MEDICI, Lorenzo
de’. – Nacque a Firenze il 1° ag. 1599, quinto figlio maschio del granduca Ferdinando I e di Cristina di Lorena. Dopo un primo battesimo impartito privatamente, fu battezzato solennemente il 5 ott. 1600.
Dopo aver compiuto i primi studi con i fratelli, nell’ottobre 1617 la madre volle che anch’egli, così come il primogenito Cosimo, fosse formato nelle scienze matematiche da Galileo Galilei. Pochi mesi dopo Galilei fu sostituito dal suo allievo Benedetto Castelli, che fu insegnante del M. per tutto il 1618, con soddisfazione del giovane principe e della corte granducale, come testimoniano le lettere del matematico a Galileo (Ediz. naz. delle opere di G. Galilei, p. 373). L’educazione del M. contemplava inoltre svariate attività fisiche, a favore delle quali si era espresso anche G. Mercuriale, come l’equitazione, il ballo, la scherma, la pillotta e la caccia, passione, quest’ultima, che il M. coltivò per tutta la vita.
Alla morte di Ferdinando I, il 3 febbr. 1609, secondo le volontà testamentarie del padre disposte nella donazione del 10 ott. 1606, il M. entrò in possesso di un cospicuo patrimonio, che comprendeva le ville della Petraia e della Topaia, le Cascine di Firenze, le ville del Trebbio e di Montevettolini, varie proprietà nel Mugello, a Pontassieve e a Scarperia, possedimenti nel Pisano e nel Livornese. Il consistente appannaggio concesso dal granduca ai figli cadetti garantiva loro una posizione economica indipendente all’interno della corte e offriva anche la possibilità di un matrimonio di prestigio quale strumento per creare una discendenza legittima parallela al ramo regnante. Tra il 1617 e il 1628 il M. fu effettivamente al centro di trattative matrimoniali, inizialmente per il matrimonio con una principessa del Ducato della Mirandola e poi, dal 1624, con la giovane Anna Carafa, erede del principato di Stigliano nel Regno di Napoli, nonché, per via materna, del Ducato di Sabbioneta. I negoziati non furono conclusi anche a causa dell’intervento di più influenti pretendenti, tra i quali il nipote dello stesso M., Giovan Carlo de’ Medici.
Il M. fu molto legato al fratello, il granduca Cosimo II, con il quale condivise numerosi impegni di rappresentanza, cui Cosimo, spesso malato, non poteva presenziare. Ma è soprattutto dal 1621, anno in cui morirono nello spazio di pochi mesi Cosimo II, il cugino Antonio e lo zio Giovanni, figlio naturale di Cosimo I ed Eleonora degli Albizzi, che il M., unico rappresentante maschile adulto della corte, fu chiamato a svolgere un ruolo politico più attivo al fianco delle due reggenti, Cristina di Lorena e Maria Maddalena d’Austria, essendo il cardinale Carlo, suo fratello, spesso assente da Firenze. In questa azione di governo si collocano le missioni ufficiali che svolse soprattutto negli anni Venti e le relazioni che intrattenne con le corti più importanti.
Pur assolvendo a questi obblighi dovuti al suo rango, fin da giovane il M. dimostrò una forte inclinazione ai passatempi sportivi, trascurando la carriera militare, alla quale la madre aveva inutilmente tentato di avviarlo. Per quanto insignito, infatti, della carica di generalissimo delle Armi di Toscana e di gran contestabile dell’Ordine di S. Stefano, attribuitogli per il triennio 1641-44, il M. non partecipò mai a imprese militari. I suoi interessi vertevano altrove: abile giostratore, partecipò con successo alle numerose giostre che si tenevano per diletto della corte, amava il gioco del calcio, che praticò con assiduità, seguiva con interesse le corse dei cani e dei cavalli, sui quali scommetteva grosse somme. Anche il teatro e la musica attrassero fortemente il M., che condivise tali interessi non solo con i fratelli, ma anche con altri cadetti della famiglia Medici, come Antonio e Giovanni.
Alla morte dello zio Giovanni il 19 luglio 1621, il M. entrò in possesso della sua eredità dal momento che il figlio di Giovanni e di Livia Vernazza, Giovan Francesco Maria, per intervento delle reggenti fu dichiarato illegittimo e di conseguenza escluso dai beni paterni. Fra questi figurava il palazzo in via del Parione, dove il M. si trasferì, continuando a ospitare le riunioni dell’Accademia degli Incostanti, un gruppo di giovani fiorentini già da tempo apprezzati per le loro commedie all’improvviso. Dal 1644 accolse poi le sedute della compagnia dei Concordi, da cui prenderà vita, qualche anno più tardi, la compagnia degli Immobili.
