1650, 1651, 1652 e 1654). Il 5 maggio 1655 morì di febbri maligne il capitano generale Girolamo Foscarini, proprio mentre progettava audaci campagne militari nel cuore del territorio turco, dopo anni di attività inconcludenti. Ne prese il posto, il 10 giugno 1655, il M., che fece suoi i piani del defunto collega, imponendosi sugli opposti orientamenti di alcuni membri del suo stato maggiore, forte dell'appoggio e della stima delle autorità di governo e del carisma che sapeva esercitare sui propri uomini.
Salpato da Candia ai primi di marzo del 1656, il M. si limitò a incrociare nell'Arcipelago per far qualche preda senza affrettarsi a raggiungere i Dardanelli, essendo improbabile per quell'anno un'uscita della flotta ottomana da Costantinopoli. In aprile, tuttavia, giunsero informazioni di tutt'altro segno e il M. modificando i piani diresse verso lo stretto, dove giunse il 23 maggio. Disponeva di 23 galere, 7 galeazze, 28 navi a vela, oltre a naviglio minore, che pur non perfettamente efficienti, come non aveva mancato di denunciare, contavano su equipaggi addestrati e dal morale elevato e su ufficiali motivati e ardimentosi. Il piano prevedeva l'attacco e la distruzione della flotta turca appena fosse comparsa allo sbocco dello stretto e il ritorno a Candia per assalire la Canea. Il 23 giugno, dopo un mese di attesa, apparve l'armata ottomana, forte di un centinaio di unità, e il 26 giugno, poco dopo mezzogiorno, avanzò con favore di vento verso l'uscita degli Stretti. Il M. aveva schierato l'armata a semicerchio suddivisa in tre formazioni, dalla costa europea a quella asiatica. I Turchi portatisi sotto la protezione dei forti attaccarono il più debole centro veneziano, che pur bersagliato da terra contrattaccò in un furibondo combattimento nave contro nave. Il M., come suo costume al centro dello schieramento, non si risparmiò e dopo aver catturato una nave nemica si accingeva ad abbordarne un'altra, quando un colpo di cannone caduto sulla plancia lo colpì a morte.
Il M. spirò tra le braccia del luogotenente Giovanni Marcello, che ne coprì il corpo per non demoralizzare gli equipaggi. Subentrato nel comando Barbaro Badoer, i Veneziani sbaragliarono gli avversari in una vittoria totale, con decine di navi nemiche distrutte o catturate al prezzo di soli tre legni veneziani.
Lazzaro Mocenigo, che si era distinto nello scontro, portò a Venezia la notizia del trionfo insieme con il corpo del M., che, dopo solenni onoranze e i funerali di Stato, fu tumulato nell'arca di famiglia nella chiesa di S. Vidal come aveva disposto nelle sue ultime volontà. In segno di riconoscenza, ai familiari del M., che non vollero mettere il lutto, furono assegnate delle ricompense e al fratello maggiore Girolamo fu conferito il titolo di cavaliere di S. Marco. Nel testamento, redatto di suo pugno il 1° marzo 1652, il M., celibe e senza figli, con stile conciso e minuzioso, beneficati con alcuni legati enti religiosi e assistenziali, servitù e parenti, lasciate ai fratelli le proprietà comuni, assegnava il proprio patrimonio del valore di circa 75.000 ducati con vincolo di fedecommesso, ai pronipoti, figli del prediletto nipote Andrea. Tra i numerosi scritti e le immagini che celebrarono, anche negli anni successivi, l'epopea del M., risalta, emblematica, l'incisione di Giacomo Piccino (Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Stampe Correr, 2080), che lo ritrae in armatura rappresentandolo come un angelo vendicatore o un s. Giorgio, nell'atto di schiacciare un turco annichilito ai suoi piedi; l'espressione