GARBIERI, Lorenzo
, Lorenzo Nacque a Bologna intorno al 1580 da Giulio Cesare e Cinzia Carlini.
Malvasia nella Felsina pittrice (p. 215) afferma che il G. morì nel 1654 all'età di settantaquattro anni; negli appunti preparatori all'edizione di quest'opera, tuttavia, lo stesso studioso lo dice nato l'11 ag. 1582 e battezzato il giorno successivo (Scritti originali…, pp. 91, 96).
Formatosi nel nuovo clima artistico inaugurato dalla riforma naturalistica dei Carracci, a differenza di molti artisti che nei primi anni del Seicento si trasferirono a Roma al seguito di Annibale e Agostino, il G. rimase quasi tutta la vita a Bologna, fedele alla lezione del suo principale maestro, Ludovico Carracci. Esordì tra il 1600 e il 1601 quando, insieme con altri allievi della scuola dei Carracci, lavorò alla decorazione ad affresco con Storie della Passione dell'oratorio di S. Maria dell'Orazione annesso alla chiesa di S. Colombano a Bologna. La mano del G., individuata da Arcangeli (1958) nel Compianto sul Cristomorto, fin dall'inizio sembra assumere un accento stilistico autonomo rispetto a quello dei suoi colleghi, caratterizzato dall'impiego di tinte scure e tenebrose, vicine allo stile adottato da Ludovico in quegli anni.
La presenza della mano del G. nell'affresco è stata ribadita da Brogi (1989) attraverso il confronto tra il Compianto e il dipinto raffigurante S. Agata in carcere (Le Havre, Musée des beaux-arts) già attribuito a Ludovico (Brejon - Volle, p. 84), ma più prossimo allo stile del G. nelle gamme cromatiche e nelle fisionomie dei personaggi. Benati (1991) ha inoltre posto in evidenza la vicinanza tra l'affresco di S. Colombano e il quadro raffigurante S. Girolamo (ubicazione ignota: ripr., p. 35, fig. 14), opere entrambe vicine allo stile di Ludovico ma tuttavia diverse per le "esemplificazioni formali e il tono "romanzesco"" (p. 32).
Entro il 1601 il G. partecipò, tra gli allievi di Ludovico Carracci, alla realizzazione delle piccole tele con i Misteri del Rosario per l'altare dell'omonima cappella in S. Domenico a Bologna. Tra queste, Brogi, seguendo un'idea di Clerici Bagozzi, attribuisce alla mano del G. la Flagellazione, nella quale ritorna l'impiego del chiaroscuro denso e drammatico utilizzato dal G. a S. Colombano.
Brogi ha posto inoltre in rilievo notevoli similitudini tra il disegno preparatorio della Flagellazione, conservato nel Gabinetto dei disegni e stampe del Louvre sotto il nome di Ludovico (tav. 3b), e il disegno, segnalato sul mercato antiquario, con una Composizione allegorica (tav. 7), recante sul verso la scritta "Garbieri: école de Bologna": comune a entrambi appare il modo fortemente plastico di modellare i corpi "contrassegnati da stilemi ben riconoscibili" (p. 5) che tuttavia non raggiunge la qualità dei disegni di Ludovico.
Nel 1603 il G. collaborò alla realizzazione degli apparati per le esequie celebrate a Bologna in memoria di Agostino Carracci con il dipinto a monocromo Lo Studio e la Vigilanza che percuotono l'Invidia; di quest'opera, perduta, rimane il disegno conservato al Louvre (ibid., tav. 6), nel quale il segno marcato torna a evidenziare, in particolare, l'anatomia dei personaggi. L'anno successivo, e fino al 1606, il G. fece parte del gruppo di pittori che sotto la direzione di Ludovico eseguirono le Storie di s. Benedetto e le Storie di s. Cecilia per il chiostro ottagonale di S. Michele in Bosco a Bologna. I dipinti, presto in precarie condizioni a causa anche della tecnica utilizzata (olio su muro), sono quasi scomparsi e dei sette episodi realizzati dal G. rimane solo quello con il Contadino condotto al cospetto di s. Benedetto; i rimanenti sono noti attraverso le incisioni pubblicate da Malvasia nel 1694 e da Zanotti nel 1776.