Amante dei piaceri della tavola, soffrì fin da giovane di una salute malferma. Nonostante ciò il M. compì numerosi viaggi d’istruzione e diplomatici che lo portarono a visitare l’Italia centrale e settentrionale, la Germania, la Lorena. Nel 1617 accompagnò a Mantova la sorella Caterina, che andava sposa al duca Ferdinando Gonzaga. Nel 1619 visitò in forma privata Urbino, Mantova, Venezia, Modena, Parma e Genova: di questo suo primo viaggio in incognito sono note le istruzioni sulla condotta da osservare nelle diverse occasioni e in particolare sulla necessità di non farsi riconoscere né di ricevere pubblica accoglienza (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5167 cc. 2r-7r). In quell’occasione lo accompagnò il segretario Scipione Ammirato il Giovane, con il compito di tenere informati i granduchi sulla salute e la condotta del giovane principe. Ammirato dedicò al M. la raccolta di Poesie spirituali scritte dal padre adottivo Scipione (Venezia 1634). Nell’ottobre 1621 il M. si recò in pellegrinaggio a Loreto; lungo il viaggio sostò ad Arezzo e Cortona, Perugia, Foligno, Macerata, Ancona e a Pesaro, dove fece visita alla sorella Claudia, consorte del duca Federico Ubaldo Della Rovere, e si trattenne fino a novembre, partecipando a numerose battute di caccia.
Nel luglio 1623 fu inviato dalle reggenti a Urbino insieme con il conte Orso Pannocchieschi d’Elci, il segretario Andrea Cioli e G. Boni per trattare la delicata questione del ritorno in patria di Claudia, rimasta vedova il 29 giugno 1623, e della figlia Vittoria. Doveva anche convincere Francesco Maria II Della Rovere, tornato a governare il Ducato dopo la morte del figlio, a concedere i beni spettanti alla nipote, reclamati dallo Stato della Chiesa. A questo scopo nel dicembre fu a Roma privatamente, su incarico della madre e della cognata, per guadagnare la benevolenza del nuovo papa Urbano VIII in ordine alla risoluzione della questione di Urbino. Nella primavera del 1626 condusse Claudia a Innsbruck in occasione delle sue nozze con l’arciduca d’Austria Tirolo Leopoldo V d’Asburgo. Da qui decise «in luogo di tornarsene a Firenze di andare un poco a spasso» (Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie I, 22, c. 289r) e così, dopo avere considerato di unirsi all’esercito imperiale del generale Johan Tserclaes conte di Tilly, che combatteva in Boemia contro i protestanti, si diresse a Monaco, dove gli fu sconsigliato di proseguire. Decise allora di recarsi a Nancy, dove sostò fino a settembre ospite della corte dei Lorena. Nelle frequenti lettere che inviò al granduca Ferdinando II descrisse la bellezza e l’operosità delle città visitate – Costanza, Augusta, Norimberga, Ratisbona – che, a suo giudizio, non potevano reggere il confronto con Firenze. Da Nancy, informato dei successi imperiali, si diresse, per brevi tappe, a Basilea, Heidelberg e Francoforte; giunse infine a Wolfspurg, dove era accampata l’armata di Tilly. Il diffondersi della peste in quei territori e l’approssimarsi dell’inverno lo spinsero a rientrare a Firenze nel mese di dicembre. Nel luglio 1635 si concesse infine un soggiorno a Venezia in compagnia di alcuni amici.
Sulla scia del fratello Carlo e dei nipoti Ferdinando II e Leopoldo, il M. coltivò la passione per il collezionismo. Nella villa della Petraia, da lui ampiamente ristrutturata e abbellita grazie all’intervento dell’architetto Giulio Parigi, raccolse, tra il 1630 e il 1640, un consistente numero di opere artistiche, che in parte si conservano ancora oggi nei musei fiorentini.
