FRANCIOSINI, Lorenzo
, Lorenzo. Sono scarsissimi i dati biografici di questo ispanista e grammatico attivo nella prima metà del XVII secolo; e ciò stupisce, se messo a confronto con la popolarità della sua opera. Dai frontespizi dei suoi libri si ricava che nacque a Firenze o a Castelfiorentino, che insegnò le lingue toscana e castigliana presso l'università di Siena (l'archivio dell'ateneo però non conserva alcun documento relativo alla sua persona) e che sicuramente nel 1637 dimorava a Firenze. Anche la data della sua morte è del tutto ipotetica: la più documentata biografa del F., Annamaria Gallina, la colloca dopo il 1645.
Il F. è autore di un vocabolario spagnolo-italiano e italiano-spagnolo pubblicato moltissime volte fino all'inizio del Novecento; di un'importante grammatica italiana e spagnola; della prima traduzione italiana del Don Chisciotte di M. de Cervantes; della traduzione di alcune operette che favorirono in modo determinante la penetrazione del castigliano in Italia; e, infine, di due libri in latino, Fax linguae Italicae e De particulis Italicae orationis, entrambi analitici delle strutture grammaticali della lingua italiana. Date le numerose edizioni di tutti i suoi scritti, gli intenti propedeutici del F. dovettero essere coronati da un buon successo. La grammatica e soprattutto il vocabolario furono di certo strumenti fondamentali per l'apprendimento dello spagnolo fino alla fine del sec. XIX. Il Vocabolario italiano e spagnolo fu dato alle stampe per la prima volta a Roma nel 1620, e segna un decisivo passo avanti rispetto a quelli che lo avevano preceduto.
Secondo una prassi già comune al tempo del F., il vocabolario è preceduto da alcune regole fondamentali "per leggere e scrivere in lingua castigliana" che costituirono l'abbozzo della Grammatica pubblicata per la prima volta quattro anni dopo. L'importanza del dizionario sta nella ricchezza dei vocaboli elencati secondo le scritture più moderne, e nell'accuratezza delle spiegazioni date. Non si tratta di un semplice elenco di termini isolati; vi sono incluse locuzioni e modi di dire che ancora oggi potrebbero risultare non del tutto inutili ai traduttori dallo spagnolo.
L'altra popolare opera del F., la Grammatica spagnuola e italiana fu edita nel 1624 a Venezia. Ma alcuni anni prima il francese César Oudin "segretario e interprete del re" come egli stesso si definisce, aveva già pubblicato una grammatica spagnola e francese: da questa, peraltro saccheggiata in precedenza anche da Girolamo Vittori, autore del Tesoro de las tres lenguas francesa, italiana y española (Ginevra 1609), il F. ricalca la struttura generale e non pochi esempi (si veda, ad esempio, il paragrafetto intitolato "D'alcune comparazioni usate da' castigliani" e la spiegazione della parola "hideputa").
La Grammatica del F. avrà lunga storia. Oltre a numerose riedizioni con aggiunte ed emendamenti, fu stampata a Venezia nel 1668, insieme con quelle di Giovanni Alessandro Lonchamps: La novissima grammatica delle tre lingue italiana, francese e spagnuola cioè la francese e l'italiana di G.A. Lonchamps, & la spagnola di L. Franciosino.
Nella seconda edizione della Grammatica (Roma 1638) sono aggiunti otto Dialoghi piacevoli, i Detti politici e morali e un Nomenclatore, o registro, di alcune cose curiose, e necessarie a sapersi dagli studiosi, ed amatori della lingua spagnola: quest'ultimo è la fedele traduzione di quello pubblicato dall'Oudin nel 1622; ma, come negli altri casi, il F. non menziona la fonte da cui attinge così scopertamente.
I Detti politici e morali sono una raccolta di proverbi sul genere di altre che già circolavano in Spagna nel sec. XVI, e suddivisa in capitoletti: "Della virtù, e del vizio in comune"; "Della prudenza, e dell'imprudenza"; "Della temperanza, e dell'intemperanza"; "Della giustizia, e dell'ingiustizia", e così via.
I Dialoghi piacevoli erano apparsi per la prima volta a Londra nel 1599 scritti in inglese e tradotti in spagnolo da John Minsheu: Pleasant and delightful dialogues in Spanish and English, profitable to the learner and not unpleasant to any other reader, e appartengono a un filone che avrà molto seguito in Spagna (si pensi agli Avisos y guia de forasteros di Antonio di Liñan y Verfugo sul fascino e i loschi traffici dell'ambiente madrileno, forse nel 1620). Opera molto nota, furono ripubblicati con l'aggiunta di un ottavo dialogo, aspramente critico sui costumi di Spagna, uscito ancora dalla mano dell'Oudin, nel 1622 (esiste un'edizione del 1611 in cui l'Oudin traduce solo sette dialoghi). La fonte del 1622 è quella da cui di nuovo attinse il F., e senza dubbio l'unica da lui conosciuta, se scrive nella dedica della prima edizione dei Dialoghi del 1626 (Venezia): "Invidioso che questi Dialoghi spagnoli andassero attorno solamente in lingua franzesa, mi son mosso a persuasione di alcuni affezzionati allo studio di diversi linguaggi a volgarizzargli in toscano".
