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COZZA, Lorenzo

di Luisa Bertoni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)
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COZZA, Lorenzo (al secolo Simone)

Luisa Bertoni

Nacque a San Lorenzo Vecchio (Bolsena, in provincia di Viterbo) il 31 marzo del 1654 e venne battezzato con il nome di Simone; il padre, Lorenzo, apparteneva a famiglia di origine parmense; la madre, Ludovica Valeri, a famiglia patrizia di Bolsena. La famiglia fu ascritta, al momento dell'elevazione al cardinalato del C., al patriziato di Montefiascone ed ebbe il titolo comitale nel 1729. Compiuti i primi studi a Bolsena, nel 1668 risolse di entrare tra i frati minori compiendo il noviziato nel convento della SS. Trinità presso Orvieto, dove il 17 genn. 1669 prese l'abito assumendo il nome di Lorenzo. Terminato l'anno di noviziato professò i voti l'8 apr. 1670, e passò nel convento di S. Maria della Consolazione a Caprarola, dove si dedicò allo studio della filosofia. Negli anni 1672-74 lo troviamo nel convento dell'Aracoeli di Roma, dove pose le basi della sua vasta cultura teologico-patristica. Dal 1676 al 1679 insegnò filosofia nel convento di S. Diego a Napoli dove nel 1677 prese i voti; insegnò in seguito teologia prima a Viterbo poi al convento dell'Aracoeli a Roma (1685). Intorno al 1688 scrisse tre trattati teologici rimasti manoscritti nella Bibl. Vaticana: il De Ecclesia (Vat. lat. 8788); il De primatu Petri (Vat. lat. 8809) e un terzo che trattava delle controversie della fede (Vat. lat. 8797). La solida preparazione culturale e le doti intellettive e di carattere di cui ben presto dette prova favorirono la rapida carriera del C. in seno all'Ordine. Nel 1691 fu creato guardiano del convento del Paradiso a Viterbo e nel 1695 definitore provinciale nonché visitatore generale delle province di Dalmazia e di Bosnia, entrambe in difficoltà per contrasti sia interni dell'Ordine sia politici, e di San Ladislao in Croazia, che si trovava sotto il dominio dell'Impero.

Nel turbine della guerra di Vienna (1683-1699) la già labile struttura del vicariato apostolico delle province slave crollò. Fedeli e clero erano dispersi, sconvolti da guerre e ribellioni. Inoltre all'interno della Chiesa esisteva un forte antagonismo tra gerarchia e francescani. Quando, per sminuire il potere dei francescani, vennero introdotte nella provincia delle piccole parrocchie con clero secolare, i francescani reagirono richiamandosi alle loro tradizioni secolari. È in questo clima che si svolse la visita del C. in quelle regioni.

Visitati i conventi della provincia dalmata, radunò il capitolo sull'isola di Arbe, e risolse con coraggio e rapidità i problemi dei francescani nella provincia. Per quanto poi concerneva la Croazia, malgrado le difficoltà e l'interdetto imperiale ad operarvi in quanto non era suddito dell'Impero, il C. indisse il capitolo a Visovaz, isola abitata soltanto da francescani, e riuscì a ristabilire l'armonia nella provincia.

Nell'ottobre del 1696 era di nuovo a Roma, dove il generale gli espresse la soddisfazione per il suo operato. Tra la fine del 1697 e l'inizio del 1698 visitò la provincia di Milano, quindi, nell'imminenza dell'anno santo e grazie alle sue qualità di buon amministratore, divenne guardiano dell'Aracoeli.

Scrive il C. nella sua autobiografia: "Principiò quel governo con risecare alcune spese superflue che si facevano non per il comune, ma per i soli Padri primari, ciò che spiacque ai medesimi, e principiarono a pentirsi di averlo promosso a quella carica. Ma come per altro era inappuntabile quanto nella prima quanto nella seconda Congregazione lo confermarono".In questo stesso periodo il C. svolse una vasta attività come predicatore e compose la prima opera destinata al pubblico, Vindiciae Areopagiticae, che vide la luce a Roma nel 1702. Il 14 genn. 1704 il capitolo dell'Aracoeli lo elesse provinciale; durante il suo governo (1704-1707) promulgò gli statuti relativi al ritiro spirituale. Dopo esser stato visitatore della provincia di Genova nel 1707, dal giugno dello stesso anno al settembre del 1708 soggiornò a Lucerna presso il card. Vincenzo Bichi, di cui era stato maestro; qui scrisse la traccia del De ieiunio ecclesiastico, pubblicato poi a Roma nel 1724, e la continuazione del Commentarii historico-dogmatici in librum s. Augustini de haeresibus, che fu edito a Roma nel 1717. Nel 1709 vide la luce a Roma la prima edizione dei Dubia selecta emergentia circa sollecitationem in confessione, che furono editi successivamente a Roma nel 1713, a Lovanio nel 1750 e di nuovo a Roma nel 1765. La personalità del C. continuava così ad affermarsi sia nel campo erudito-dogmatico, sia sul piano gerarchico in seno al suo Ordine. Sotto il pontificato di Clemente XI fu consultore dell'Indice e qualificatore del S. Uffizio, finché, grazie all'abilità diplomatica e al tatto dimostrato nel corso degli anni, venne nominato custode di Terrasanta nel 1709, dopo l'incidente diplomatico che aveva visto il console francese di Sidone allontanare bruscamente il precedente custode Gaetano Podestà.

