EUSTOCHIO, Lorenzo
Di questo umanista si hanno pochissime notizie, tutte riguardanti il breve volgere di anni che va dal 1482 al 1488.
Probabilmente l'E. fu veneziano di famiglia secretarile e segretario ducale egli stesso. Il 6 genn. 1482 era a Roma, al seguito forse dell'ambasciatore veneziano Francesco Diedo; qui partecipò a quella grande cena (per la quale si veda Il Diario romano di Iacopo Gherardi da Volterra, a cura di E. Carusi, in Rerum Ital. Scriptores, 2 ediz., p. 86) che l'ambasciatore offrì ai letterati presenti in città.
In questa occasione declamò gli esametri di una sua Silva qua plurimi recentiores poetae laudantur, della quale è sopravvissuta solo la parte in lode dei Fasti del poeta ermetizzante Ludovico Lazzarelli, e il 18 aprile successivo partecipò alla celebrazione dell'anniversazio della morte del Platina organizzata dall'Accademia Romana nella chiesa di S. Maria Maggiore sull'Esquilino. Durante il banchetto seguito alla cerimonia recitò due sue lunghe composizioni in lode del defunto, raccolte poi, insieme con quelle di altri, in un volume a cura di Demetrio da Lucca (Pietro Demetrio Guazzelli), vecchio segretario del Platina (per la cerimonia si veda A. Della Torre, Paolo Marsi da Pescina, contributo alla storia dell'Accademia Pamponiana, Rocca San Casciano 1903, pp. 262-265, e Il Diario Romano..., p. 98).Negli anni 1482-84 deve avere seguito, sempre in funzione di segretario, uno degli eserciti al soldo dei Veneziani nelle sue operazioni in Lombardia (la "Lombardica expeditio" ricordata nella lettera a G. Crescenzi premessa al dialogo Studiosus). Certamente il 7 ag. 1484 egli fu, insieme col cancelliere fiorentino, l'umanista Filippo Redditi, uno dei notai che rogarono l'atto della pace di Bagnolo, alle trattative della quale.partecipò come negoziatore del re di Napoli anche Giovanni Pontano (ILibri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901, p. 285). Nel novembre del 1485 a Venezia, nelle sue funzioni di segretario ducale, autenticò una lettera del condottiero Roberto Sanseverino (ibid., p. 301) e, probabilmente nel 1487, seguì un magistrato della Repubblica in una missione in Dalmazia (si veda la citata lettera a G. Crescenzi). Il 19 ag. 1488 rogò nel palazzo ducale di Venezia il contratto di condotta tra la Repubblica e Giovanni Della Rovere (ibid., p. 315) e probabilmente in questo stesso anno venne pubblicato a Brescia il suo dialogo Studiosus. Più nulla si sa di lui dopo questa data.
Solo l'edizione bresciana dello Studiosus (Laurenti Eustochi Dialogus qui inscribitur Studiosus, Brixiae, A. et I. de' Britannici, dopo il marzo 1488) reca un po' di luce sulle conoscenze dell'E. e sugli ambienti letterari attorno ai quali egli gravitò sia a Venezia sia a Roma. Essa si apre con due lettere, una - del marzo 1488 - ai due giovani patrizi Marco Sanuto (cugino del diarista) e Nicolò Foscari, magistrati nel Polesine rodigino da poco veneziano, e l'altra a Gerolamo Crescenzi (forse un amico romano); segue il dialogo, al quale tengono dietro le due composizioni in morte del Platina (In funere Platinae elegia ed una esametrica Silva qua Platina translatus dicitur ab inferis in caelum), precedute da altre due lettere, una al collega Giangiacomo Micheli segretario del Consiglio dei dieci e l'altra ad Angelo Gabriel - l'amico di Aldo e del Bembo, allora giovane di circa diciotto anni - nella quale si ricordano i suoi soggiorni padovani e l'amicizia con alcuni membri dell'Accademia Romana: "Lippus Ethruscus" (il cieco Raffaele Lippo Brandolini), "Marsus" (Paolo Marsi da Pescina, che a Venezia aveva lungamente soggiornato), "Astraeus" (quell'Astreo perugino che era stato tra gli organizzatori delle celebrazioni in onore del defunto Platina, per il quale cfr. A. Della Torre, Paolo Marsi, cit., p. 247).
Lo Studiosus è un garbato dialogo tra l'E., un amico, il "miles" benevolo verso i letterati ed il "foenerator" cioè un mercante di libri difensore dell'usura: l'operetta è volta a mostrare che l'uomo di lettere è superiore a qualsiasi altro ma soprattutto più felìce. Il dialogo è, però, solo in un certo senso uno degli esempi della ricca letteratura della "disputa delle arti"; più precisamente in esso viene dapprima rintuzzata l'alterigia del "foenerator", che pretende di far passar l'usura per lecita cercando di mostrare che essa è una parte della mercatura; si viene poi alla descrizione ed alla esaltazione dello stato spirituale dell'uomo che per tutta la sua vita è andato applicandosi e meditando, dove, con accenti in qualche parte veramente commossi, si sottolinea come la lettura, più dell'esperienza personale, limitata a determinati spazi e tempi, possa far convergere su di noi le esperienze e le sensazioni di tutti i luoghi e di tutti i tempi, e come essa contragga i secoli e gli spazi in una mente sola, permettendo la salvezza, la fissazione e poi la connessione e la moltiplicazione della sapienza. Ma questo contrasto ci restituisce anche vividamente i toni del contrapporsi reciproco di due gruppi, non precisamente corrispondenti a due classi sociali: il dialogo è l'immagine di una certa élite -segretari, scrivani, grammatici, maestri di scuola, ecc. - spesso priva di un sicuro status sociale, che prende volentieri le difese, prima di esaltare la propria attività, di quei vecchi "mercatores" deprecanti la trasformazione sempre più frequente della mercatura in usura e che poi reagisce con passione al disprezzo che tutta una classe di "negotiatores" nutre per arti, quali le lettere, che non rendono ricchi i propri cultori e per uomini considerati del tutto inutili allo Stato.
Bibl.: Unici a ricordare l'E. sono i repertori di incunaboli: Indice gen. degli incunaboli delle Bibl. d'Italia, II, n. 3767, e Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VIII, col. 150. La memoria della sua partecipazione alla cena dell'ambasciatore Diedo è conservata dall'intestazione del frammento ExC. Laurentii Eustochii Silva qua plurimi recentiores poetae laudantur recitata Romae in Symposio domini Francisci Diedi oratoris Veneti ad Sixtum quartum pontificem maximum, contenuto nei codici dei Fasti di Lazzarelli, che sono principalmente il manoscritto 391 della Yale University (Catalogue of Medieval and Renaissance manuscripts in the Beinecke rare book and manuscript Library, Yale University, II, Binghamton 1987, pp. 258-261) ed il manoscritto 207 della Bibl. comunale di Sanseverino Marche (P. 0. Kristeller, Iter Italicum, II, p. 144). Le due composizioni in morte del Platina sono nell'incunabolo dello Studiosus ma anche, con quelle di altri, in tutte le edizioni delle opere del Platina.