del volto determinata ma non contratta dall'odio, atteggiata, anzi, alla serena e sicura compostezza dell'eroe-santo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti…, IV, c. 489; Avogaria di Comun, Nascite, VII, c. 182v; Matrimoni, III, c. 177v; Notai di Venezia, Testamenti, bb. 56, n. 188; 57, n. 382; 58, n. 209; 64, n. 10; 152, n. 91; 248, n. 361; 357-359, n. 397 rosso; 1166, n. 60; Segretario alle Voci, Elezioni in Maggior Consiglio, regg. 14, cc. 12v, 183v; 15, cc. 12v, 142v; 16, c. 143; 17, cc. 142-143; 18, c. 142v; 20, c. 142; Elezioni in Pregadi, reg. 15, c. 112; Senato, Lettere provveditori da Terra e da Mar, filze 875-876, 934-936, 1059-1060, 1063, 1066-1067, 1091, 1093, 1097, 1103, 1219-1220, 1370-1371, 1373, 1375-1377, 1394-1395; Senato, Mar, reg. 106, c. 193; 109, cc. 168-170; Misc. atti diversi manoscritti, filze 110, 115, 116; G. Giomo, Indice dei matrimoni patrizi per nome di donna, ad nomen; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Stampe Correr, 2080, 5398; Codd. Cicogna, 1971, c. 45; 2325, cc. 217-238, 252-267; 2290; 3106/34; 3180/5; P. D., C 789/III; Correr, 1212; Miscell. Correr, LXXXIII/2713; Malvezzi, 128, c. 29; Ibid., Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. VII, 101 (=8382): E. Marmori, Storia della guerra di Candia; 211 (=7468); 1194 (=8354), cc. 27, 37, 47; 1208 (=8353), c. 336; G.F. Busenello, Prospettiva del navale trionfo…, Venezia 1656; S. Cosmi, In funere Laurentii Marcelli Venetae classis imperatoris… oratio…, Venetiis 1656; M. Dandolo, Elogio alla Serenissima Repubblica di Venezia… sopra la vittoria navale… li 26 giugno 1656, Venezia 1656; Lettera di ragguaglio della vittoria navale… sotto il comando di L. M. … a' Dardanelli, Venezia 1656; A. Moro, Oratio…, Venezia 1658; G. Brusoni, Historia dell'ultima guerra tra' Veneziani e Turchi… dall'anno 1644 sino al 1671, Venezia 1673; A. Valier, Historia della guerra di Candia, Venezia 1679, pp. 88, 182, 302, 364, 388; G.B. Fabri, La conchiglia celeste…, Venezia 1690; B. Nani, Istoria della Republica veneta, in Degl'Istorici delle cose veneziane, I-II, Venezia 1720, ad ind.; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, p. 82; V, ibid. 1842, pp. 473, 886; Id., Della famiglia Marcello patrizia veneta, Venezia 1841, pp. 22 s., 42; M. Dandolo, Elogi…, Venezia 1858 (nozze Marcello-Zon); S. Romanin, Storia documentata di Venezia, VII, Venezia 1974, pp. 263, 268, 300; I. Malaguzzi - A. Manoni, L. M. e la battaglia dei Dardanelli (26 giugno 1656), Modena 1894; E. Celani, Di una carta a penna raffigurante la battaglia navale dei Dardanelli (26 giugno 1656), in Arch. veneto, n.s., V (1895), pp. 453-467; C. Manfroni, I Francesi a Candia, in Nuovo Arch. veneto, n.s., III (1902), p. 390; L. Boschetto, Come fu aperta la guerra di Candia, in Ateneo veneto, XXXV (1912), p. 35; A. Pilot, L. M. ai Dardanelli, ibid., pp. 173-186; G. Ferrari, Le battaglie dei Dardanelli (1656-1657), Città di Castello 1913; M. Nani Mocenigo, Storia della Marina veneziana da Lepanto alla caduta della Repubblica, Roma 1935, ad ind.; G.A. Quarti, La battaglia dei Dardanelli. 26 giugno 1656. L. M. capitano gen. da Mar, Milano 1938; G. Tassini, Curiosità veneziane, Venezia 1964, p. 389; G. Benzoni, Cappello, Giovanni, in Diz. biogr. degli Italiani, XVIII, Roma 1975, p. 784; G. Dissera Bragadin, Rievocazione della battaglia dei Dardanelli…, Venezia 1975, ad ind.; Venezia e la difesa del Levante: da Lepanto a Candia, 1570-1670, Venezia 1986, pp. 16, 160, 268; M. Brusegan, I palazzi di Venezia, Roma 2005, p. 229.