LORENZO di Niccolò (Lorenzo di Niccolò Gerini)
Non è nota la data di nascita di L., che nel Trittico di s. Bartolomeo della Pinacoteca civica di San Gimignano, datato 1401, si firmò "de Florentia".
Il suo nome compare per la prima volta in una lettera del 13 genn. 1393 inviata al mercante Francesco Datini dal pittore Niccolò di Pietro Gerini, dalla quale si evince che L. lo aveva affiancato nell'esecuzione degli affreschi della cappella Migliorati in S. Francesco a Prato. Si ritiene che L. abbia compiuto la sua formazione nella bottega di questo affermato maestro fiorentino; e, se si accetta l'ipotesi che nel 1393 avesse terminato la fase di apprendistato, la sua data di nascita andrebbe collocata intorno al 1373 (Gealt, p. 2).
L. è stato a lungo creduto figlio di Gerini, ma nei registri fiorentini delle Prestanze, ovvero delle tasse, compare per la prima volta nel 1398 con il nome di Lorenzo di Niccolò di Martino. Non è noto l'anno di immatricolazione all'arte dei medici e degli speziali, poiché il suo nome è registrato in un volume che copre indistintamente gli anni dal 1386 al 1408; mentre solo al 1410 risale la sua iscrizione alla gilda di S. Luca (ibid., pp. 5-8).
I primi anni di attività di L. furono all'insegna della collaborazione con Gerini che nel corso di tutta la sua carriera risulta spesso associato ad altri pittori. In sette lettere scalate tra il marzo e il giugno 1395 e inviate dai due pittori a Datini viene menzionata una Croce dipinta che doveva essere eseguita sul modello di quella di Gerini in S. Croce a Firenze. Nel 1399 L. ricevette, insieme con Gerini e con Spinello Aretino, la commissione di un polittico con l'Incoronazione della Vergine e santi per S. Felicita a Firenze (oggi nella Galleria dell'Accademia: Milanesi, p. 70). È piuttosto strano che per una pala d'altare di dimensioni non eccezionali venissero coinvolti tre pittori diversi; ed è stato ipotizzato un disaccordo da parte della committenza che giustificherebbe anche i quattro anni trascorsi dalla stipula del contratto relativo alla cornice intagliata alla commissione del dipinto stesso. Nell'opera, datata 1401, la mano di L. è quasi completamente assente: Spinello dovette eseguire il pannello centrale e quello di destra, e Gerini quello di sinistra; a L. sono forse attribuibili solo alcune figure a mezzo busto di santi nella predella (Fahy, p. 377; Gealt, pp. 47-49).
Datata 1401 è anche la prima opera nota e interamente autografa dell'artista, il trittico con S. Bartolomeo in trono e Storie del santo (San Gimignano, Pinacoteca civica).
Accanto a quest'ultima la critica ha raggruppato una serie di dipinti, tra i quali l'unico datato è il trittico con Madonna con Bambino e i ss. Martino e Lorenzo del 1402 in S. Martino a Terenzano presso Firenze, per il cui pannello centrale l'artista si rifece a una Madonna col Bambino di Maso di Banco (Berlino, Gemäldegalerie). Alla stessa fase appartengono la tavola dipinta sui due lati con S. Gregorio e S. Fina e con storie dei due santi sempre nella Pinacoteca di San Gimignano, la Madonna dell'Umiltà della parrocchiale di Cedole, presso Pisa, e le due figure di S. Clemente e S. Lucia, frammenti di un polittico, ancora in S. Martino a Terenzano (Gealt, pp. 35-44). In questo gruppo piuttosto omogeneo di opere L. si rivela un fedele seguace della maniera di Gerini: le figure sono sempre delineate con forza, inserite in schemi rigidi, ripetuti in modo piuttosto meccanico. Lo stile del giovane L. è in definitiva piatto e impersonale; e i suoi dipinti hanno un carattere quasi iconico.
L'unica opera firmata e documentata di L. è il grande polittico con l'Incoronazione della Vergine e santi dipinto nel 1402 per l'altare maggiore di S. Marco a Firenze e donato da Cosimo e Lorenzo de' Medici alla chiesa di S. Domenico a Cortona nel 1440 per far posto a una nuova pala d'altare del Beato Angelico.
L. si rifece evidentemente alla precedente Incoronazione di S. Felicita; ma il modello spinelliano è vivificato da un talento coloristico che ha fatto accostare L. al Maestro della Madonna Strauss (Maetzke, p. 7). Sebbene sia vero, come notato da Fahy (p. 378), che l'inserimento di un quinto santo in entrambi i pannelli laterali diminuisca il carattere fortemente architettonico del precedente di S. Felicita, anche l'Incoronazione del 1402 rimane un'opera concepita nella tradizione di quella tettonica tipica di Andrea di Cione detto l'Orcagna che solo Lorenzo Monaco avrebbe definitivamente scardinato (Gealt, p. 25). Nel polittico di Cortona tutto appare perfettamente ordinato ed equilibrato: l'artista ha cercato di calibrare la sua composizione in modo tale che nessun elemento dominasse sugli altri.