Il C. partì da Livorno ai primi di ottobre del 1709 ed entrò a Gerusalemme il 14 febbr. 1710. Il primo problema che dové affrontare fu di evitare un probabile scisma dei maroniti, che avevano deposto il patriarca Giacomo Evodio Esronita, per eleggere, con l'appoggio delle famiglie più importanti della regione, un nuovo patriarca nella persona di Giuseppe di Raifun. La S. Sede, di fronte a tale azione, confermò Giacomo, per non veder sminuito il proprio potere nei confronti dei vescovi maroniti. In realtà Giuseppe era stato eletto dal più forte gruppo maronita esistente allora in Libano, il gruppo di Kesruah, grazie all'appoggio delle famiglie nobili e potenti della nazione, dei cappuccini, carmelitani e gesuiti delle missioni locali in contrapposizione ai francescani che costituivano la più antica e principale missione in Libano, e al patriarca Giacomo che, geloso della sua giurisdizione, tendeva a restringere la zona di influenza dei missionari.Tutto ciò, unitamente ad una particolareggiata descrizione del viaggio compiuto per giungere in Terrasanta, nonché dei luoghi e dei costumi locali, fu narrato dal C. nel suo Viaggio del p. Lorenzo di S. Lorenzo in Siria e Palestina con tutto ciò che gli è accaduto in occasione di trovarsi in Gerusalemme, che rimasto manoscritto nell'Archivio dell'Aracoeli, fu edito per la prima volta a cura dell'abate G. Cozza Luzi in Bessarione, III (1899), pp. 22-61, 259-302.

Per dirimere la questione dei maroniti il C. aveva ricevuto la nomina a commissario apostolico; egli ragguagliò la Congregazione di Propaganda Fide invitandola ad emanare urgentemente dei decreti affinché venisse reintegrato al più presto Giacomo per metter fine alle discordie ed evitare la dilapidazione dei beni del patriarcato. Infine la Congregazione emanò due decreti con cui proclamò l'innocenza di Giacomo, ordinandone la piena restituzione sulla sede patriarcale. Solo nel 1714, a causa dell'ostilità dei maroniti di Kesruah e dei missionari cappuccini e gesuiti, Giacomo poté ritornare alla sua sede.

Durante il suo soggiorno in Terrasanta il C. cercò di metter fine ai contrasti fra i vari Ordini, specie tra i cappuccini, protetti dalle autorità francesi, e i francescani, che, fino al XVII secolo avevano costituito l'unico nucleo di clero cattolico in Medio Oriente, e vedevano quindi di malocchio l'ingerenza degli altri Ordini. Per questo nel 1714 il C. invitò la Congregazione di Propaganda Fide a voler esaminare i decreti concessi in passato ai francescani per abolire quelli che "pareranno eccessivi e disorbitanti" Inoltre si adoperò affinché i missionari conducessero con maggior serietà e severità l'opera di proselitismo, che fino ad allora aveva portato nel seno della Chiesa "una brutta mistura... di eretici e scismatici... da lordare la purità della sposa di Gesù Cristo... ". Il C. avviò inoltre la conversione alla Chiesa di Roma del patriarca greco di Alessandria Samuele Capazzulis, del patriarca greco antiocheno, mons. Cirillo, del vescovo armeno di Cipro, mons. Arutin, e dell'arcivescovo greco di Tiro e Sidone, Eutimio. Malgrado la mole dei problemi affrontati il C. trovò il tempo di scrivere l'Historia polemica de Graecorum schismate, edito poi a Roma in quattro tomi nel 1719-20. Ritornato a Roma nell'agosto del 1715, Clemente XI volle manifestargli la propria gratitudine per l'opera svolta in Terrasanta, creandolo il 6 apr. 1716 vicecommissario generale dell'Ordine, carica di grande importanza in quanto il generale risiedeva a Madrid, lontano quindi dagli affari di Roma. In tale veste il C. compì numerose visite e presiedette vari capitoli, finché il 15 maggio 1723 fu eletto generale dell'Ordine.

