GAMBARA, Lorenzo
, Lorenzo. - Nacque a Brescia, probabilmente intorno alla fine del sec. XV «nel 1496 da famiglia cospicua, anche se non appartenente alla nobile e ben nota famiglia»: così E. Caccia, in Storia di Brescia, II, p. 515; ma cfr. anche V. Cremona, ibid., pp. 593 s. n. 8). Studiò belle lettere e scienze all’Università di Padova, ma ancora in giovane età si trasferì a Roma, e si legò alla corte papale, nella cui orbita trascorse tutta l’esistenza. Sacerdote, fu prima al servizio del cardinale Alessandro Farnese, poi di papa Gregorio XIII. A Roma visse fino alla morte, avvenuta nel 1586, intrattenendo intensi rapporti con gli uomini di cultura che ruotavano intorno alla corte farnesiana: da Fulvio Arsini a Girolamo Mercati ad Annibale Caro. Nulla di più sappiamo delle sue vicende biografiche.
Le prime prove poetiche del G. di cui abbiamo notizia comparvero nel 1540 in un volume edito a Basilea che conteneva anche le liriche di Basilio Zanchi: B. Zanchi Poemarum libri VIII; Laurenti Gambarae Brixiani Poematum libri III. Sfortunatamente, la copia a noi giunta è priva proprio della parte relativa ai testi del Gambara. Dopo un’ecloga venatoria intitolata Theron (Roma 1552), di cui però possediamo solo le prime tre pagine, il G. diede alle stampe un volume intitolato Nautica (ibid. 1553), che raccoglie alcune ecloghe pescatorie. Un settore nel quale il G. si cimentò, seppur con alterni risultati, fu quello della traduzione in latino di testi greci. La prima raccolta venne pubblicata nel 1568 ad Anversa presso Plantin col titolo Elegiae Tyrtaei et Mimnermi, carmine Latine expressae. Essa raccoglie le traduzioni di famosi poeti greci, quali Alcmane, Anacreonte, Tirteo, Mosco, Mimnermo. Nello stesso anno, sempre ad Anversa presso Plantin, uscì la raccolta antologica Carmina novem illustrium feminarum ...; et lyricorum ...; Elegiae Tyrtaei et Mimnermi; Bucolica Bionis et Moschi, Latino versu a Laurentio Gambara expressa. Si tratta di un’antologia, in gran parte di testi inediti, curata da F. Orsini e dedicata ad A. Farnese, in cui è accolta la traduzione in versi latini del G. delle Bucoliche di Bione e Mosco. Ma l’opera più interessante del G. nel campo della traduzione è costituita dai quattro libri degli Amori pastorali di Dafni e Cloe pubblicati ad Anversa nel 1569. Libera metafrasi in esametri dei Pastoralia di Longo Sofista, con molte aggiunte del G., venne duramente attaccata da alcuni contemporanei per la traduzione poco accurata. L’opera dovette comunque ottenere un buon successo, perché venne ristampata nel 1601 e nel 1606. Successivamente rielaborata dal G., fu ripubblicata nel 1574 con il titolo Expositi (Napoli, presso G. Cacchi; rist. Roma, presso F. Zanetti, 1581). Nella sua carriera poetica il G. non disdegnò la lirica celebrativa e d’occasione, come attesta il poemetto Ad Deum gratiarum pro victoria de Turcis habita (Napoli 1571).
Nel breve componimento la vittoria sui Turchi ottenuta nella battaglia di Lepanto viene fatta interamente risalire al benefico intervento divino. AI testo si accompagna il carme In regem Turcarum post amissam dassem. Il tema della religione è senza dubbio molto importante nella produzione del G., almeno a partire da una certa fase della sua elaborazione poetica. Se infatti, ancora nel 1573, egli pubblicò, a Napoli (presso G. Cacchi), un volume di Epistolae in versi in cui, facendo ricorso a immagini tratte dalla mitologia classica, sono tracciate le lodi di personaggi quali Alessandro Farnese, Gregorio XIII, Fulvio Orsini, nel 1576 dette alle stampe a Roma presso F. Zanetti un trattato in prosa dedicato al Farnese (il Tractatus de perfecta poeseos ratione), volto interamente a confutare tale maniera poetica. L’opera è il frutto di una riflessione sui valori della religione rapportati a quelli dell’arte che giunge a stabilire l’assoluta priorità dei primi sui secondi. In tal senso il G. critica Omero e altri lirici della classicità per aver cantato nelle proprie opere l’adulterio e il culto dei falsi dei. La forza della grande poesia sta invece nel sapersi adeguare ai dettami della religione. Le affermazioni dell’autore sono rafforzate dal continuo rimando, a mo’ di glossa, a testi sacri. L’opera venne duramente criticata da G. Menage (Anti-Baillet..., II, pp. 3-5), che accusò il G. di non aver seguito lui per primo i precetti di cui si faceva portatore. Un valido. esempio delle convinzioni del G. è comunque rappresentato dai Rerum sacrarum libri tres. Idylliorum libri unus. Editio copiosior (Roma, Eredi di A. Blodo, 1577): i componimenti qui raccolti sono dedicati ad alcuni grandi temi della liturgia cristiana, quali l’Annunciazione, l’Epifania, la Pentecoste, il Natale.
