Medici, Lorenzo de'
Nel 1476 il Magnifico (Firenze 1449 - ivi 1492), per farne dono a Federico d'Aragona, curò la raccolta, in un unico compendio, delle antiche rime volgari, che prese appunto il nome di Raccolta Aragonese. Anche se strutturalmente la Raccolta non differisce in maniera rilevante da quelle similari compilate nel Trecento, se ne distacca però per le intenzioni filologiche e critiche che manifesta nella stessa successione degli autori. L'aver posto in apertura la Vita Nuova, le canzoni e i componimenti poetici minori di D., e a più onorarlo l'elogio che di lui stese il Boccaccio, mostra subito l'intenzione di procedere non tanto cronologicamente, ma per scala gerarchica di valori. Il codice originale è oggi perduto, ma si tramanda in copie numerose, le cui parentele sono state definite dal Barbi. I manoscritti meno lacunosi sono il Palatino 204 della bibl. Naz. di Firenze, il Laurenziano XC inf. 37, l'Italiano 554 della bibl. Naz. di Parigi.
La passione che L. pose nello studio di D. è testimoniata, oltre che dall'occasionale Raccolta Aragonese, anche dal Comento, condotto in una prosa schiettamente italiana, che nelle intenzioni di L. voleva certo essere degna celebrazione del volgare. Foggiato sul modello della Vita Nuova e del Convivio, il Comento, come ben a ragione afferma il Fubini, manca però di una concreta esperienza spirituale e artistica.
Il proposito, costantemente presente in L., di seguire la traccia delle due opere dantesche rifacendosi a una proposizione universale anche per le più ovvie dimostrazioni, lo rende pesantemente pedissequo. Mancava a L. quell'interiorità spirituale su cui si basava il mondo poetico di D.; ciò che nel sommo poeta era spontanea rivelazione di una precisa struttura mentale diventa in lui fredda sottilizzazione.
Ciò però non toglie che in questo fallito tentativo d'imitazione si riveli tutta la convinta ammirazione per D., nei cui sonetti e canzoni L. vede " tanta gravità, sottilità e ornato, che quasi non hanno comparazione in prosa e orazione soluta ", e nella Commedia " molte cose teologiche e naturali essere con gran destrezza e facilità espresse ". Quanto poi allo stile dantesco, L. stima che in esso siano riunite " quelle tre generazioni di stili che sono dagli oratori laudate, cioè umile, mediocre e alto; e in effetto, in uno solo, Dante à assai perfettamente assoluto quello che in diversi autori, così greci come latini, si truova ". Quel che D. ha trattato nell'opera sua, L. ritiene altamente utile, come ritiene " necessario per li gravi e importanti effetti che li versi suoi sieno letti ".
Bibl. - M. Barbi, Studi sul canzoniere di D., Firenze 1915, 220-225; R. Spongano, Un capitolo di storia della nostra prosa d'arte (La prosa letteraria del '400), ibid. 1941; M. Fubini, Nota sulla prosa di Lorenzo il Magnifico, in Studi sulla letteratura del Rinascimento, ibid. 1947, 126-137; M. Santoro, Poliziano e il Magnifico, in " Giorn. Ital. Filologia " I (1948) 139-149; E. Cecchi, Lorenzo il Magnifico, in " Belfagor " IV (1949) 638-639.