GIUSSO, Lorenzo
Nacque a Napoli, il 25 giugno 1899, in una famiglia aristocratica, dal conte Antonio e da Maria Imperiali d'Afflitto. La sua maturazione culturale avvenne in un terreno fertile, costituito da un ambiente familiare che aveva contribuito allo sviluppo non solo culturale della città (il nonno, Girolamo Giusso, ne era stato sindaco).
Tra il 1917 e il 1924 gli studi del G. presso l'Università di Napoli (dove fu allievo, fra gli altri, di A. Aliotta), coronati dalla laurea in lettere e filosofia, si svilupparono in molteplici direzioni.
Pur destinato a diventare prevalentemente filosofo e storico della filosofia, i suoi non dilettanteschi interessi spaziarono dalla letteratura alla musica, dalla pittura alla filosofia, secondo un percorso eclettico ed estroso, fondato sull'istinto piuttosto che sul metodo, che lo portò a una conoscenza approfondita ed estesissima nei settori più diversi.
Tra le due guerre, egli partecipò all'atmosfera culturale della Napoli segnata dal cenacolo di B. Croce, da cui molto presto si distaccò (come A. Tilgher, che egli mostrò di apprezzare) assumendo posizioni "eretiche" e ispirandosi piuttosto a un ideale di vitalismo romantico che risulta evidente dai numerosi autori e dalle molte opere cui dedicò la sua attenzione: in particolare, in una fase iniziale, O. Spengler e F. Nietzsche.
Intelligenza precoce, prima di intraprendere l'insegnamento universitario, che lo avrebbe allontanato da Napoli, il G. avviò una copiosa pubblicazione di articoli, collaborando con numerosi quotidiani italiani come autore di elzeviri, volti alla diffusione dei più diversi aspetti della cultura europea e alla conoscenza dei suoi principali esponenti, soprattutto scrittori.
L'attività giornalistica si sviluppò particolarmente negli anni Venti, quando il G., ancora molto giovane, iniziò a collaborare con L'Idea nazionale, Il Popolo d'Italia e Il Secolo, quindi con Il Mattino, come critico letterario; fu poi autore di articoli di viaggio, per il Corriere della sera, e tenne un "Diario critico" per Il Resto del Carlino, pubblicando nel corso degli anni sulla terza pagina di molti quotidiani italiani (Il Giornale, Il Tempo, Il Messaggero, La Gazzetta di Sicilia, La Stampa e altri ancora), anche se il lavoro propriamente giornalistico rallentò quando prevalse quello universitario.
Nel 1936 ottenne la libera docenza in filosofia teoretica a Napoli, dove l'anno successivo insegnò filosofia morale; le principali tappe del suo percorso universitario - molteplice anche per le numerose discipline di cui si occupò - furono: Cagliari, dove dal 1938 al 1943 insegnò come professore incaricato, ricoprendo, secondo un percorso abbastanza inconsueto e irregolare, le cattedre di filosofia teoretica, letteratura italiana e francese, storia delle religioni; quindi, Bologna, dove, sempre come incaricato, insegnò lingua e letteratura spagnola, infine Pisa. La carriera universitaria del G. non si limitò, comunque, all'Italia: insegnò letteratura italiana a Monaco, a Nizza, a Breslavia, a Debreczen in Ungheria, a Madrid, dove fu "accademico d'onore", e a Barcellona.
Proprio al ritorno da un viaggio in terra spagnola venne colpito dalla malattia che lo avrebbe condotto alla morte.
Il G. morì a Roma l'11 apr. 1957.
Oltre all'attività come giornalista e saggista, il G. aveva pubblicato anche alcune raccolte di poesie: Musica in piazza (Napoli 1930) e Don Giovanni ammalato (ibid. 1932), una rifusione, accresciuta, del primo volume; Cadenze di Sigismondo nella torre, Modena 1939; e, infine, Elegie del torso della saggezza mutilata, Milano 1941: d'intonazione prossima ai crepuscolari le prime, percorse dal senso di una discrepanza tra la piattezza della vita quale ci è data e il desiderio di viverla in modo più libero e pieno; maggiormente legate all'estetismo dannunziano, e insieme non dimentiche del clima d'avanguardia in cui era avvenuta la prima formazione del G., le ultime due.
Saggista acuto, ottimo conversatore, spirito brillante e fortemente antiaccademico, caratterizzato da un sapere enciclopedico, il G. non si legò ad alcuna scelta politica, non appartenne a nessuna scuola di pensiero e non ebbe maestri diretti né discepoli. Dal suo asistematico sforzo di interpretazione della cultura moderna non si può trarre una dottrina unitaria ma soltanto il profilo di un cammino variegato e intenso, che trae origine dalla ricerca di una visione totale dell'esistenza nel fondamentale intento di realizzare un ideale di vita, problema con cui il G. non smise mai di misurarsi, secondo una prospettiva antirazionalista (e implicitamente antidealista).