L’opera più nota del G. resta il De navigatione Christophori Columbi, pubblicata a Roma nel 1581 da F. Zanetti (rist. ibid. 1583 e 1585). Questa almeno risulta essere la prima edizione in nostro possesso, ma l’opera dovrebbe essere stata pubblicata anni prima, stando al fatto che ricevette le lodi di Paolo Manuzio in una lettera del 1560 all’autore (Epistolarum, p. 167). Il poema in esametri, diviso in 4 libri, fu scritto su richiesta del cardinale Antoine Perrenot de Granvelle, al quale è dedicato. La materia storica, fornita con abbondanza di particolari e trattata in modo da tener sempre desta l’attenzione del lettore, è però spesso appesantita da uno stile ridondante e ampolloso. Nello stesso anno il G. pubblicò a Roma presso F. Zanetti il poemetto in esametri Caprarola: dedicato al Farnese, descrive il famoso palazzo e i suoi affreschi, lodando in tal modo anche il cardinale che lo volle edificare.
Il G. fu un autore particolarmente conosciuto e stimato dai contemporanei, come dimostrano sia ]a gran quantità di edizioni che ebbero le sue opere, sia i numerosi testi che lo ricordano o che gli sono dedicati. Grazie al legame con l’Orsini, il G. ebbe modo di conoscere e frequentare letterati di diverse nazionalità ospiti a Roma del grande studioso. Cosicché lo troviamo benevolmente ricordato in diverse lettere indirizzate all’Orsini: Juste Lipse, studioso olandese, lo definisce - in una lettera dell’ottobre 1570 - «Principi poetae» (de Nolhac, La bibliothèque ..., p. 438); l’erudito francese Jacques-Auguste de Thou lo ricorda tra i saggi, che conobbe durante il suo soggiorno romano nel 1574 (De vita sua, I, p. 22). Nei secoli successivi l’opera del G. venne via via accantonata (se non nei repertori di letteratura locale), e nel Novecento solo due critici trovarono il modo di soffermarsi sulle sue opere: F. Flamini, che attribuisce scarso valore artistico al poema su Cristoforo Colombo; ed E. Carrara, che invece considera le ecloghe pescatorie scritte dal G. fra le più importanti della prima metà del sec. XVI.
Fonti e Bibl.: L.G. Giraldi, De poem nostrorum temporum, 111, Florentiae 1551, p. 573; B. Zanchi, Poematum libri VII, Romae 1553, pp, 84 s.; Joachim du Bellay, Poematum libri IV, Parisiis 1558, pp. 433 s.; P. Manuzio, Epistolarum libri IV, Venetiis 1560, p, 167; I.-A de Thou, De vita sua, I, London 1733, p, 22; B. Zanchi, Poemata quae extant omnia, Bergamo 1747, pp. 139-141, 179 s.; G. Menage, Anti-Baillet ou critique du livre de M. Baillet, II, La Haye 1690, pp. 3-5, 9; P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, II, Bàle 1737, p. 527; AM, Querini, Specimen variae literaturae quae in urbe Brixia ... florebat, I, Brescia 1739, pp. 268-279, 343; V. Peroni, Biblioteca bresciana, II, Brescia 1818, pp. 101-105; P. de Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, ad indicem; I.E. Spingam, A history oJ literary criticism in the Renaissance, New York 1899, p. 161; F. Flamini, il Cinquecento, Milano 1902, p. 114; V, Zabughin, Vergilio nel Rinascimento italiano, II, Bologna 1923, passim; E. Carrara, La poesia pastorale, Milano 1909, p. 396; E Pastorello, L’epistolario manuziano. Inventario cronologico-analitico, Firenze 1957, ad vocem.