Tra il 22 ott. 1403 e il 16 apr. 1404 L. e Gerini ricevettero 83 fiorini per lavori al monastero di S. Verdiana a Firenze; i pagamenti ai due artisti proseguirono poi separatamente fino al 7 febbr. 1405 e L. ricevette altri 31 fiorini.
Datato 1404 è il polittico con Madonna in trono col Bambino e quattro santi della collezione Cini (Venezia, palazzo Cini a S. Vio) a lungo attribuito a Spinello Aretino, ma oggi concordemente assegnato a Lorenzo (Dipinti toscani().
Nella completa assenza di un'opera firmata o documentata, la ricostruzione dell'attività di L. successiva al polittico di Cortona è assai problematica.
Il trittico con Madonna con Bambino e santi di S. Leonardo in Arcetri, presso Firenze, sembrerebbe databile ai primissimi anni del Quattrocento, poiché la figura di s. Lorenzo è praticamente identica a quella del polittico di Cortona. Allo stesso momento potrebbe appartenere anche la Croce di S. Domenico a Prato che Cole, attribuendola per primo a L., aveva ipoteticamente ricollegato a quella menzionata nelle lettere del 1395 spedite a Datini (Gealt, pp. 59-65).
Una terza Incoronazione della Vergine segna l'ultima fase dell'attività di L.: si tratta del polittico della cappella Medici in S. Croce a Firenze, la cui data, ormai quasi indecifrabile, è stata in passato letta come 1408, 1410 e persino 1420 (Gealt, pp. 70, 115). Generalmente è accettato il riferimento al 1410. Qui L. sembra essersi finalmente emancipato dal linguaggio gerinesco: benché lo schema compositivo rimanga sempre piuttosto tradizionale, nei pannelli laterali le figure, invece di assieparsi e incastrarsi quasi l'una nell'altra come nei due precedenti polittici, sono collocate in uno spazio credibile, misurabile. Anche le proporzioni snelle e i panneggi morbidi dei santi devono forse essere letti in relazione alle opere contemporanee di Lorenzo Monaco.
L'ultima opera datata concordemente attribuita a L. è il trittico del 1412 con Madonna con Bambino e santi di S. Lorenzo a Collina appena fuori dall'abitato di Mezzomonte, presso Firenze. Nello stesso anno il nome di L. compare per l'ultima volta nei registri delle Prestanze, ed è lecito supporre che il pittore morisse proprio intorno a quegli anni.
L. ebbe una carriera piuttosto breve, compresa in un arco di quindici anni circa. Come Gerini, lavorò sempre per una clientela di provincia, affezionata alla tradizione orcagnesca: molte delle sue opere si trovano quindi in contesti defilati, spesso nei dintorni di Firenze. Dalle sue Prestanze, infatti, sembrerebbe che non fosse affatto ricco (Gealt, p. 10).
Non è ancora facile dare un giudizio equilibrato sulla figura di L., a cui, soprattutto nel terzo e quarto decennio del secolo, sono state attribuite moltissime opere da restituire a mani diverse. Già Fahy (p. 376) aveva espunto dal ricco catalogo stilato da Berenson un nutrito gruppo di dipinti; in seguito questa tendenza ha raggiunto il culmine con il lavoro di A.M.M. Gealt, che ha compilato una lista di oltre sessanta attribuzioni rifiutate, definendo un catalogo che non arriva a contare quindici numeri. Anche un'opera come il S. Antonio Abate con angeli e donatori del Museum of art di Providence (Rhode Island), generalmente accolta nel corpus di L. (Fahy, p. 380; Richards), è stata espunta dal catalogo ed è oggi assegnata a Spinello Aretino (Weppelmann, p. 161). Da questa soglia minima occorrerà ripartire per una migliore definizione della figura di Lorenzo.
Sebbene siano state a volte sottolineate le differenze dello stile di L. rispetto a quello ancora più robusto e solido del suo maestro (Fahy, pp. 380 s.), sia Gealt sia Tartuferi hanno in seguito ridimensionato l'adesione di L. a quell'aggiornamento della cultura pittorica del primo decennio del Quattrocento che preludeva alla piena affermazione del tardogotico, ribadendo la sostanziale fedeltà dell'artista alla sua formazione gerinesca. Se, inoltre, gran parte della critica ha sottolineato il debito del L. più maturo verso Spinello Aretino, anche in considerazione del contratto del 1399 per l'Incoronazione di S. Felicita, Gealt, in opere come la Croce di S. Domenico a Prato, ha rilevato piuttosto l'influenza di Agnolo Gaddi (pp. 52, 65).
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