A questi stessi anni si può far risalire la grande pala con la Caduta di Simon mago (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte) che secondo Brogi "discende direttamente dall'esperienza vissuta dall'autore sui ponteggi del chiostro" (p. 7). Nell'opera è in effetti presente la grandiosità delle composizioni ludovichiane, ma certi particolari sembrano piegare verso una caratterizzazione e una rusticità del tratto più vicine alla poetica dell'allievo. Vicine a questo quadro appaiono inoltre la Lapidazione di s. Stefano (Bologna, Pinacoteca nazionale, depositi) e la piccola tela con il Trasporto del corpo di s. Stefano (Genova, Galleria Durazzo Pallavicini), nella quale l'ambientazione notturna pone in evidenza uno dei più originali orientamenti del G. "verso toni sinistri e quasi, si può dire, da romanzo "nero"" (p. 6).
Il 3 nov. 1606 il G. ricevette il primo acconto per i due dipinti, conclusi nel 1614, con Storie di Giobbe (Giobbe deriso, Giobbe nudo) per uno degli altari della chiesa di S. Maria dei Mendicanti a Bologna (Gualandi, p. 139). Sempre a Bologna, intorno al 1611, fu incaricato dal cardinale legato Benedetto Giustiniani di realizzare la decorazione pittorica della cappella dedicata a S. Carlo Borromeo nella chiesa di S. Paolo Maggiore. Il G dipinse tre tele per le pareti con scene della vita di s. Carlo (S. Carlo porta la croce a Milano durante la peste, S. Carlo porge ai barnabiti le costituzioni, S. Carlo comunica i barnabiti colpiti dal contagio) e i piccoli affreschi della volta con, al centro, la Gloria di s. Carlo e, ai lati, due miracoli del santo (S. Carlo resuscita un bambino, S. Carlo salva un bambino dall'annegamento). Vicino allo stile di questi dipinti e forse prossimo nella datazione, è il quadro con la Fucina dei vetrai nella Galleria Pallavicini di Roma.
In tali opere il linguaggio utilizzato dal G. appare lontano dalle scelte classiciste, caratterizzato da un realismo robusto e da contrasti luministici che lo avvicinano, com'è stato notato dallo stesso Malvasia, al "gusto del Caravaggio" (sec. XVII, p. 89), mutuato o attraverso la conoscenza di opere del pittore lombardo a Bologna o attraverso il contatto con artisti quali G. Cavedoni e L. Spada.
Brogi sottolinea inoltre come nel ciclo carliano eventuali suggestioni sul G. della pittura di G.B. Crespi, il Cerano, siano più di natura iconografica che stilistica, in netto contrasto con i modi ancora manieristi di questo artista.
Secondo Malvasia (1678, p. 214) tra il 1607 e il 1610 (Brogi, p. 9), il G. si recò, per un breve lasso di tempo, a Loreto, ove lavorò a fianco del Pomarancio agli affreschi della cupola della basilica. Poco dopo, all'inizio del secondo decennio, eseguì per il transetto sinistro della chiesa di S. Antonio Abate dei teatini di Milano i quadri raffiguranti la Pietà, la Deposizionedalla Croce, la Deposizione nel sepolcro (Malvasia, 1678, p. 214). Secondo Brogi non è da escludere che il G. abbia ricevuto tale commissione grazie all'appoggio di Ludovico Carracci che intorno al 1611 dipingeva per la medesima chiesa un'Adorazione dei pastori. E all'arte del maestro il G. sembra attingere ancora una volta esasperandone i toni drammatici.