Allontanatosi molto presto, come si è detto, dal crocianesimo imperante nell'ambiente napoletano, il primo interesse del giovane G. fu per i protagonisti dell'irrazionalismo e del vitalismo eroico, e per il pessimismo cosmico di G. Leopardi (Il ritorno di Faust, Napoli 1929; Leopardi, Stendhal, Nietzsche, ibid. 1933; Tre profili: Dostoevskij, Freud, Ortega y Gasset, ibid. 1933; Leopardi e le sue due ideologie, Firenze 1935); in tempi diversi riunì in raccolte i ritratti degli autori e dei personaggi che più lo avevano interessato (Il viandante e le statue. Saggi sulla letteratura contemporanea, s. 1, Milano 1929; s. 2, Roma 1942).
Nell'ambito di una ricerca più propriamente filosofica, i principali autori di riferimento del G. - che costituirono anche l'oggetto dei suoi studi - furono W. Dilthey (Dilthey e la filosofia come visione della vita, Napoli 1940; Dilthey, Simmel, Spengler, Milano 1944); i già ricordati Nietzsche (Nietzsche, Napoli 1936), Spengler (Spengler e la dottrina degli universali formali, Napoli 1935), e J. Ortega y Gasset.
Il rapporto tra razionalismo e irrazionalismo (e il superamento della loro opposizione) e quello tra scienza e filosofia e vita sono il tema di fondo di quella che probabilmente rimane una delle sue opere più significative, Filosofia ed imagine cosmica (Roma 1940), in cui, in diretto riferimento a G. Vico (si veda anche: G.B. Vico tra umanesimo e occasionalismo, Roma 1940; La filosofia di G.B. Vico e l'età barocca, ibid. 1943), egli delinea una genealogia della filosofia, e in generale dell'attività razionale, a partire dalle istanze vitali e concrete dell'uomo. In Vico, secondo il G., non c'è una filosofia intesa come ontologia e come organo di un conoscere razionale perché i sistemi filosofici riflettono il tentativo di appropriazione verbale del mondo in rapporto a un'originaria intuizione cosmica, così come le scienze e le tecniche non procedono da una razionalità astratta ma dai bisogni dell'uomo sociale, rimandando a un sentimento che è espressione del primitivo legame, non specificamente conoscitivo, che unisce uomo e mondo.
Nel dopoguerra, approfondendo questa tematica e superati i miti dell'irrazionalismo e dell'energia vitalistica, il G. si riavvicinò alla fede cristiana; era sua intenzione realizzare una revisione della storia del pensiero italiano dal Rinascimento all'età barocca, approfondendo in particolare lo studio e l'interpretazione dell'umanesimo, inteso come vasto tentativo sincretistico volto a ravvicinare il pensiero dell'antichità greco-romana e quello cristiano. In chiave revisionista rispetto alla tradizione laica si era avvicinato anche alla figura di G. Bruno (Scienza e filosofia in Giordano Bruno, Napoli-Roma 1955).
Tra le opere del G., oltre a quelle già citate, si ricordano: Le dittature democratiche d'Italia, Milano 1927; Idealismo e prospettivismo, Napoli 1934; Lo storicismo tedesco: l'anima e il cosmo, Roma 1947; Bergson, Milano 1948; Vincenzo Gioberti, ibid. 1948; Spagna e antispagna: saggisti e moralisti spagnoli, Mazara del Vallo 1952; La tradizione ermetica nella filosofia italiana, Trapani 1955; Tafferugli a Montecavallo, Bologna, 1955; Origene e il Rinascimento, Roma 1957; postumo: Autoritratto spagnolo, a cura di A. Spaini, Torino 1959.
Fonti e Bibl.: Necr. in Corriere della sera, 12 apr. 1957; La Fiera letteraria, 21 apr. 1957; Giornale di metafisica, XI (1957), 5, p. 634; F. Bruno, L. G., in Italia che scrive, IV (1934); P. Filiasi Carcano, in Logos, II (1940); E. Falqui, Di noi contemporanei, Firenze 1940, ad indicem; G. Villaroel, Gente di ieri e di oggi, Bologna 1954, ad indicem; L. Fiumi, Giunta a Parnaso, Bergamo 1954, ad indicem; G. Artieri, Romantico napoletano, in Il Tempo, 11 maggio 1957; R. Maran, L. G. e la ricerca d'un sistema, in Sophia, XXV (1958), 3-4, pp. 265-267; A. Spaini, Ricordo di L. G., in Il Messaggero, 1° febbr. 1960; G. Toffanin, G. e Ortega, in Nuova Antologia, ottobre 1960, pp. 262 ss.; P. Boni Fellini, G. dieci anni dopo, in L'Osservatore politico letterario, giugno 1967; Diz. della letteratura mondiale del '900, sub voce.
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