COSPI (de Cospis, dai Cospi), Lorenzo
Nacque a Bologna verso il 1380 da Giordino (o Zordino) e da Misina di Mercadante Ghisilieri. Nulla ci è dato sapere della sua educazione giovanile. Appartenente a una delle famiglie nobili più in vista della città - il padre fu uno dei Dieci di balia nel 1388 e gonfaloniere di Giustizia nel 1394; il fratello Bartolomeo ricevette dall'imperatore Sigismondo il titolo di conte e l'aquila sullo stemma, mentre il fratello Alessandro venne inviato come ambasciatore al duca di Milano nel 1402 - il C. prese parte sin dai primi anni del secolo XV alla vita politica di Bologna.
La prima testimonianza della sua attività nell'ambito della municipalità bolognese risale al 1408, quando accompagnò al concilio di Pisa l'allora cardinale legato Baldassarre Cossa, futuro papa Giovanni XXIII. Nel maggio 1411 fu uno dei Sedici gonfalonieri del nuovo governo popolare che, sotto la guida di Pietro Cossolini, aveva rovesciato il legato pontificio. Alla caduta del Cossolini e del partito del popolo, avvenuta nell'agosto 1412, il C., con altri nobili che avevano aderito alla rivolta del 1411 soprattutto per difendere la libertà cittadina, non fu condannato e continuò a svolgere attività politica di primo piano.
Nel novembre dello stesso anno fu uno dei componenti dell'ambasceria inviata a Roma dal legato pontificio, cardinale Ludovico Fieschi di Genova, e dagli Anziani, per rendere omaggio e assicurazioni di obbedienza al papa Giovanni XXIII, in occasione dell'accordo raggiunto tra questo e il re Ladislao. Il pontefice, accettando di buon grado l'atto di ossequio, consegnò agli ambasciatori bolognesi alcune lettere per il legato, con le quali lo invitava a creare una magistratura di quindici cittadini - di cui suggerì i nomi - saggi e fedeli alla Chiesa. Ma non fidandosi completamente della nuova politica bolognese, trattenne il C. e alcuni ambasciatori a Roma; essi poterono far ritorno a Bologna solo il 13 genn. 1413. I dubbi del Papa sulla fedeltà alla Chiesa delle fazioni bolognesi e in particolare di alcuni nobili cittadini, tra cui il C., non erano infondati: nell'agosto 1413 una congiura venne ordita a Bologna per rovesciare il governo della Chiesa. Il C. vi partecipò e, quando il tentativo fallì, venne condannato all'esilio con altri nobili e inviato ad Arezzo.
Di lui non si hanno più notizie fino al 1416, quando approfittando delle incertezze politiche legate al concilio di Costanza - fuga e prigionia di Giovanni XXIII, che sempre aveva avuto una grande influenza nelle vicende di Bologna - le maggiori famiglie bolognesi, capeggiate da Antonio Bentivoglio e da Matteo Canetoli, insorsero il 5 genn. rivendicando una maggiore autonomia dalla Chiesa. Il legato pontificio cercò di resistere, ma alla fine fu catturato, tenuto prigioniero nel palazzo dei Bentivoglio e poi allontanato dalla città.
Il 16 genn. 1416 venne ricostituita l'antica magistratura dei Sedici riformatori dello stato di libertà, "cum plenissima potestate". Il C., rientrato in patria dopo il successo della rivolta, venne nominato tra i Sedici e successivamente nei mesi di marzo e di aprile dello stesso anno ricoprì la carica di gonfaloniere di Giustizia: in tale veste concesse l'airmistia a tutti gli esuli politici. Dovrebbe risalire a questo periodo il suo matrimonio con Elisabetta, figlia di Giacomo Salicetti, il cui nome compare spesso nelle cronache, affiancato a quello dei C., relativamente ai pubblici incarichi e alle magistrature: è infatti tra gli ambasciatori al papa nel 1412 e uno dei Sedici riformatori dello stato di libertà nel 1416.
Con il ritorno in Italia da Costanza di Martino V, la cui elezione aveva concluso lo scisma, Bologna si trovò a difendere la sua autonomia contro la Chiesa. In un primo momento l'obiettivo parve raggiungibile. Ma quando nel gennaio 1420 l'oligarchia bolognese si divise per l'opposizione di Matteo Canetoli a Giovanni Bentivoglio, accusato di mirare alla signoria sulla città, il pontefice ebbe la possibilità di riprendere il controllo di Bologna. Accolse a Firenze - ove era giunto - il Canetoli che era stato mandato in esilio e promise sostegno alla sua fazione. Inviò a Bologna il nunzio apostolico Ludovico Alamanni, con l'ordine, per i Bolognesi, di cedere alle sue richieste, minacciando, altrimenti, un intervento armato. Ma il Consiglio di Bologna, richiamandosi agli accordi stabiliti a Mantova due anni prima (1418), si rifiutò di acconsentire alle richieste papali: di conseguenza, Martino V colpì con l'interdetto la città e mandò contro il Bentivoglio un esercito al comando di Braccio da Montone.
In questa vicenda il C. continuò a schierarsi dalla parte del Bentivoglio a difesa della libertà cittadina. Fece parte, alla fine del conflitto, dell'ambasceria inviata da Bologna a Firenze il 6 ag. 1420 per rendere atto di obbedienza al pontefice. È l'ultima notizia che abbiamo di lui: non si conoscono né la dato né il luogo della sua morte.
Dal suo matrimonio ebbe un figlio, Bartolomeo, che nel 1455 ricevette dal governo bolognese l'incarico di custodire i fondi raccolti per la crociata.
Fonti e Bibl.: Corpus Chronicorum Bononiensium, III, in Rerum Italicarum Script., 2 ed., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem; Matthaei de Griffonibus Memoriale histor. de rebus Bononiensium, ibid., XVIII, 2, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, pp. 98-107; Hyeronimi de Bursellis Chronica gestorum ac factorum memorab. civitatis Bononiae, ibid., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, pp. 72 s.; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, III, ibid., XXXIII, 1, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem;Id., Della historia di Bologna, Bologna 1657, II, pp. 586 s., 594; P. Vizani, Diece libri delle historie di sua patria, Bologna 1601, pp. 294, 297 ss.; G. N. Pasquali Alidosi, Liconfalonieri di Giustizia del popolo et Commune di Bologna, Bologna 1616, p. 8; G. Bombaci, Historie memorabili della città di Bologna, Bologna 1666, pp. 244 ss.; Dulcinus Bartholarnaeus, De vario Bononiae statu ab urbe condita usque ad annum MDCXXV, Bononiae 1626, pp. 101-105; F. Amodi D'Agostino, Della nobiltà di Bologna compresa nel suo specchio della nobiltà d'Europa, Cremona 1638, p. 98; P. S.Dolfi, Cronol. delle famiglie nobili d'Europa, Bologna 1670, pp. 269 ss.; S. Muzzi, Annali della città di Bologna, IV, Bologna 1842, pp. 79, 101, 298 ss.; C. Monari, Storia di Bologna divisa in libri otto, Bologna 1862, pp. 256, 275; G. Guidicini, Iriformatori dello Stato di libertà, Bologna 1876, p. 25.