Ai dipinti di rappresentanza, distribuiti perlopiù negli ambienti al pianterreno, si aggiungevano esemplari di dimensioni minori, come i ritratti di artisti del giovanissimo Carlo Dolci, mentre rari furono i bronzi e le sculture tra cui un Cavallino di bronzo del Giambologna (Jean Boulogne) e un Gladiatore di Francesco Susini (Ibid., Guardaroba Medicea, 628, cc. 8r, 10v). Al momento della sua acquisizione, nel salone della villa già figurava un pezzo eccezionale, «una testa di marmo sino a mezzo busto di Bruto, con suo peduccio simile, di mano di Michelagnolo Bonaroti non fornita» (ibid., 290, c. 59r) che, alla morte del M., Ferdinando II si fece immediatamente portare a palazzo Pitti (oggi è conservata nel Museo del Bargello). Al giovane Baldassarre Franceschini, detto il Volterrano, il M. commissionò la magnifica decorazione del cortile della Petraia (1636-46), con il ciclo di affreschi dei Fasti medicei, suggeritogli dai gentiluomini della sua corte Ludovico Incontri e Pier Francesco Rinuccini. Sempre al Volterrano commissionò l’affresco La Vigilanza e il Sonno, nella volta di uno dei saloni della villa di Castello. Tra gli artisti che il M. apprezzò maggiormente erano Baccio Del Bianco e Stefano Della Bella, del quale intuì con notevole sensibilità artistica le potenzialità pittoriche e di cui possedeva cinque dipinti giovanili, tra i quali l’Incendio di Troia, oggi agli Uffizi. Altri artisti fiorentini dei quali collezionò le opere furono Domenico e Valore Casini, che per il M. eseguirono nove ritratti medicei destinati al monastero della Crocetta, Francesco Furini, Cesare Dandini, al suo servizio per quasi dodici anni, suo fratello Vincenzo, Leonardo Ferroni, Orazio Fidani, Giovanna Garzoni alla quale commissionò alcune nature morte, e infine il più noto Giovanni Mannozzi detto Giovanni da San Giovanni, che per il M. dipinse nel 1634 nove «quadri tondi a fresco su le paniere» (stuoie di giunco) con «storiette» mitologiche e bibliche, soprannominati Capricci (Collezionismo mediceo e storia artistica, p. 111; La quadreria, p. 49). Rare sono invece le opere di pittori non fiorentini; fra tutte spicca il Bagno di Diana di Artemisia Gentileschi, appartenuto in precedenza a Cosimo II, oggi scomparso. Tra i pittori stranieri figurano alcuni importanti fiamminghi: Justus Susterman, che eseguì alcuni ritratti del principe e una rara natura morta con uccelli acquatici, il misterioso «Monsù Montagna» (identificato con Rinaldo della Montagna, cfr. Borea, La quadreria, pp. 142 s.), Pieter Paul Rubens, con un quadro raffigurante un Giovane che suona la traversa, disperso, Antoon Van Dyck, artefice di un ritratto del M. nel 1622 (ibid., pp. 106 s.). Alcune di queste opere furono acquistate dal M. durante il soggiorno a Roma nel 1623 o nei suoi viaggi all’estero; in Germania, per esempio, comprò numerose stampe di Albrecht Dürer che fece copiare da Cesare Dandini. Già nel 1617 il M. aveva ricevuto in dono alcune stampe dall’incisore lorenese Jacques Callot, i celebri Capricci, ispirati all’intensa attività teatrale fiorentina di quegli anni.
Gli ultimi anni furono caratterizzati da una salute sempre più precaria, a causa dei frequenti attacchi di gotta e artrite.
Il M. morì il 15 nov. 1648 a palazzo Pitti e fu sepolto in S. Lorenzo. Nel testamento nominò erede universale il nipote Ferdinando II, lasciando al suo giudizio la concessione di doni a tutti i più stretti parenti, senza dimenticare i cortigiani e i servitori, le elemosine per i poveri e le messe a suffragio per la sua anima.
Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore, Registri battesimali, reg. 23, c. 93; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5163 (lettere al M., 1615-48); 5166 (lettere al M., 1621-48); 5164-5165 (lettere al M.); 6357a (scritture concernenti negoziati matrimoniali, 1617-24); 6377 (viaggio a Loreto); 5167, cc. 2r-14v (istruzioni per i viaggi), 145r-259v (negoziato di Stigliano), 260r-656r (notizie sul patrimonio, 1649); 5168 (registri di mandati, ordini e pagamenti); 5171-5177 (diversi); 5169-5170 (diversi con minute); 6108, cc. 182r, 200r, 593r, 594r, 665r, 731r, 761, 763, 808r, 818v; (notizie sull’infanzia del M.); Miscellanea Medicea, 11: C. Tinghi, Diario terzo di Sua Altezza Serenissima (novembre 1623 - luglio 1644); 385, ins. 2, cc. 123-216 (eredità del M.); 580, cc. 475r-478v, 556v-558r, 559r-597r (lascito di Ferdinando I al M. e suo patrimonio); Guardaroba Medicea, 628 (inventario della villa Petraia, 1649; ed. in La quadreria, pp. 97-137) Possessioni, 565 (inventario del palazzo del Parione, 1640); Carte Strozziane, Serie I, 22, cc. 176-190 (viaggio a Innsbruck), cc. 191-218 (diario del viaggio in Germania scritto da S. Ammirato il Giovane), 219-228 (minute del M. a diversi principi), 238-244 (entrate dei beni del M., 1608-23); Firenze, Biblioteca nazionale, G. Capponi, 261: C. Tinghi, Diario di S.A.S.; in particolare cc. 3, 61v, 90r, 93v, 131v, 157v, 159r, 186r, 187v, 188r, 221v (luglio 1600 - novembre 1623); F. Redi, Lettere, Firenze 1825, pp. XXXVII, 242-256; Relazioni inedite di ambasciatori lucchesi, a cura di A. Pellegrini, Lucca 1901, p. 141; Ediz. nazionale delle opere di G. Galilei, XII, Firenze 1902, pp. 350, 372 s.; F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno, IV, Firenze 1846, pp. 123, 217 s., 373 s., 411, 555 s., 606, 613; V, ibid. 1847, pp. 32, 146-157, 160; M. Winner, Volterranos Fresken in der Villa della Petraia. Ein Beitrag zu gemalten Zyklen der Medicigeschichte, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, X (1963), pp. 219, 252; F. Chiostri, La Petraja: villa e giardino. Settecento anni di storia, Firenze 1972, pp. 27-36; La quadreria di don L. de’ M. (catal.), a cura di E. Borea, Firenze 1977, ad ind.; K. Langedijk, The portraits of the Medici, II, Firenze 1983, pp. 1122-1128; G. Pieraccini, La stirpe de’ Medici di Cafaggiolo, Firenze 1986, II, pp. 387-409; C. Acidini Luchinat - G. Galletti, Le ville e i giardini di Castello e Petraia a Firenze, Ospedaletto 1992, pp. 58, 165, 169, 204, 210 s., 214 s., 217 n., 232, 254 s.; Il giardino del granduca. Natura morta nelle collezioni medicee, a cura di M. Chiarini, Torino 1998, ad ind.; I. Pagliai, Luci ed ombre di un personaggio: le lettere di Cristina di Lorena sul «negozio» di Urbino, in Per lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia, secoli XV-XVII, a cura di G. Zarri, Roma 1999, pp. 448-454; G.V. Parigino, Il tesoro del principe. Funzione pubblica e privata del patrimonio della famiglia Medici nel Cinquecento, Firenze 1999, pp. 176-178, 180 s., 201, 204; R.Piccinelli, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Firenze e Mantova (1554-1626), Cinisello Balsamo 2000, pp. 299, 310, 317, 331; C. Sodini, L’Ercole Tirreno. Guerra e dinastia medicea nella prima metà del ’600, Firenze 2001, ad ind.; Teatro e spettacolo nella Firenze dei Medici. Modelli dei luoghi teatrali (catal.), a cura di E. Garbero Zorzi - M. Sperenzi, Firenze 2001, pp. 85 s.; Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, a cura di S. Bertelli - R. Pasta, Firenze 2003, ad ind.; L. Goldenberg Stoppato, Per Domenico e Valore Casini, ritrattisti fiorentini, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLVIII (2004), pp. 165-209 (in particolare pp. 168, 177, 179); Collezionismo mediceo e storia artistica, a cura di P. Barocchi - G. Gaeta Bertelà, II, 1, Il cardinale Carlo Maria, Maddalena, don L., Ferdinando II, Vittoria Della Rovere 1621-1666, Firenze 2005, ad ind.; M.P. Paoli, Di madre in figlio: per una storia dell’educazione alla corte dei Medici, in Annali di storia di Firenze, III (2008), pp. 90-94.
E. Stumpo