RANDI, Lorenzo Ilarione
– Nacque a Bagnacavallo (Faenza) il 12 luglio 1818. I suoi genitori, Paolo Antonio, ricco patrizio sammarinese, e la contessa Arcangela Biancoli, ebbero oltre a lui altri quattro figli.
Randi compì i primi studi a Bagnacavallo, per poi proseguire la formazione teologica presso il Seminario di Faenza. Ordinato sacerdote il 14 marzo 1841 nella sua parrocchia natale, proseguì gli studi a Roma presso l’Accademia dei nobili ecclesiastici dal 1841 al 1847, frequentando le facoltà di legge e teologia dell’Università di Roma, per poi entrare nella carriera curiale. In quei sette anni si trovò compagno di studi con altri giovani nobili, alcuni dei quali assursero poi alle cariche apicali della Chiesa cattolica: i cardinali Bartolomeo Pacca, Edoardo Borromeo, Achille Apolloni, Miecislao Ledóchowski, Raffaele Monaco La Valletta e Gustavo Bernardo d’Hohenlohe, come anche il suo compaesano Francesco Folicaldi, poi arcivescovo.
Divenuto cameriere segreto l’8 giugno 1847, nella funzione di ablegato portò nello stesso anno la berretta cardinalizia agli arcivescovi di Cambrai, Pierre Giraud, e Bourges, Jacques Du Pont. Nel dicembre del 1848 divenne canonico di S. Maria Maggiore, ottenendo così una prebenda per il suo mantenimento. Nei repentini cambi politici intorno al 1848, Randi dovette riposizionarsi: da giovane uomo di idee liberali moderate si fece interprete della nuova politica di Pio IX dopo l'allocuzione del 29 aprile.
Godendo della protezione del cardinale Giacomo Antonelli, segretario di Stato, intraprese una brillante carriera in Curia: uditore del Consiglio di Stato (giugno 1848), uditore del ministro dell’Interno (1851) e prelato referendario (gennaio 1852). È a quel punto che la sua carriera prese un nuovo indirizzo, passando all’amministrazione territoriale: delegato a Rieti (1852-1854), Perugia (1854-1856), dove ebbe alcune incomprensioni con l’arcivescovo Gioacchino Pecci (il futuro Leone XIII), Ancona (1856-1860) e infine a Civitavecchia (1860-1865), ovvero in uno dei pochi posti disponibili a seguito dell’espansione del Regno Sabaudo.
Può essere considerato fra i migliori delegati pontifici dell’epoca, in grado di affrontare la questione dell’apertura di un'efficiente rete ferroviaria nello Stato Pontificio, sapendosi ben giostrare per calmierare i prezzi delle materie prime alimentari e creando un'efficace rete di informatori e spie per il controllo del territorio e dei gruppi politici, così prevenendo eventuali insurrezioni. Proprio nella sua residenza marchigiana dovette fronteggiare i moti di Ancona del 1859, avvenuti a seguito di quelli di Bologna. Non ne capì a fondo le ragioni, riducendole ad azioni del «basso popolo» (Archivio segreto Vaticano, Spogli, 1A: lettera al cardinale Antonelli, Ancona, 15 giugno 1859). Per bloccare sul nascere la rivolta dovette chiedere aiuto alla dirigenza locale e alle rappresentanze consolari d’Inghilterra e di Francia (quest’ultima non lo aiutò per niente, sembrando piuttosto vicina alle posizioni sarde), ma poi non potè far altro che cedere, evitando così l’uso della forza e il conseguente spargimento di sangue.
Dopo questo percorso ascensionale verso le sedi più prestigiose, raggiunse una posizione di rilievo per tutto lo Stato Pontificio (ormai ridotto a reliquia) con la nomina a governatore di Roma e direttore generale di Polizia (ottobre 1865), nella cui funzione seppe salvaguardare l’ordine pubblico nell’autunno del 1867, in occasione di alcuni tentativi insurrezionali. Divenuto anche vice-camerlengo di Santa Romana Chiesa (22 giugno 1866), mantenne le sue funzioni statuali fino al 20 settembre 1870, quando con la presa di Roma da parte delle truppe del Regno d’Italia il suo ruolo divenne fittizio. In quello stesso settembre e nella sua funzione, insieme ai cardinali Antonelli e Berardi, fu per una difesa di Roma simbolica e non militante. Si trattò di atteggiamento realista. D’altra parte, poche settimane prima, nel mese di agosto, si era recato a Firenze per incontrare il ministro degli esteri italiano, Emilio Visconti Venosta, il quale lo avrebbe assicurato di un’occupazione di Roma senza moti rivoluzionari interni.
Nonostante la perdita del potere temporale del papa, Randi rimase un punto di riferimento della raccolta di informazioni su ciò che accadeva a Roma, ricevendo continuamente e almeno fino al 1872 lettere e carte sulle dimostrazioni politiche o i fatti di cronaca, come se ci fosse (ancora) una rete informativa (e non più di controllo) sulla città.
Le informazioni ricevute sono di diversa natura, riguardano i dettagli delle riunioni di circoli, le discussioni religiose, le uccisioni, le insubordinazioni militari, i provvedimenti militari, i movimenti delle persone sospette, le ideazioni di nuovi giornali, le operazioni della polizia italiana, i dispacci della Questura, e altro.
Fu un uomo di Antonelli, convinto assertore della sua linea, tanto da essere considerato la sua mano destra. Tra i due vi fu una reale intesa umana. Dopo il 1870 amavano passare insieme anche le serate, abitando in ambienti attigui in Vaticano. L’intesa gli fu di sostegno e promozione come quando, il 10 giugno 1874, gli venne affidata dal papa la distribuzione di sussidi ed elargizioni per gli impiegati del decaduto ministero dell’Interno pontificio.