A questo stesso periodo appartiene, con ogni probabilità, anche la Deposizione nel sepolcro di Monaco di Baviera (Bayerische Staatsgemäldesammlungen) attribuita tradizionalmente a Ludovico, ma vicinissima, sia dal punto di vista stilistico sia compositivo, alle due Deposizioni della chiesa milanese dei teatini.
Nelle opere successive al ciclo milanese il G. sembra imprimere una svolta al suo stile, mitigandone la consueta crudezza espressiva. Esempi di questa nuova fase artistica sono la pala con l'Adorazione dei pastori nella chiesa di S. Stefano a Imola, l'affresco con La Vergine che incorona s. Caterina nella chiesa di S. Colombano a Bologna, il quadro con la Madonna, il Bambino e i ss. Cecilia e Alberto della Pinacoteca Capitolina di Roma, le due tele con il Cristo deposto e l'Annunzio ai pastori nel presbiterio di S. Bartolomeo a Modena, le Storie della vita della Vergine nella cappella dell'Annunziata di questa stessa chiesa: tutte opere eseguite, con ogni probabilità, entro il secondo decennio del Seicento.
I dipinti per S. Bartolomeo comprendono cinque tele con storie mariane (Nascita della Vergine, Presentazione al Tempio, Visitazione di s. Elisabetta, Assunzione, Gloria) delle quali faceva parte, con ogni probabilità, anche l'Adorazione dei magi, ora nella collezione del Banco dei Ss. Geminiano e Prospero a Modena (Milantoni, p. 184 n. 234). In questo ciclo pittorico il G., basandosi su un impianto compositivo semplice e su personaggi di toccante umanità, pare aver assimilato nuove esperienze culturali; l'impiego di un cromatismo caldo e l'uso dello scorcio di sotto in su rivelano la conoscenza del neocorreggismo di G. Lanfranco e dell'opera di S. Badalocchio nella cupola di S. Giovanni Evangelista a Reggio Emilia.
Dopo la metà del secondo decennio del secolo, il G. eseguì tre tele con Storie di s. Felicita per la cappella omonima della chiesa di S. Maurizio a Mantova dove sembra tornare al suo consueto linguaggio "atro e austero" e ai suoi "soggetti orridi… e lugubri" (Malvasia, 1678, p. 211).
Commissionati dalla marchesa Felicita Guerrini Gonzaga, i dipinti del G. comprendevano anche gli affreschi dei pennacchi, ora perduti, nonché la pala d'altare con la Madonna e il Bambino adorati da s. Felicita e figli e la lunetta con S. Francesco e l'angelo ora in collezione privata (Milantoni, pp. 181 n. 226, 176 n. 220).
Al catalogo del G. Brogi aggiunge anche il celebre Cristo morto della Staatsgalerie di Stoccarda riferito ad Annibale Carracci da Longhi seguito dal resto della critica che lo considera capolavoro giovanile di questo artista. Il livello qualitativo, in particolare alcune incertezze nella resa dei dettagli, spingono tuttavia in direzione del G. benché non si possa escludere la dipendenza di questo artista da un prototipo, disperso, dello stesso Annibale.
Della successiva attività del G. non si sa quasi nulla. È probabile che il matrimonio con la ricca Eufrosina de' Pasqualini e una grave malattia agli occhi abbiano ridotto drasticamente la sua produzione.
Tra le opere attribuite al G. si segnalano anche la Sacra Famiglia (già Londra, collezione Algranti: ripr. in The Burlington Magazine, 1972, tav. XV) la Fuga in Egitto (già Londra, collezione privata: ripr. in Brogi, tav. 29), la Maga Circe (Bologna, Pinacoteca nazionale), la Guarigione del cieco nato (Roma, Galleria Pallavicini), il Miracolo di s. Paolo (Fano, Pinacoteca civica), i Ss. Paolo Eremita e Antonio Abate (già Amburgo, collezione Scholz - Forni: ripr. in Brogi, tav. 13).
