LORENZO di Credi
Pittore, orafo e scultore, nato in Firenze nel 1436 o nel 1459-60, morto ivi il 12 gennaio 1537. La sua educazione di orafo risulta soltanto dalla notizia che ne dà il Vasari in un racconto che i documenti per tanti altri particolari hanno dimostrato erroneo ma che è molto verosimile, considerando, oltre gli usi del tempo, che il nonno paterno, Oderigo di Andrea di Credi, esercitò l'oreficeria; della sua pratica di scultore fa fede con il Vasari, il testamento di Andrea Verrocchio, che lo designò per terminare il monumento equestre di Bartolomeo Colleoni. Ma di lui non si conoscono che pitture, le quali dimostrano che la sua educazione artistica, come riferiscono i biografi, si compì nella bottega del Verrocchio, accanto a Leonardo e al Perugino, e soltanto per ipotesi si può ammettere che egli abbia lavorato alla tomba del Forteguerri nella cattedrale di Pistoia, di cui nel British Museum esiste il disegno di un angelo di mano sua. Sono pochissime le date che si riferiscono all'attività di L. pittore. Nel 1480 egli riceveva un salario annuale di dodici fiorini come aiuto del Verrocchio, nella cui bottega appare presente ancora nel 1486. Il suo autoritratto nella collezione Widener in Filadelfia reca la data 1488 (ma l'iscrizione è tarda) e non prima del 1503 eseguì per la cappella di Bernardo di Giovanni Jacopi (già Mascalzoni), nella chiesa di Cestello, la Madonna fra S. Giuliano e S. Nicola, emigrata nel 1812 nel Louvre. Sotto il 1510 il memoriale dell'Albertini ricorda il S. Bartolomeo in Orsanmichele e l'Adorazione dei pastori, passata agli Uffizî dalla chiesa di S. Chiara, e nello stesso anno gli fu pagata la Madonna e quattro santi ancora esistente nella chiesa di S. Maria delle Grazie in Pistoia. L'ultima opera datata è il S. Michele nella sagrestia del duomo di Firenze, del 1523. Un cospicuo numero di documenti prova che L. godette di grande estimazione perché ce lo mostra frequentemente interrogato per giudizî e stime; fra l'altro nel 1491 partecipò all'esame del progetto per la facciata di S. Maria del Fiore, nel 1498 fu richiesta la sua opinione sulla cupola e nel 1504 diede parere sulla collocazione del David di Michelangelo. Il Vasari ci informa che, divenuto fervente seguace del Savonarola, L. di C. nell'incendio delle vanità del 1497 bruciò tutti i suoi quadri di soggetto profano, dei quali sono pervenuti a noi soltanto alcuni ritratti e la Venere nuda degli Uffizî.
L. di Credi non è un pittore di alta fantasia. Spirito religioso, non concepisce la religione come dramma spirituale, ma come elevazione verso la bellezza. Il suo stile è la sua semplice e facile vita. Le sue rappresentazioni quiete e un po' monotone, in cui è diffuso un riposante senso di calma, non suscitano nessuna ansiosa interrogazione. Chi le contempla entra senza fatica nel mistero del suo lavoro, perché L. sa istintivamente che l'opera migliore è l'opera più chiara e la più semplice. Egli perciò non si cura neppure di dare una grande varietà ai suoi soggetti, anzi sovente li ripete, con pochissime varianti, come fece con l'Assunzione di Maria Egiziaca (dipinti della galleria capitolare di Esztergom e della collezione Johnson di Filadelfia, quest'ultimo opera di bottega), con l'Apparizione di Gesù alla Maddalena (esemplari degli Uffizî - opera in parte di bottega - e del Louvre) e con l'Adorazione del Bambino (tondi del museo di Karlsruhe, del Metropolitan museum di New York - suo solo in parte -, della collezione Casati-Stampa in Milano; tavole rettangolari della National Gallery e del KaiserFriedrich- Museum). Nei tondi citati e in quello della Galleria Borghese di Roma, rappresentante la Madonna col Bambino e San Giovannino, dove la influenza del Putto della fontanina di Palazzo Vecchio è visibilissima nel modellato dei due fanciulli, L. si preoccupò di dare alla scena un valore di composizione, di disporla cioè secondo un valore di ritmo, come avrebbe fatto un medaglista, e vi riuscì mirabilmente, sia formando un armonico gruppo triangolare, una piramide inscritta in un cerchio (tondo della Galleria Borghese) secondo uno schema che era familiare nella bottega del Verrocchio, sia creando un accordo costituito dalla convergenza di due ideali curve formate dalla disposizione dei due putti e dall'atteggiamento della Vergine che s'inchina adorando.
Alta potenza espressiva L. raggiunse talvolta nei ritratti, ravvivati con paesaggi di una delicata trasparenza, la cui uniformità si anima e si arricchisce di elementi nuovi nel bellissimo busto muliebre della galleria Liechtenstein di Vienna, nel quale la rappresentazione paesistica assurge a valore lirico e la massa cupa della vegetazione, che attutisce i riflessi della luce sull'acqua immobile, sembra l'accompagnamento elegiaco all'apparizione della pallida e malinconica testa profilata contro un cielo crepuscolare.
Alla figura di L. ha nociuto l'inclusione nel catalogo delle sue opere di molti lavori di scolari e d'imitatori, la cui identificazione è stata più volte tentata con scarso successo.
Fra le opere certe del maestro, oltre quelle citate, ricordiamo: Berlino, Kaiser-Friedrich-Museum: Maria egiziaca, Boston, museo Gardner: busto di un ragazzo (opera giovanile); Dresda, Madonna e S. Giovannino; Madonna, S. Sebastiano e S. Giovanni Evangelista; Firenze, Uffizî: ritratto di Andrea Verrocchio; due rappresentazioni dell'Annunciazione, di cui una (n. 1597) giovanile; Forlì, Galleria: ritratto muliebre; Londra, National Gallery: Madonna; Torino, R. Galleria: Madonna (n. 115), ecc.
V. tavv. CXXIII e CXXIV.
Bibl.: G. Gronau, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, VIII, Lipsia 1913, s. v. (con bibl.); W. Schmidt, L. d. C., in Zeitschrift für bild. Kunst, 1893, p. 139; A. Colasanti, Dipinti inediti di L. di C., in Boll. d'arte, 1922, p. 193; A. Chiappelli, Il Verrocchio e L. d. C. a Pistoia, in Boll. d'arte, 1925-26, p. 49; B. Degenhart, A Madonna by L. d. C., in The Burlington Magazine, 1931, p. 45; A. Pellegrini, Di alcune opere poco note di L. di C., in L'Arte, XXIX (1926), p. 185; B. Degenhart, Die Schüler des L. d. C., in Münchner Jahrb. der bild. Kunst, 1932, p. 94 segg.; id., Di alcuni problemi di sviluppo della pittura nella bottega del Verrocchio, di Leonardo e di L. d. C., in Riv. d'arte, 1932, p. 403 segg.; B. Berenson, Verrocchio, Leonardo e L. d. C., in Boll. d'Arte, 1933, p. 193 segg.