Creato cardinale in pectore da Pio IX il 15 marzo 1875, venne pubblicato il successivo 17 settembre, ricevendo il titolo diaconale di S. Maria in Cosmedin (23 settembre; poi sostituito con quello di S. Maria in Via Lata, il 24 marzo 1884).
Lo storico Giacomo Martina lo considera un uomo mediocre per il cardinalato (cfr. Martina, II, 1986, 661; III, 1990, p. 486). Lo stesso Pio IX sembra che non lo stimasse particolarmente, ma Antonelli seppe sostenerlo.
Al momento del conclave del 1878 fu portavoce del gruppo degli antonelliani (i cardinali legati alla visione e all’opera del deceduto cardinale) e fece parte del gruppo che volle tenere l’assise a Roma e non in un altro Paese (come Malta). In compagnia di alcuni suoi compagni dei tempi dell’Accademia ecclesiastica (come il cardinale Monaco), si ritrovò nel gruppo opposto a Gioacchino Pecci, che divenne papa Leone XIII, sostenendo la candidatura poi rivelatasi fallimentare di Tommaso Maria Martinelli.
Il nuovo papa gli conferì in ogni caso la Prefettura dell’economia di Propaganda fide e la presidenza della Camera degli Spogli (10 maggio 1884). Nella veste di prefetto intervenne per il mantenimento e lo sviluppo del Collegio del monastero basiliano italo-greco di Grottaferrata. In quanto cardinale fu inserito quale membro di diverse congregazioni, come quella della Indulgenze e delle Reliquie. Fu coinvolto negli affari cinesi (1885) e nella convenzione con il Montenegro (1886), pur avendo solo un’esperienza amministrativa. In quegli ultimi anni, visse a Roma presso Palazzo Taverna (secondo le 'male lingue' giornalistiche dell’epoca fu Leone XIII a volerlo fuori dal Vaticano), dove completò con attenzione la sua raccolta di monete e medaglie papali, poi acquistate da Leone XIII stesso e destinate al Gabinetto numismatico della Biblioteca Vaticana (1901).
Morì a Roma il 20 dicembre 1887. Dopo i funerali a S. Andrea delle Fratte, fu inumato al cimitero del Verano, per poi essere traslato nella sua città natale (ottobre 1890), più esattamente nel paesino di Traversara.
Soprattutto a causa dei suoi ruoli governativi (specialmente di controllo di polizia), gli si rimproverò di tutto lungo la sua vita: ricevette condanne sia da parte dei liberali, sia da membri del partito papale. Un’evidente disistima è presente nella storiografia risorgimentale, mentre la successiva riflessione lo considera sotto le categorie dell’intransigenza.
Fonti e Bibl.: Archivio della Pontificia accademia ecclesiastica, f. 182-183: Elenco dei Sig.ri Accademici Nobili Ecclesiastici; Archivio Segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Spogli di Curia, Cardinale Randi, bb. 1A-B, 2A-B; ibid., Interni; ibid., Delegazioni di Rieti, Perugia, Ancona e Civitavecchia; Archivio di Stato di Roma, Direzione generale di polizia (in particolare le Carte Randi).
R. De Cesare, Il Conclave di Leone XIII e il futuro Conclave, Città di Castello 1888, passim; L. Balduzzi, Degli studi e degli offici dell'Eminentissimo Signor Cardinale L.I. R. bagnacavallese. Elogio biografico, Lugo 1890; A. Vigevano, La fine dell’esercito pontificio, Roma 1920, passim; S. Negro, Seconda Roma (1850-1870), Milano 1943, passim; P. Dalla Torre, Randi Lorenzo, in Enciclopedia Cattolica, sotto la direzione di P. Paschini, X, Città del Vaticano 1953, col. 520-521; C. Weber, Quellen und Studien zur Kurie und zur vatikanischen Politik unter Leo XIII. Mit Berücksichtigung der Beziehungen des Hl. Stuhles zu den Dreibundmächten, Tübingen 1973, passim; Id., Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehnten des Kirchenstaates. Elite-Rekrutierung, Karriere-Muster und soziale Zusammensetzung der kurialen Führungsschicht zur Zeit Pius IX (1846-1878), II, Stuttgart 1978, pp. 510, 695-700, 721 s. 741, 747, 757; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, VIII, Patavii 1979, pp. 21, 54 s.; G. Martina, Pio IX, II-III, Roma 1986-1990, passim; C.M. Fiorentino, La questione romana intorno al 1870. Studi e commenti, Roma 1997, p. 25 nota; A. Veggi Donati, Un romagnolo nel governo del papa re: la figura e l'opera del cardinale R., Cesena 2001; Pontificia Accademia Ecclesiastica, Terzo centenario (1701-2001), Roma 2003, pp. 263 s.; F. Jankowiak, La Curie romaine de Pie IX à Pie X: le gouvernement central de l’Eglise et la fin des Etats pontificaux (1846-1914), Rome 2007, pp. 121, 239, 322; J. Le Blanc, Dictionnaire biographique des cardinaux du XIXe siècle. Contribution à l’histoire du Sacré Collège sous les pontificats de Pie VII, Léon XII, Pie VIII, Grégoire XVI, Pie IX et Léon XIII, 1800-1903, Montréal 2007, pp. 780-782; S. Miranda, The cardinals of the Holy Roman Church, in http://www2.fiu.edu/~mirandas/bios1875.htm#Randi.