Il G. morì a Bologna l'8 apr. 1654 e fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni in Monte (Malvasia, 1678, p. 215).
Il G. ebbe molti figli, uno dei quali, Carlo, fu anch'egli pittore. Nato a Bologna il 6 nov. 1613 (Malvasia, sec. XVII, p. 99), dopo la morte del padre che lo aveva messo a scuola presso A. Tiarini (ibid., p. 93), dipinse sempre di meno. Di lui Malvasia ricorda, a Bologna, S. Paolo rapito in cielo nell'omonima chiesa, e S. Maria Egiziaca moribonda in S. Giovanni in Monte.
Fonti e Bibl.: C.C. Malvasia, Scritti originali… spettanti alla sua Felsina pittrice (sec. XVII), a cura di L. Marzocchi, Bologna 1982, pp. 87-105; Id., Felsina pittrice. Vite dei pittori bolognesi (1678), II, Bologna 1841, pp. 64, 211-215; Id., Le pitture di Bologna (1686), a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad indicem; Id., Il claustro di S. Michele in Bosco…, Bologna 1694, tavv. non numerate; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno (1681-1728), a cura di F. Ranalli, III, Firenze 1846, pp. 320-322; VI, Appendice, a cura di P. Barocchi, ibid. 1975, pp. 194, 329, 334, 336; G.P. Zanotti, Il claustro di S. Michele in Bosco…, Bologna 1776, pp. 21-23, 41, 43, 95 s., 101-105; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1808), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, pp. 57, 92 s.; M. Gualandi, Memorie originali italiane, I, Bologna 1840, pp. 139 s., nn. 23 s.; A. Bolognini Amorini, Vite dei pittori ed artefici bolognesi, V, Bologna 1843, pp. 119-126; S. Michele in Bosco, a cura di R. Renzi, Bologna 1971, pp. 6, 10, 222-224; F. Arcangeli, Una "gloriosa gara", in Arte antica e moderna, 1958, n. 1, pp. 238 s., 240, 242-245, tav. 82 s.; C. Volpe, in Maestri della pittura del Seicento emiliano (catal.), Bologna 1959, pp. 102-105; N. Artioli - E. Monducci, Le pitture di S. Giovanni Evangelista in Reggio Emilia, Reggio Emilia 1978, pp. 12, 14 n. 21; C. Tellini Perina, Cappella di S. Felicita. I dipinti, in S. Maurizio in Mantova. Due secoli di vita religiosa e di cultura artistica (catal., Mantova), Brescia 1982, pp. 105-109; C. Thiem, Disegni di artisti bolognesi dal Seicento all'Ottocento della collezione Schloss Fachsenfeld e della Graphische Sammlung Staatsgalerie Stuttgart (catal.), Bologna 1983, pp. 55-57, n. 23; N. Clerici Bagozzi, in L'arte degli Estensi. La pittura del Seicento e del Settecento a Modena e a Reggio (catal.), Modena 1986, pp. 160-162; A. Brejon - N. Volle, Musées de France. Répertoire des peintures italiennes du XVIIIe siècle, Paris 1988, p. 84; A. Brogi, L. G.: un "Incamminato" fra romanzo sacro e romanzo nero, in Paragone, XL (1989), 471, pp. 3-25 (con bibl.); N. Clerici Bagozzi, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, pp. 753 s.; D. Benati, "Con pari tenerezza, e miglior disegno": Albani (e Reni) prima di Roma, I, in Arte cristiana, LXXIX (1991), pp. 32 s., 35 s.; G. Milantoni, L. G. (Bologna, 1580-1654), in La scuola dei Carracci dall'Accademia alla bottega di Ludovico, a cura di E. Negro - M. Pirondini, Modena 1994, pp. 175-184; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 169 s.; Diz. enciclopedico Bolaffi dei pittori… italiani, V, pp. 271 s.; The dictionary of art, XII, pp. 53 s.