Subito annunziò come programma del suo governo "l'osservanza integrale della regola, il culto degli studi e la salvaguardia dei diritti e dei privilegi dell'Ordine". Dovette immediatamente intervenire per sedare i contrasti sorti nella missione del terzo Ordine in Brasile, per reprimere gli abusi e i privilegi personali dei francescani in Portogallo, contrastanti con gli statuti dell'Ordine. Volle rivedere tutti gli obblighi che i singoli conventi avevano contratto con i privati. Sotto il suo generalato furono canonizzati Giovanni di Capestrano e Francesco Solano e beatificata Giacinta Marescotti.

Il 9 dic. 1726, dopo aver percorso tutto l'iter in seno all'Ordine, fu nominato da Benedetto XIII cardinale di S. Lorenzo in Panisperna, in seguito di Aracoeli, e aggregato alle Congregazioni del S. Ufficio, dei Vescovi e Regolari, di Propaganda Fide. Abitò, durante i suoi soggiorni romani, a S. Bartolomeo all'Isola. Era ormai avanzato negli anni e già era stato colpito da un attacco di apoplessia, per cui la sua attività come cardinale fu scarsa e non sempre partecipò ai concistori, dedicandosi invece agli studi e alla cura del ricco medagliere che aveva raccolto. Morì il 18 genn. 1729 nel convento di S. Bartolomeo all'Isola, dove fu sepolto e a cui lasciò la biblioteca, i manoscritti e le raccolte.

Benedetto XIII aveva nutrito un grande affetto per il C., come testimoniano le relazioni di vari ambasciatori alla corte pontificia; l'inviato imperiale, card. Cienfuegos, descrive il C. uomo pacifico e mite, dotto e pio.

Ricca è l'iconografia del C.: un suo ritratto, attribuito a V. Meucci, è nel chiostro d'Ognissanti a Firenze; J. Coelemans e G. Massi gli dedicarono due incisioni, P.L. Ghezzi una caricatura; vari suoi ritratti esistono nel seminario di Montefiascone e nei conventi dell'Ordine.

Oltre alle opere citate, al C. fu attribuito il Terra Sancta vindicata a calumnis Iacobi de Lecluse, civis cuiusdam Augustani, per rev.mo P. Laurentium a S. Laurentio, pubblicata parzialmente nella rivista La Palestina e le rimanenti missioni francescane, I, Roma 1890, che invece è opera di p. Bonaventura da Danzica.

Gli atti del C., le lettere ufficiali, relazioni, statuti, decreti, sono stati editi da E. Castellani: Atti del rev.mo p.d. Cozza custode di Terra Santa (1709-15), nella Bibl. bio-bibl. d. Terra Santa, n.s., IV-V, Quaracchi 1924.

Della sua elevazione al generalato, cui partecipò in segno di affetto e stima anche il pontefice e che si tenne con gran pompa all'Aracoeli, abbiamo due relazioni anonime: Methodus capituli generali... habita Romae in cenobio aracoelitano..., Romae 1723 e Capitulum generale.... Romae habitum in templo S. Marie de Aracoeli die15Maii 1723, Romae 1730.

Fonti e Bibl.: Essenziali per la vita e le opere del C. il già cit. E. Castellani-L. Oliger, Vita e Diari del card. L.C., in Biblioteca bio-biblicgrafica della Terra Santa e dell'Oriente francescano, n.s., Documenti, III, Quaracchi 1925. Cfr. inoltre: Sacrae Congregationis de Propaganda Fide memoria rerum, II, 1700-1815, Rom-Freiburg-Wien 1973, pp. 324 s., 415, 718; Bullarium Maronitarum, a cura di T. Anaissi, Romae 1911, pp. 198, 202; A. Cirelli, Gli Annali di Terra Santa, Quaracchi 1918, ad Indicem; T. Anaissi, Collectio docum. maronitarum, Liburni 1921, pp. 137 ss.; G. Golubovich, Serie cronologica dei rev.mi superiori di Terra Santa, Gerusalemme 1898, pp. 93 s.; G. Sbaralea, Supplementum ad scriptores trium ordinum s. Francisci, III, Romae 1936, pp. 268 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, XV, Roma 1962, ad Indicem; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., XIII, col. 1004.

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