La traduzione del Don Chisciotte si colloca cronologicamente all'inizio delle vicende editoriali del F.: l'editioprinceps della prima parte, L'ingegnoso cittadino Don Chisciotte della Mancia, risale al 1622 (Venezia); la seconda parte fu edita tre anni dopo, nel 1625; sempre del 1625 è la prima ristampa (Venezia), emendata e con la traduzione, fatta da Alessandro Adimari, delle poesie intercalate in entrambe le parti del romanzo.
L'impegno del F. nel portare a termine la traduzione di un libro così voluminoso e complicato come il Don Chisciotte dovette essere enorme, tanto da lasciarlo alla fine estenuato. Gli ultimi capitoli della seconda parte scorrono stancamente: la traduzione è opaca e il tessuto linguistico manca di ogni vivacità. Anzi, sembra che a volte il F. stenti addirittura a comprendere il senso letterale del testo spagnolo, e limiti il suo intervento a una meccanica traslazione. Ma un po' tutta la traduzione è all'insegna della discontinuità: quando c'è il lessico toscano a sorreggerlo, ed egli riesce a trovare il giusto corrispondente - concettuale, non necessariamente letterale - delle locuzioni e dei proverbi di cui soprattutto il linguaggio di Sancho Panza è infarcito, il F. si rincuora e traduce pagine filate in modo frizzante, certamente apprezzabile. A volte si lascia coinvolgere in un modo tra il ludico e il goffamente autoelogiativo. Ma si avvertono improvvisi cali di tono, a volte imputabili a oggettive difficoltà di resa linguistica, altre volte inspiegabili, se non si vogliono attribuire a un appannamento delle capacità di traduttore del F. dovute proprio alla stanchezza.
L'ultimo lavoro di traduzione del F. fu pubblicato nel 1627 a Venezia col titolo: Rodamontate (sic) ò Bravate spagnole, cavate da' Commentari de' spaventevolissimi, terribilissimi e invincibili capitani Ammazzamori, Coccodrillo e Scheggiabrocchieri. Horanuovamente alla dichiarazion franzesa aggiunta l'italiana, e corretta la composizione spagnola da L. Franciosini da Castelfiorentino, professore in Siena della lingua italiana, e spagnola.
Le Rodamontate (l'edizione del 1627 ne comprende quarantotto), sono dunque delle spacconate messe in bocca ad alcuni "bravacci", personaggi di varie commedie spagnole. La figura del "bravaccio" aveva raggiunto una notevole popolarità anche in Italia. C'erano attori, come Silvio Fiorillo, specializzati in questo ruolo, che però alla fine era andato irrigidendosi in una sorta di "canovaccio", con azioni fissate in un canone.
Le ultime due opere del F. sono scritte in latino, e riguardano le strutture grammaticali della lingua italiana. Del 1637 è il De particulis Italicae orationis. Quibus accessit tractatus de accentibus vocum Italiacarum, de articulis, praepositionibus, verbis regularibus, eorumque anomalis, & ultimo exiguus nomenclator Italico-Latinus.
L'opera, pubblicata a Firenze, vuole essere "un ristretto delle particelle in lingua toscana" e la lettura completa del frontespizio ci dà una delle rarissime notizie certe sulla vita del F., che nell'anno dell'edizione si dice "… in praesentia Florentiae commorante".
Il Fax linguae Italicae (Firenze 1638) è una grammatica della lingua italiana, non molto diversa nell'impostazione da quella italiana e spagnola del 1626, a uso di tutti coloro che "voglion'imparar la favella toscana".
C'è poi un Compendium facis linguae Italicae, un riassunto con alcune variazioni e la stessa dedica al lettore dell'opera del 1638. Nessun critico ne fa menzione, ma essa è reperibile in un'edizione del 1667 presso la Biblioteca nazionale e la Biblioteca Angelica di Roma.
Fonti e Bibl.: B. Croce, La lingua spagnola in Italia…, Roma 1895, pp. 29-32; F. Flamini, La lingua spagnola in Italia, in Rass. bibliogr. della letteratura italiana, IV (1896), pp. 249 ss.; B. Croce, Ricerche ispano-italiane, Napoli 1898, II, pp. 24 s.; E. Mele, Per la fortuna del Cervantes in Italia nel Seicento, in Studi di filologia moderna, II (1909), pp. 288 ss.; Id., Fra grammatici, maestri di lingua spagnola e raccoglitori di proverbi spagnuoli in Italia, ibid., VII (1914), pp. 13-41; E. Toda y Güell, Bibliogr. espanyola d'Italia: dels origens de la imprenta fins a l'any 1900, II, Castell de Sant Miguel d'Escornalbou 1928, pp. 128-135; M. Menendez y Pelayo, Origenes de la novela, III, Santander 1943, pp. 100 ss.; A. Gallina, Contributi alla storia della lessicografia italo-spagnola dei secc. XVI e XVII, Firenze 1959, pp. 263-278.